Cognomi italiani e in parte cisalpini di origine araba/levantina

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    Questo è il frutto di una ricerca che feci anni fa e che mi portò via parecchio tempo. Le fonti sono innumerevoli, compreso i dizionari etimologici del filologo Giovanni Semerano, uno dei miei mentori.

    I cognomi di origini araba sono moltissimi: citiamo badalà o vadalà, dell'arabo abd-allà, servo di Dio; caffaro deriva da Kafer, miscridenti; Morabito da morabit, eremita; Mulè da mawla, padrone. E poi ancora Sciortino deriva da surti, poliziotto; Sodano da saudàn. Negro; Zappala da izzbin- Allah, "potenza in Allah"; Cabibbo da habib, da amico amato. Deriva da parole arabe anche Galiffi, musimici, Buscema, Cangemi, Farace, Fagalà, Garufi, marabutto, saladini, Tafuri e macalusi, quest'ultimo da mahlus, liberato, e forse significa "schiva affrancato".
    Dei vocaboli di uso comune d'origine araba, molti erano propri dei dialetti siciliani antichi, e ora si sono persi; altri sono comuni all'italiano o ad altri dialetti italiani. Fra quelli:
    sciàbbica (it. Sciabica), "rete per la pesca", dall'arabo sabaka, "rete" sciloccu o scicoccu (it. scialle), carubba (it. Carruba), zafarana (it. Zafferano), zibibbu (it. Zibibbo), zuccaru (it. Zucchero).
    Comune al siciliano e all'italiano sono tarsia dell'arabo tarsi, "mosaico di piccoli pezzi di legno incastrati" taccuinu (it. Taccuino) che deriva da taqwm, calendario, "almanacco" (e anche quest'ultima è una parola di provenienza araba ); caraffa o carabba (it.caraffa ) che viene dall'arabo-persiano qaraba, bottiglia di vetro di pancia larga".
    funnacu (in italiano fondaco), "bottega, magazzino" deriva da fundoq, "magazzino,albergo", e la stessa parola magazzino a sua volta dall'arabo mahzin, "deposito".
    così matarazzzu (it. materasso) deriva dall'arabo matrah, "letto"; e algoziru (it.aguzzino), coi relativi cognomim Algozzini, Agozzino, viene da al-wazir, "ministro, ufficiale ", poi scesom nell'uso a significare "usciere di tribunale, custode delle prigioni ".Comune all'italiano è facchinu e al genovese camalu, il primo da al-faqin, il secondo da hammal, "portatore".

    Fonte: '+'

    AINIS
    E’ un cognome comune in Sicilia, che deriva dalla parola araba ‘àyn che significa fonte.

    ALAIA
    E’ un cognome meridionale, che giunge in Italia a seguito dell’occupazione spagnola. Esso deriva dallo spagnolo
    al-hàjas (gioiello), che, a sua volta, deriva dall’arabo
    al-hàgiah, che significa la cosa necessaria.

    ALFERIO
    E’ un cognome meridionale, che deriva dall’arabo al-fàris, che significa il cavaliere

    ALMIRANTE
    E’ un cognome meridionale, che giunge in Italia attraverso lo spagnolo, che origina dall’arabo al-amìr, che significa
    il comandante (l’emiro )

    BACCHINI
    Chi potrebbe immaginare che questo cognome presente in Liguria abbia origine araba? Eppure esso è la italianizzazione di abu hakīm (il padre di Hakìm) nel senso di governatore o di giudice

    BADALA’
    E’ un cognome meridionale che deriva da una metatesi della lettera B della parola àbd allàh che significa il servo di Allàh

    BADALAMENTI
    Anche questo cognome ha la sua origine nella parola
    àbd allàh che significa il servo di Allàh

    BRAGADDA’
    Cognome diffuso in Calabria (dove per alcuni anni ci fu un emirato islamico con capitale ad Amantea), che deriva, con le deformazioni linguistiche del transito, dalla parola bàrakatu Allàh e significa la benedizione di Allàh

    BULCASSEME
    Cognome presente in Liguria, che deriva dall’arabo
    abu-l-Qāsim e significa il padre di Qāsim. Fu il soprannome del profeta Muhàmmad, che Allàh lo benedica e l’abbia in gloria, in quando il suo primo figlio maschio fu chiamato Qāsim. con questo nome lo appellavano gli Ebrei di Medina.

    BULCARINI
    Cognome presente in Liguria, che deriva dall’arabo
    abu-l-Khàyr e significa il padre del bene.

    CARACCIOLO dalla parola araba kharāǧ, che significa: tributo, imposta fondiaria. Nel significato di ricompensa si trova nel Sublime Corano, Sura 23 (i credenti), àyah 74: Chiedi forse a loro una ricompensa? La ricompensa del tuo signore è la migliore e Lui è il migliore dei sostentatori]

    CARFA dall’arabo Halīfah che significa: alleata

    CORACI da QURàYSH, il nome della tribù araba stanziata alla Mecca, a cui apparteneva il profeta Muhàmmad, che Allàh lo benedica e l’abbia in gloria

    D’ALEMA nome di indubbia origine araba appartenente alla famiglia delle parole che derivano dalla radice trilittera del verbo ‛àlima/ yà‛lamu, che significa sapere, avere conoscenza il participio presente del quale è ālim colui che sa, plurale italianizzato ulèma. ‛àlimah (colei che sa) che con una metatesi entra in italiano nella forma almea (danzatrice e dotta cortigiana orientale)

    DEBBIO dall’arabo dābal che significa concime dal verbo dàbala, che significa concimare

    FRAGALA’ nome che deriva dallo stato costrutto della parola fàraǧ che significa gioia e del nome arabo del Creatore dell’uomo e di tutto ciò che uomo non è: Allàh, rifulga lo splendore della Sua Luce. La gioia di Allàh

    GAFFORELLI dall’arabo ghaffàr è un participio attivo intensivo indeterminato del verbo ghàfara(che significa perdonare): (molto perdonatore). Con l’articolo (al-Ghaffār) è uno dei 99 nomi bellissimi di Allàh** della triade di nomi che riguardano il perdono: al-Ghāfir, al-Ghaffār,
    al-Ghafūr.

    GAFFORIO dall’arabo ghaffār [vedi Gafforelli]

    GAITO dall’arabo Qā‹id, participio attivo del verbo qāda, che significa guidare (colui che guida: capo militare comandante).

    GALBA dalla radice g-l-b (gialaba) che significa portare da fuori qualcosa da vendere, importare; giallāb : importatore, mercante. E’ apparentato con la parola giulebbe (bibita dolce tenuta in fresco, acqua di rose)

    GALBANI come il precedente

    GALEFFI con deformazioni fonetiche deriva dalla parola araba khalìfah che significa successore. Califfo è il titolo assunto dai Successori del Profeta Muhàmmad, che Allàh lo benedica e l’abbia in gloria. I primi quattro furono i Califfi ben Guidati (ortodossi): Abu Bàkr, ‘Omar, Othmān e ‛Alī.

    GAMMELLI
    Dall’ arabo nilotico GAMĀL (bellezza) AL-DĪN (della religione). Cognome ligure e toscano.

    GANGEMI
    Dall’arabo ḤAGGIĀM (colui che esercita bassa chirurgia). Cognome meridionale

    GANGI come sopra.

    GARIBBO
    Dall’arabo GHĀLIB (vincitore). Cognome diffuso in Sicilia.

    GARUFO
    Dall’arabo QARŪF (DURO, RIBELLE) Cognome meridionale

    GIAMMUSSO
    Dall’arabo GIAMŪS (Bufalo) Cognome meridionale

    GIAVARRA/O
    Dall’arabo KAFIR attraverso il turco GIAWŪRR (INFEDELE AD ALLAH). Cognome veneto e meridionale.

    GUAIFERIO
    Dall’arabo KAFIR (infedele al suo Creatore). Cognome genovese.

    GUARRACHI
    Dall’ arabo WARRĀQ (cartolaio). Cognome diffuso in Liguria.

    IAFFERO
    Dall’arabo ABU-GIA‛FAR (IL PADRE DI GI‛ĀFAR).

    GALIFI come il precedente.

    Cabib - Cabibbe - Cabibbo - Cabibi:

    L'origine di questi cognomi va ricercata nel nome medievale Cabibbe o Cabibbo, l'italianizzazione cioè del personale arabo o ebraico Habib, che può essere tradotto come amore o amato (da intendere spesso in senso religioso): per la precisione, comunque, va notato che i ceppi peninsulari, rappresentati per lo più dalle famiglie Cabibbe o Cabib, dovrebbero avere origini ebraiche (sefardite nello specifico), mentre i ceppi siciliani, rappresentati maggiormente dalle famiglie Cabibi e Cabibbo, dovrebbero essere d'origine araba. Per quanto riguarda i cognomi in questione, dunque, si tratta delle cognominizzazioni dei nomi personali dei capostipiti.

    Cacicia:

    Cacicia, molto raro, è tipico di Palermo con un ceppo anche ad Agrigento, potrebbe derivare da una modificazione dialettale del nome arabo Hashim, ma è pure possibile, se non addirittura più probabile, una derivazione da un soprannome legato al vocabolo arabo hashish o hashasha (erba, erbaccia), il mondo islamico a varie riprese proibì l'uso dell'hashish per i suoi effetti stupefacenti, ma lo stesso venne anche usato per raggiungere l'estasi religiosa dai Sufi persiani e dai Dervisci arabi, ricordiamo Hasan Ibn-Al Sabbah vissuto tra la fine del 1000 e gli inizi del 1100 che fondò la setta degli hashes-hin o mangiatori di hashish, da quel termine deriva l'odierno vocabolo assassino.

    Cacopardi - Cacapardo:

    Cacopardi è assolutamente rarissimo e si tratta quasi sicuramente di errori di trascrizione del più diffuso Cacopardo che è specifico della costa nordorientale della Sicilia, di Messina, Taormina, Gallodoro, Letojanni, Giardini Naxos e Casalvecchio Siculo nel messinese e di Catania, potrebbero derivare da un soprannome o nomignolo scherzoso, ma è anche possibile, se non addirittura più probabile, una derivazione da un soprannome composto dal termine greco kakò (cattivo, feroce) e dal termine pardos (pantera), se consideriamo che in epoca medioevale i saraceni erano anche chiamati con l'epiteto di pantere, si potrebbe ipotizzare un origine saracena del capostipite.

    Caddemi:

    Caddemi, quasi unico, sembrerebbe siciliano, dovrebbe derivare da un soprannome basato sul termine arabo haddām (servo).

    Caem - Caim:

    presenti da tempo nel bresciano, derivano entrambi dal nome ebreo sefardita Caim (Caino), tracce di questa cognominizzazione le troviamo in un trattato di pace del 3 settembre 1143 concluso tra il conte Alfonso di Tolosa, l'abate, i consoli e gli abitanti di Saint-Gilles da una parte e i consoli di Pisa e di Genova dall'altra: "...Et ego Lanfranchus Piper, consul Ianuensis ,et ego Willelmus Caim, consul Pisanus, hoc idem sacramentum quod nos facimus faciemus facere consulibus Genue et Pise.

    Caffari - Caffaro - Caffarel:

    Caffari sembra tipico del Lazio, Caffaro, molto raro, e Caffarel quasi unico sono specifici del basso torinese, della zona di Pinerolo e dintorni in particolare, Caffarri è specifico dell'area reggiana, dovrebbero derivare, direttamente o tramite forme ipocoristiche, dal nome medioevale Cafarus o Caffarus di cui abbiamo un esempio a cavallo tra XI° e XII° secolo con il marinaio, crociato, console di Genova: "..Caffarus de Caschifellone Genuensis Rei publicae rector et historiographus...", dagli Annali genovesi anni 1099-1163: "...Ianua tuta quidem fuit illo consule pridem, Urbs ea que movit, quod sic ex ordine novit; Nomen ei Cafarus, presens quem signat imago; Vivat in eternum cuius generosa propago, le forme meridionali potrebbero anche derivare da soprannomi originati dal vocabolo arabo kaafir (infedele).

    Cafassi - Cafasso - Cafazza - Cafazzo:

    Cafassi, unico, si riscontra soltanto a Settala (MI), Cafasso, molto più diffuso, ha due ceppi principali, uno fra il napoletano, l'avellinese e il salernitano e l'altro fra il torinese, il vercellese e l'astigiano, Cafazza, quasi unico, è presente esclusivamente nel trapanese e a Carrara (MS), Cafazzo, piuttosto raro, ha un nucleo maggiore fra l'avellinese e il foggiano, tutti questi cognomi derivano dal nome medievale Cafasso, l'italianizzazione, cioè, del personale greco Kaiaphas: si tratta, in realtà, di un nome d'origine aramaica, reso noto nel Nuovo Testamento tramite la figura di Yhosef Bar Kayafa, uno dei giudici, cioè, che parteciparono al processo di Gesù. In epoca molto più recente, personaggio di rilievo fu il sacerdote piemontese Giuseppe Cafasso (nato a Castelnuovo d'Asti nel 1811 e morto a Torino nel 1860), che, canonizzato nel 1947 e proclamato patrono dei condannati a morte, è oggi ricordato come San Giuseppe Cafasso. Per quanto riguarda i cognomi in questione, si tratta comunque delle cognominizzazioni dei nomi personali dei capostipiti.

    Cafici:

    Cafici è tipicamente siciliano, ha un ceppo a Ramacca nel catanese, dovrebbe derivare da un soprannome dialettale basato sull'alterazione del termine arabo akfas (dalle gambe arcuate), probabilmente a sottolineare un particolare dell'aspetto del capostipite.

    Caiafa - Caiaffa:

    Caiafa è tipico del napoletano e del salernitano, Caiaffa è pugliese, con un ceppo nel leccese a Lequile, Vegle e Lecce, ed uno nel foggiano a Cerignola e Foggia, dovrebbero derivare dal nome giudaico Caiafa, ricordiamo che uno dei giudici di Gesù, Caiafa (Caifa), era il sommo sacerdote nominato dal governo romano

    Buttagnano:

    Potrebbe derivare dall’ar. bū ta hhān ‘padre del
    mugnaio’ e, data l’importanza del mestiere, in Sicilia si trovano altre varianti, sia
    come toponimo, sia come cognome, per es. il cognome Tacamo. Quest’ultimo però
    non ha la forma di kunia, cioè non si presenta preceduto dalla voce Abū oppure Bū,
    ‘padre’. Tra i toponimi Caracausi cita Buttagano Nuovo e Buttagana, il secondo
    dei quali rappresenta una contrada di Marsala (TP).

    Naracci:

    Dovrebbe essere la forma assimilata di un precedente
    *Naranci e perciò la forma più vicina all’arabo nāranğ, mentre la forma tarantina
    marangia rappresenta un ulteriore esito di nāranğ. Ancora più a sud, a S. Severo, si
    trova il cognome Arace che si presenta disperso anche nel Sannio (AV). Deriva con
    ogni probabilità da ā‘rağ ‘zoppo’ che ha dato anche la forma Aragi che si trova in
    tracce a Bari.

    Rummo:

    Dall. ar. rūm ‘romano’, ‘bizantino’, pur con importanti
    presenze in Capitanata, mostra due CdD più consistenti a Napoli e ad Benevento.
    Spostandosi a sud di Lucera, nella zona delle piccole località abitate anche
    dai saraceni, a Carapelle si trova il cognome Ramenno che potrebbe derivare
    dall’ar. rahmān ‘misericordioso’, in genere inserito nell’ism ‘abd al-rahmān, probabilmente
    semplificato col passare del tempo, con la perdita della prima parte.
    Lo stesso fenomeno è avvenuto per ‘abd al-salām, nome alquanto diffuso tra quelli
    registrati da Cusa, che è alla base dei tanti cognomi Salemme nel Regno angioino
    di Napoli.

    Abazia:

    Nonostante la vicinanza con la voce italiana abbazia, potrebbe essere connesso con l’ar. habbāz
    ‘fornaio’. Lo stesso cognome si trova anche a Stornara, altro centro minore abitato
    dai saraceni, ciò che rafforza l’ipotesi della derivazione araba.

    Iaferia:

    Potrebbe essere spiegato con il nome di persona Ğafar che, pur presente nei
    documenti medievali siciliani, non sembra presente come cognome in Sicilia.
    Eventuali cognomi nell’Alta valle del Fortore, che fino al 1860 faceva
    parte della Capitanata, posti perciò ad ovest di Lucera e non lontano dalla stessa,
    potrebbero essere attribuiti sia ai saraceni di Lucera che a quelli di località minori,
    per esempio di Casal Montesaraceno (FG).

    Vadurro:

    Potrebbe derivare da budūr plurale di badr ‘luna piena’ e che ha subìto inoltre il fenomeno
    del betacismo. Questo nome è riportato dall’Ahmed, anche se tra quelli femminili.
    Si presenta in tracce oltre che a Bartolomeo in Galdo (BN) anche a Lucera e a
    Manfredonia.

    Facchiano:

    Anche questa forma può essere spiegata con l’ar. faqīh che ricorda la figura araba
    esperto del diritto che poteva dirimere controversie giuridiche. In Campania, nella
    provincia di Napoli, si trova anche il cognome Pacchiano la cui struttura richiama
    molto da vicino Facchiano.

    Manserra:

    Potrebbe derivare dal nome mansūr ‘vincitore’ ma entrato nell’orbita del verbo it. serrare.

    Alcorace:

    Da al-qurašī cioè il corescita o della tribù di Maometto, che ricorda i nomi di molti musulmani siciliani presenti nei
    Diplomi di Cusa e, analogamente di altri musulmani, trasferiti nella Capitanata
    da Federico II.

    Cioffari:

    Deriva con ogni probabilità dall’ar. ğa‘far ‘sorgente’, cfr. Ahmed, p. 87.

    Aruffo:

    Probabilmente collegato alla radice ‘. r. f. col significato di ‘conoscere’. In Sicilia sono numerosi i toponimi e i cognomi riconducibili a questa radice mentre nella lingua italiana si
    può citare tra le altre la voce ‘tariffa’. Pur non potendo escludere che sia una variante
    di Ruffo si può considerare una variante di Ariffi, col significato di ‘esperto’,
    ‘maestro’, oppure, secondo l’Oxford Dictionary of Family Names, ‘costante’, ‘perseverante’.

    Tumini:

    Variante plurale di Tumino, misura di capacità dall’ar. tumn ‘un ottavo’.

    Fonte: www.bibliotecaprovinciale.fog...oli_Cassar.pdf

    I Carabba (o Carrabba):

    Sono un antico e storico casato di presunta origine araba stabilitosi tra Lanciano e Paglieta sin dal XV secolo.

    Batticani:

    Nome composto di origine araba : wadi (“vallone”) e ayn (“sorgente”); dunque, “sorgente nel vallone”. In Sicilia esiste un torrente Batticani, affluente del Beliceo.

    Azzara:

    Dall’arabo, “fiore”. Cognome presente anche tra gli ebrei

    Camuto:

    Dall’arabo, “grazie a dio”.

    Cassara:

    Dall’arabo, venditore di stuoie.

    Musarra:

    Dall’arabo, “felicità”. Tale cognome proviene da Tortorici.

    Morabito:

    Morabito è un cognome italiano (di origine nordafricana, da moṛabiṭ) particolarmente diffuso nella area geografica dello stretto di Messina.

    Tra le più insigni, antiche e Latine famiglie di Bova si rinviene la famiglia Morabito, la quale, oltre l'antico splendore, seppe rendersi famosa, grazie agli elevati personaggi, singolari in dottrina e dignità, a cui diede i natali. L'origine di tal cognominizzazione, al dir di illustri genealogisti, andrebbe ricercata nel vocabolo arabo "murabit" (= colui che predica l'Islam nella via), con il significato di "santone".

    Aiello:

    Aiello (con la variante D'Aiello, entrambi ancora con le varianti che al posto della "i" possono avere "j" oppure "y"); personalmente non sono molto convinto che sia di origine ebraica (propendo piuttosto per una derivazione toponomastica, da Aiello Calabro), potendo derivare dal latino "agellus", piccolo campo. Leggo però che era questa la "traduzione" del nome Abdullah (servo di Dio), molto frequente tra gli ebrei spagnoli di origine araba: questa sarebbe anche l'origine del cognome di Rabbi Barbara Aiello; non escludo quindi che una piccola parte degli Aiello (cognome troppo diffuso per appartenere solo ad ebrei) possa essere di origine ebraica.

    Elia:

    Di chiara origine ebraica è invece il cognome Elia, molto diffuso in Calabria con le sue varianti: Lia (particolarmente concentrato in Calabria), De Lia (presente in molti documenti come appartenente ad ebrei calabresi), e forse Alia, che però potrebbe derivare dall'omonima cittadina siciliana.

    Alì:

    Come abbiamo visto prima con Aiello, e come per Morabito, pur essendo cognome di evidente origine araba, potrebbe, almeno in alcuni casi, appartenere ad ebrei siciliani o spagnoli di origine araba.

    Macaddino:

    Macaddino è specifico di Mazara del vallo nel trapanese, dovrebbe derivare da un soprannome attribuito al capostipite, probabilmente generato dal termine arabo muqaddam o muqaddì (capitano, comandante di un peschereccio).

    Macalusi - Macaluso - Macalusso - Maccaluso:


    Macalusi, Macalusso e Maccaluso sono praticamente unici e dovrebbe trattarsi di vari errori di trascrizione del molto comune Macaluso che è tipicamente siciliano, con massima concentrazione nel palermitano, nel nisseno e nell'agrigentino, deriva da un soprannome dialettale legato al vocabolo siciliano macaluscio (cotone ripulito e mondato) di derivazione araba, dal termine arabo mahlus (liberato), con questo termine si indicava un liberto cioè uno schiavo cui era stata concessa la libertà.

    Maccabei - Maccabelli - Maccabeo:

    Maccabei è tipico di Assisi e Foligno nel perugino, Maccabeo è praticamente unico, Maccabelli è lombardo, della zona che comprende il sudmilanese ed il cremonese, dovrebbero derivare, direttamente o tramite variazioni ipocoristiche, dal nome di origine ebraica Maccabeo che deriva dal termine ebraico maqqabath (martello) fu il soprannome della tribù ebraica degli Asmodei, Giuda Maccabeo è un eroe biblico della riconquista del Tempio da parte degli ebrei.

    Maccabiani:

    Maccabiani è specifico del bresciano, di Montichiari, Prevalle e Calcinato, dovrebbe derivare dal nome Maccabiano (Vittorioso), a sua volta originatosi da un aggettivo israelitico indicante l'appartenenza ai Maccabei, il termine ebraico maccabi sta per coraggio, successo e vittoria.

    Macerata:

    Macerata, molto raro, è un cognome tipicamente ebraico, specifico del Piceno, di Sant`Elpidio a Mare soprattutto e di Porto Sant`Elpidio, dovrebbe derivare dal nome della città di Macerata, probabile luogo dove si stabilì inizialmente la famiglia probabilmente di origine spagnola sefardita.

    Macheda:

    Tipicamente calabrese del reggino, di Montebello Ionico in particolare e di Cardeto, Motta San Giovanni e Bagaladi.
    D'origine spagnola (più probabilmente ebreo-sefardita), il cognome Macheda nasce da un'italianizzazione del toponimo Maqueda, comune spagnolo della provincia di Toledo, nella comunità autonoma di Castiglia-La Mancia. Per curiosità, comunque, va notato che a Palermo esiste anche una strada che porta il nome di via Maqueda, così chiamata in onore di Bernardino di Cardines, viceré di Sicilia e duca di Maqueda (fu proprio il viceré di Sicilia a decidere la realizzazione di questa via, messa in opera nel 1600): alla luce di questo, allora, non è esclusa una connessione con la nobiltà spagnola, anche se, a dire il vero, l'ipotesi di un'origine ebreo-sefardita sembra essere la più probabile - nell'area siculo-calabrese, in effetti, si riscontrano diversi cognomi d'origine ebraica, spesso sefarditi per l'appunto.
    Macheda è cognome calabrese che ricalca il cognome spagnolo Maqueda, il quale deriva da un nome arabo significante 'fermo', 'stabile'.

    Madaghiele:

    Madaghiele è specifico di Latiano nel brindisino, dovrebbe derivare dall'italianizzazione del nome ebraico Magdaleleel o Mahaleleel.

    Maddalena - Maddaleno:

    Maddalena è presente a macchia di leopardo un pò in tutta la penisola ed in Sicilia, Maddaleno, molto molto raro, ha un ceppo nel pratese, ma è presente anche in Campania, Piemonte e Sicilia, derivano dal nome omonimo di origine ebraica e proprio della tradizione cristiana a sua volta derivato dall'etnico di Magdala (dall'aramaico magdala (torre)) una piccola cittadina ebraica sulla sponda occidentale del Lago di Tiberiade.

    Maddali - Maddalo:

    Maddalo ha un ceppo romano, uno nel salernitano a Pontecagnano Faiano, Salerno, Bellizzi e Capaccio, ed uno nel Salento a Campi Salentina e Lecce nel leccese, Maddali, quasi unico, è probabilmente dovuto ad un'errata trascrizione del precedente, che dovrebbe derivare dall'italianizzazione del nome ebraico Magdala, che significa torre, grandezza, potenza.

    Maddaloni:

    Tipico dell'area che comprende le province di Napoli, Caserta e Benevento, dovrebbe derivare dal toponimo Maddaloni (CE) il cui nome ha origini dal vocabolo arabo magdhal (rocca, fortificazione).

    Marrama:

    Famiglia laziale, la cui cognominizzazione deriva dalla voce di chiara origine araba mahram o mahram (cosa proibita), titolo che veniva attribuito in epoca tardo medioevale e rinascimentale agli ebrei ed agli islamici che da poco tempo si fossero convertiti al cristianesimo, si può quindi ipotizzare che si tratti di una famiglia di origine ebrea o araba, convertita al cristianesimo.

    rimarchi:

    I Trimarchi sono una famiglia nobile siciliana con varie ramificazioni presenti a Messina e nella sua provincia. Il Nobiliaro della città di Messina di Giuseppe Galluppi e il Mango di Casalgerardo segnalano la presenza di numerosi membri della famiglia nelle mastre nobili della predetta città. Un Giovanni del fu Pietro, un Camillo, un Onofrio, un Nicolò del fu Enrico, un Claudio, un Pietro di Nicolò e un Andrea sono iscritti alla Mastra nobile del Mollica; un Giovanni fu proconservatore in Savoca nell’anno 1722; un Giuseppe fu giudice della Corte pretoriana di Palermo nel 1767-68, del Tribunale del Concistoro negli anni 1775-76-77 e della Gran Corte civile nel 1784; un Mattia del fu Felice, da Messina, con privilegio dato il 15 ottobre 1791, ottenne concessione del titolo di barone di Villamarchese. E anche Calabria tra Melicuccà e altri luoghi.

    Famiglia probabilmente di origine greco-bizantina (semitica). Si stabilirono a Messina nel XIV secolo, appartenevano alla categoria dei feudatari ed erano chiamati anche milites (cavalieri). A Messina ricoprirono cariche nel campo burocratico, amministrativo e giudiziario. Alcuni di loro, pur essendo patrizi, si dedicarono alle attività commerciali e speculative; nel XV secolo una tal Violante Trimarchi allevava cavalli e forniva piccoli capitali ai mercanti.

    Crisafulli:

    I Crisafulli sono una famiglia nobile siciliana con varie ramificazioni presenti nella provincia di Messina.

    Secondo il Mango di Casalgerardo, questa famiglia discende dal generale bizantino Giorgio Maniace Crisafi, principe e Vicario dell'Imperatore di Costantinopoli, e sarebbe stata originata da un certo Giovan Dragutto, chiamato con il vezzeggiativo Crisafulli per le sue qualità umane.

    Tra gli esponenti più illustri della famiglia si ricordano un Leonardo Crisafulli, protomedico di Sicilia, decorato, con privilegio del 20 dicembre 1604, del titolo di don; un Santoro Crisafulli (1565ca-1640ca), nato a Savoca, da Don Antonino Crisafulli (1543-1616), nobile signorotto locale, fu dottore in legge, Luogotenente dello Strategoto di Messina, Giudice della Corte Straticoziale e della Gran Corte Regia; un Cola-Antonio Crisafulli, assieme al Santoro e al Leonardo suddetti, risulta iscritto alle Mastre Nobili di Messina negli anni novanta del Cinquecento.

    Trischitta:

    I Trischitta sono una famiglia nobile siciliana con varie ramificazioni presenti a Messina e nella sua provincia. Il nome Trischitta sarebbe di origine greca e indicherebbe uno strumento da lavoro usato dai pescatori, sembrerebbe, quindi, che i capostipiti di questa famiglia fossero dei marinai o navigatori provenienti dall'Impero Bizantino. Il Nobiliaro della città di Messina di Giuseppe Galluppi e il Mango di Casalgerardo segnalano la presenza di numerosi membri della famiglia nelle mastre nobili della predetta città, un messer Giovanni Domenico risulta iscritto nella mastra nobile del 1601; un Don Mario ricoprì la carica di proconservatore a Savoca nel 1691; nelle mastre nobili messinesi dei secoli successivi, si incontrano un Mario e un Filippo, padre e figlio, quest'ultimo dottore in legge, presenti dal 1798 al 1807; si ricorda infine un Filippo, giudice della Regia Udienza di Messina del 1811.

    BARRANCA:

    Cognome che Pittau presenta come spagnolo (Madrid etc), derivato dal sost. barranca ‘burrone, dirupo’, di origine prelatina. La proposta del Pittau s’ingaglioffa con le proposte dei linguisti spagnoli (es. il Corominas), che non sanno precisare quale sia il lemma basilare prelatino che avrebbe dato origine a barranca. In ogni modo, credo più congruo ipotizzare per lo sp. e sardo Barranca la base accadica barrāqu ‘un ufficiale di corte’, con successiva epentesi di -n- eufonica. Una variante del cognome sardo è Baranca e pure Branca, anch’essi corretti da epentesi, i quali, al pari di Barranca, sono varianti di Barracca (vedi).
    Occorre notare che ci sono pure altri cognomi sardi corretti dall’epentesi eufonica -n-, es. Burranca e Murranca (vedi), per i quali ipotizzo un diverso etimo.

    BARRERA:

    Cognome gallurese che Pittau pensa sia originato dal catalano-spagnolo barrera ‘barriera’. Come sempre Pittau preferisce le vie più facili e sbrigative, che sono quelle della paronomasia, senza rendersi conto che in qualunque parte del Mediterraneo sarebbe stato difficile giustificare un cognome del genere, il quale non si riferirebbe né a cose utili alla società né a idee condivise dalla società.
    Occorre andare al fondo della questione con scelte coraggiose, anche se possono apparire “fantasiose” a chi non ha mai riflettuto che il paniere dei cognomi sardi è un immenso crogiolo nel quale sono confluiti e sono ancora conservati, in forma cristallizzata, moltissimi appellativi o nomi di cose sardiane, di epoca nuragica e prenuragica.
    Così è per Barrèra, un composto basato sull’akk. warûm ‘un copricapo’ + erû(m) ‘aquila, avvoltoio’ (stato costrutto war-erû >*barréru> Barrèra), col significato di ‘copricapo di aquila’, ossia copricapo fatto di piume d’aquila. Il pensiero di qualcuno andrà al diadema tipico dei capi degli Indiani d’America, mentre io penso al tipico copricapo di piume che rappresentò l’emblema della nazione Shardana, quella nazione che si auto-rappresentò nei propri bronzetti e che fu immortalata dal Faraone nelle epiche battaglie sul Delta.

    BARRÌLE, Barrìli:

    Cognome pansardo che Pittau reputa propriamente italiano, corrispondente al sost. sardo barrile, -i ‘barile’, derivato dallo sp. barril. In alternativa lo considera italiano tout court. Pittau, nella sua immarcescibile idiosincrasia contro tutto ciò che è semitico, non potrà mai ammettere che Barrìli è un antichissimo epiteto riferito al Dio Sommo del Cielo, ad Ilu il dio dei Fenici, degli Ugaritici, dei Aramei, con base nell’akk. warûm ‘un copricapo’ + Ilu ‘Dio’ (stato costrutto war-Ilu), col significato di ‘copricapo di Ilu’ (ricordo che Ilu fu spesso rappresentato con lo stesso copricapo di piume col quale sono stati eternati gli Shardana).

    BITTA:

    Cognome sul quale Pittau fa quattro ipotesi etimologiche: 1 corrisp. al sost. bitta, femm. di bitti ‘caprioletto, cerbiatto, mufloncino’; 2 corrisp. al sost. bitta ‘vetta, cima, ramoscello’ dal corrispondente italiano; 3 corrisp. al sost. bitta, vitta ‘benda, cordone, nastro’ < lat. vitta; 4 cgn propriamente italiano corrisp. al femm. del nome pers. Bitto, Vito.
    Non vale assolutamente la pena d’inseguire Pittau nelle sue ipotesi “italianistiche” (che sono le ultime tre), poichè esse seguono la scia di mere apparenze fonetiche, senza riguardo alla storia e all’evoluzione dei cognomi sardi.
    Quanto alla prima ipotesi, aggancio la discussione e l’etimo al cgn Bitti, sul quale mi attesto.
    BITTI, Bitta:

    É un cognome; ma il primo termine appartiene pure a un comune della provincia di Nùoro. Esso ricorda per assonanza il fenicio bt ‘casa, abitazione’, l’ebr. beit ‘casa’, ed il genitivo possessivo accad. biti ‘della casa’ (OCE 88).
    Ma in sardo bitthi/bizzi è il ‘piccolo del daino’. In logud. è chiamato bitti il ‘daino’. In Gallura è chiamato bittu il ‘muflone’. Nel Nuorese è chiamata bitta, betta la ‘cerva’. Questi nomi di animale derivano dal lat. bestia ‘animale: in genere’. Ma hanno l’antecedente nell’accadico.
    Tanto per cominciare, l’origine del toponimo Bitti/Bitthi non è latina ma sardiana. Esso fa riferimento indiretto alla bellezza e alla ricchezza faunistica delle antiche foreste sarde e, al pari del nome comune bitti, bitta, ha la base nell’akk. bintu, bittu ‘figlia’, bīnu ‘figlio’ < binûtu ‘creazione, creatura’. Cfr. toponimi Bitte, Bittaléo, Bittaló, Bitaló, Bittalói, Bittelotte, Bittita, Bittitá, Bittitái, (con circospezione: Cala Bitta in Gallura e Bitticolái presso Dorgali).

    BONA:

    Cognome che Pittau, al solito inseguimento dell’omologazione fonetica, crede di origine prettamente italiana, proponendo tre opzioni: 1 l’agg. bona ‘buona’ (di donna); o addirittura corrisp. al femm. del masch. bonu< lat. bonus; 3 infine pensa a un cognome propriamente italiano.
    E sì che il cognome è italiano. Ma pensare, con estrema faciloneria, alle due prime soluzioni, solo per un richiamo fonetico, è faccenda che non può riguardare un linguista.
    Bona è un antichissimo termine mediterraneo, quindi anche italico, basato sull’akk. būnum‘uccello’.

    BOSU:

    Cognome pansardo che Pittau considera propriamente italiano, da Boso, che secondo lui deriva da un aggettivo germanico *boso ‘cattivo’. Non è così. Non si può andare all’inseguimento di una omologazione fonetica qualsivoglia, a costo di inventarla (come in questo caso) e comunque di andarla a prendere a casa del diavolo.
    Bosu è un cognome prettamente sardiano, basato sull’akk. būṣu ‘bisso’, ‘lino di qualità fine’.

    BOTTA:

    Cognome sul quale Pittau fa tre ipotesi etimologiche, andando a cercare le omologazioni fonetiche presenti attualmente nei lessici dell’alto Mediterraneo. Comincia con ipotizzare una corrispondenza col sost. it. botta ‘motto pungente’; poi pensa a un cognome italiano di significato uguale; infine pensa al sardo botta ‘scarpa’ < cat.-sp. bota. La terza ipotesi è giusta. Ma Pittau, al solito, non va oltre, nel senso che si appaga nel credere che tutto abbia avuto origine nella penisola iberica. Non pensa affatto che Botta sia una omologazione, ossia una sardizzazione del cgn sardo Scarpa, dal popolo sentito a torto come corrisp. all’it. scarpa (mentre invece è un cognome di origine sardiana).
    Scarpa è uncognome che Pittau, manco a dirlo, ritiene derivi direttamente dall'italiano scarpa (il suggerimento è del Wagner). Ma intanto Pittau ricorda che il cognome è già presente nei condaghes di Silki e di Trullas come Iscarpa. Al che può dirsi, senza margine di errore, che tutti i cognomi registrati nelle carte medievali sarde non erano di genovesi nè di pisani ma proprio sardi, per il fatto che il Giudice o gli altri che intendevano registrare notarilmente alcuni fatti, fin a quando gli era consentito andavano a cercare i testimoni tra la propria gente, tra quelli che, vivendo nell'agro, avevano vissuto i fatti sui quali erano invitati a testimoniare nero-su-bianco. Peraltro pisani e genovesi, immigrati alla spicciolata a cominciare dalla seconda metà dell'XI secolo, sceglievano le proprie sedi nelle città o nei paesi costieri, non certo nelle aree interne, dalle quali provenivano invece tutti i cognomi registrati nei condaghes.
    I cognomi dei condaghes sono, al 100%, di origine antichissima. Infatti la base etimologica di Scarpa, Iscarpa è nell'ak. iṣu(m) 'albero, legname' + karpum 'chìcchera, tazza', col significato sintetico di ‘tazza lignea, tazza ricavata da un albero’. Questo nome fu l’equivalente dell’attuale sardo coppu, malùne etc., che sono le note tazze di sughero ritagliate direttamente da un bitorzolo del mastio della sughera. Ogni tazza, in età primitiva (in Sardegna ancora ieri) veniva ricavata dal legno. Pure l’etimo di chìcchera ci dà informazioni in questo senso: deriva infatti dallo spagn. jicara, e questo da una parola azteca che indicava il guscio di un frutto.
    Peraltro ancora oggi l’etimo dell’it. scarpa è considerato alquanto inafferrabile. DELI ipotizza un (inesistente) germanico *skarpa ‘tasca di pelle’, probabile prestito dal fr. ant. escharpe ‘sacoche, bourse’. E nessuno si è accorto che le scarpe, specie quelle dei contadini, furono fatte spessissimo di legno (nel nord Europa era normale). Col che ritorniamo forzatamente all’etimologia semitica.

    BRÁSIA:

    E' un cognome che Pittau registra a Orgosolo fin dal ‘700. Egli lo fa corrispondere al sost. brasia ‘bragia’, il quale secondo lui deriva dal corrispondente italiano bragia, brace, ossia ‘fuoco senza fiamma che resta da legna o carbone bruciati’.
    Pittau è sorretto in questa interpretazione italianeggiante dai dizionari etimologici italiani, ivi compreso DELI che pone l’etimo di bragia, brace in un inesistente germanico *brasa ‘carbone ardente’ attraverso un antico (e inesistente) derivato *brasia.
    Così si costruiscono le etimologie della lingua italiana. Non c’è chi – sia pure per eliminare quegli odiosi asterischi indicanti una sconfitta – vada a confortarsi nei dizionari semitici, per sapere se prima dei Germani e prima dei Romani nel Mediterraneo esistesse un vocabolo con certa fonetica e pari semantica.
    Esisteva, naturalmente, ed era l’akk. barḫu ‘luccicante, brillante’, barāḫu ‘mandare fasci di luce, luccicare, brillare’, che fu la base del vocabolo sardo e di quello prelatino, successivamente di quello italiano. Vedi il cgn Barca, dal punico Barka, ebraico Barak (Brk) ‘fulmine’, akk. barḫu ‘luccicante, brillante’.

    BRODU:

    Cognome che Pittau traduce all’italiana brodu ‘brodo’. Non si è reso conto che è poco metodico italianizzare i lemmi nell’intento di accedere a una omologazione fonetica qualsivoglia. Peraltro nemmeno DELI sa quale sia l’etimo di it. ‘brodo’. Ma questa è un’altra faccenda, visto che Pittau non si cura quasi mai di scavare diacronicamente alla ricerca di un etimo, bastandogli il conforto dei termini omofonici dell’oggi.
    Brodu è un cognome autoctono. Non a caso esiste in mezza Sardegna. Esso è sardiano ed ha la base nell’akk. būru ‘giovane di animale’ + sum. udu ‘pecora’, col significato di ‘agnello’.

    BRUSADÒRE:

    Cognome di Quartu che Pittau crede significhi ‘bruciatore, incendiario’ da brusiare ‘bruciare, incendiare’. Pittau non tiene conto che il termine brusadòre in sardo non esiste, anche perché non avrebbe avuto alcun senso. Gli incendiari nel passato non erano qualificati come terroristi, quali sono oggi, giustamente. Erano semplicemente persone che ripulivano i pascoli dagli sterpi, operatori di un debbio che la comunità normalmente accettava.
    Brusadòre è una classica paronomasia, basata sul sumerico buru’az (un tipo di uccello) + dur ‘uccello’, col significato di ‘uccello buru’az’).
    BUESCA:

    Cognome che Pittau, con un’operazione strabiliante, fa derivare dall’it. colto buesco, -a ‘da bue, propria del bue’. La proposta ha dell’incredibile. Peraltro non si riuscirebbe mai a capire perché un cognome sardo, che si ritiene antico, abbia origine da un sintagma it. “alla buesca” (come suggerisce Pittau). Che relazione potremmo evincere da un avverbio colto e un cognome regionale? Alla proposta manca una pur labilissima logica.
    In realtà Buèsca è termine sardiano, basato sull’akk. bûm, pûm ‘uccello’ + sum. e-sig (un tipo di uccello), col significato di ‘uccello e-sig’.


    BÙRGIAS:

    Cognome che Pittau, in un eroico sforzo di trovare una qualsivoglia omologazione, pensa che corrisponda al sost. logud. (b)urza, úrgia ‘criniera di cavallo’, ‘ciuffo di capelli lasciato crescere per nascondere la calvizie’. Non riuscendo a capirne l’origine, pensa a un relitto sardiano, del quale ovviamente non rende conto. Peraltro Burgias è documentato nel CDS II 45 per l’anno 1410.
    Burgias è senz’altro relitto sardiano, ma è lungi dall’avere le parentele attuali dalle quali il Pittau parte, non riuscendo a fare a meno del suo parossistico bisogno di avere per ogni cognome un riscontro nell’attualità.
    Burgias ha la base nel sumerico burgia ‘offerta rituale’, ed è uguale al cognome italiano Bòrgia.

    BUSONÈRA:

    Cognome che Pittau dà di origine spagnola, corrisp. al sost. buzonera ‘chiavica’, ‘pozzetto di scolo’. Non contesto l’origine geografica del cognome, ma certamente l’interpretazione. Va bene il significato del termine comune spagnolo. Ma esso non si estende al cognome, per il semplice fatto che nessun cognome ha mai assunto, alle sue origini, dei significati infamanti. Per capirlo, basta collocarsi ai tempi in cui i cognomi cominciarono, alla chetichella e sempre più estesamente, a guadagnare utenti. Ogni famiglia ebbe sempre la libertà e il modo di assumere o rigettare un certo soprannome (perché di un soprannome si trattava, per lo più). Quindi Busonèra non è altro che una paronomasia: di ciò dobbiamo essere certi.
    Il vero etimo va cercato nella lingua mediterranea, con base nell’akk. būzu ‘brocca di vetro’ + nīru ‘luce’. Questo termine ‘vetro-luce’ si deve evidentemente riferire all’epoca in cui i Fenici (e gli Egizi) cominciarono la produzione degli utensili di vetro. Il ‘vetro-luce’ dovette essere il più trasparente e raffinato in assoluto, degno di figurare alla mensa dei faraoni.

    BUTTA:

    Cognome di Cagliari, Oristano e Sassari che Pittau fa corrispondere al sost. campid. butta ‘botta, colpo’ < italiano. Non credo affatto a questa derivazione. Un lingua straniera (tale è quella italiana in rapporto al paniere sardo da cui sorsero i cognomi) non può essere presa come base di cognomi sardi, tanto per soddisfare l’esigenza di equivalenze fonetiche.
    Butta non può che essere un lemma sardiano, e il reale significato va cercato nella base sumerica, dove possiamo ricavare bu ‘perfetto’ + tu ‘formula magica’, col significato di ‘formula magica esemplare’, o ‘modello di formula magica’ o ‘formula magica perfetta’.

    BUTTU:

    Cognome che Pittau fa corrispondere al sost. buttu ‘mozzo della ruota’ < piemontese but. Sembra impossibile che un cognome sardo si sia formato, per poi espandersi un tutta la Sardegna, con tre soli secoli di dominio piemontese. In realtà Buttu non è altro che la variante di Butta (vedi).

    BÚRDZA:

    úrdza, búldza, úldzalogud. ‘frangia, ‘tela della frangia’, ‘orlo estremo dell’ordito’;(Orgosolo, Fonni) gúrgias; (Urzulei) ar búrgiulas. Wagner non trova l’etimo. Gli sarebbe stato facile reperirlo, se avesse aperto il dizionario sumerico, che per gur dà ‘orlo’. In sardiano evidentemente il lemma sumerico venne trattato in forma aggettivale, aggiungendovi il suffisso in -ia del tipo di quello latino e simile a quello ebraico (cfr. Ozia, Isaia, Geremia, Sedecia, Netanya, Ezechia, Elia, Anania, Zaccaria, termini pronunciati in modo diverso a causa dello spostamento dell’accento: -ìa).

    CABÉCCIA:

    Cognome di Sassari e Sorso che Pittau crede di origine spagnola, da cabeza ‘testa, capo’. In realtà il cognome sembra di origine còrsa: a Tempio dal 1622 al 1658 si registrò un Cabezia, Capecha, la cui forma ufficiale odierna, Capece, fu rifatta agli inizi dell’Ottocento su quella di un noto cognome napoletano (Maxia CS 152).
    La probabile origine còrsa dà più forza al possibile retaggio sardiano (intendendosi per sardiano un aggettivo che riguarda, ovviamente, i Sardi e i Corsi preromani e precristiani).
    Cabéccia è un termine importantissimo per il popolo sardiano, basato sull’akk. qābu ‘pozzo’ + ēqu (un oggetto di culto). In assiro per bīt ēqu s’intende un ‘sepolcro sotterraneo’, letteralmente ‘tempio-sepolcro’; invece i Sardiani hanno utilizzato la forma di stato costrutto qāb-ēqu indicante proprio il ‘pozzo sacro’, esattamente ‘pozzo destinato al culto’. Ora conosciamo anche il nome dei celebri “pozzi sacri” della Sardegna.

    CABELLA:

    Cognome presente a Cagliari, Guspini, Oristano, Tempio Pausania, Trinità d’Agultu. Secondo Pittau può essere una variante del cgn Gabella significante it. ‘gabella, tassa, dazio’; o può essere un cgn propriamente italiano derivato dall’espressione Ca(sa) Bella. Non sono d’accordo con la tendenza del Pittau d’inseguire una omologazione fonetica purchessia, che lo porta molto spesso ad abbandonare il campo della linguistica sarda per sondare i recessi meno plausibili della lingua italiana. Maxia CS 195, nell’evidenziare l’elemento còrso nella diocesi di Sorres del XV secolo, registra un Paulu Cabeda. Essendo quindi il cognome piuttosto antico, relativo peraltro ad aree interne e non alle città sarde, è impossibile immaginarlo di diretta origine italiana.
    In realtà Cabella è un importantissimo lemma sardiano, legato indissolubilmente all’altro lemma che ha generato il cognome Cabéccia. Infatti Cabella ha la base nell’akk. qābu ‘pozzo’ + ellu ‘puro, sacro’ (stato costrutto qāb-ellu), col significato proprio di ‘pozzo sacro’.
    Sembra non esserci scappatoia: anche gli antichi Sardiani (o Shardana) avevano il proprio nome per individuare il ‘pozzo sacro’.

    CABÍLLA:

    Cognome di Baunéi e Silanus, esprimente il femminile dell’epiteto cabíllu (secondo Pittau DCS 148).
    Cabíllu a sua volta è un termine oscuro e comunque incompreso. Lo si è considerato, da parte di moltissimi, dalla gente comune e, a quanto vediamo col Pittau, pure da certi linguisti viventi, come un aggettivo etnico indicante ‘chi è del Capo di Sopra’ ossia chi è della Sardegna settentrionale. Ma i dizionari sardi non recepiscono il lemma; in più, non si è dato conto di quel tema in -íllu. Peraltro, se cabíllu significasse realmente ‘quello del Capo di Sopra’, ci aspetteremmo che quanti risiedono a nord dell’isola usino anch’essi un epiteto reciproco per indicare “quelli del Capo di Sotto”. Ma non c’è alcun epiteto. È un dato reale che questo epiteto sia usato soltanto nel sud dell’isola. Nel nord è sconosciuto, se non da parte di quanti lo hanno udito pronunciare dai residenti del sud. Un rompicapo.
    Si risolve il problema esclusivamente se mettiamo in campo il vocabolario semitico, dove abbiamo l’akk. ḫābilu, ḫabbilu ‘criminale, malfattore’. Il significato non ha bisogno di commenti. Ma si pone il problema di quando sia potuto nascere un tale epiteto. Poiché il lemma è arcaico, sembrerebbe di poter affermare che sia nato in epoca prelatina, addirittura prefenicia. Ma in ciò occorre prudenza. Infatti la durata della parlata accadica in Sardegna non è ancora cessata neppure oggi, e si può supporre che questa sia stata usata – con piena e reciproca comprensione da parte dei residenti – almeno fino all’anno 1000 di questa Era, nonostante lo sforzo del clero orientale mirante a omologare la parlata sarda a quella di Bisanzio.
    È verosimile che l’epiteto sia nato durante l’epoca buia dei quattro Giudicati, allorchè i quattro regni si combatterono tra loro senza esclusione di colpi in vista di una supremazia e con lo scopo di unificare l’isola. L’epiteto, viste le premesse, è nato sicuramente nel giudicato di Càlari.
    CACCEDDU, Caceddu:

    Cognome che Pittau crede una variante tipicamente olianese del cgn Catteddu e pertanto significante ‘cagnolino’. A me non sembra affatto. Pittau è incorso nella ennesima paronomasia, costruendo una paretimologia.
    Cacceddu è un lemma sardiano, pronunciato alla sardiana, ed ha la base in un termine commerciale antico-assiro (II millennio a.e.v.), usato dai commercianti assiri della Cappadocia per nominare una particolare veste della città hittita di Ḫaḫḫum, chiamata ḫaḫḫītu(m). Evidentemente questo vestiario fu commercializzato nell’intero Mediterraneo.

    CADDÙCCIU:

    Cognome che Pittau colloca nella Gallura e lo fa corrispondere al dim. di caddu ‘cavallo’ < lat. caballus.
    C’è molto da discutere sulla trafila etimologica del Pittau. Anzitutto va detto che cáḍḍu è vocabolo autonomo dal latino, ed ha la base accadica, da kallû(m) ‘messaggero espresso, pony express’. Questa tradizione è ancora viva nel Logudoro, dove l’equivalente di ‘cavallaio’ (da lat. căballus) non esiste, preferendosi amante de sos caḍḍos, mentre ‘cavalleria’ si traduce con militia a caḍḍu, e ‘cavallerizzo’ è chìe pigat a caḍḍu. Quindi appare ovvio che cáḍḍu è vocabolo sardiano riferito all’uso nobile del quadrupede, all’uso per la monta, per fini militari, per le competizioni (pony) e, principalmente, per i servizi postali. Quest’ultimo uso, esplicitato dalla radice accadica, lascia ampiamente capire quanto fossero importanti e quale uso si facesse, prima dei Romani, delle strade sardiane che i nostri studiosi insistono a chiamare “romane”.
    Ma a parte l’etimologia di caḍḍu, che riguarda esclusivamente il ‘cavallo’, è l’intero cognome Caddùcciu a non basarsi sul sardo caḍḍu. Esso è sardiano ed ha la base nel sumerico kadu ‘copertura’ + uhul ‘pecora’, col significato di ‘ricovero per pecore’.


    CADELLO:

    Cognome creduto dal Pittau forma italianizzata del cgn Cadeddu. Ma la questione è letteralmente capovolta. È Cadeddu ad avere avuto origine da Cadello.
    Andiamo con ordine. Cadeddu è cognome che Pittau considera probabile svolgimento del latino catellus ‘cagnolino’, il quale compare come cognome Catellu nel CSMB 65 e come Cadello nel CDS II 43, 44 per l’anno 1410. Così pensa anche Paulis NPPS 180, che assume questa ipotesi nel trattare il fitonimo cadèḍḍa (Escolca, Nuragus) ‘ranuncolo dei campi’ (Ranunculus arvensis L.).
    In realtà, così come ho già spiegato per il fitonimo catheḍḍìna, il termine cadèḍḍu, cadèḍḍa non ha alcuna relazione con i cagnolini e neppure coi cani. Esso è un composto sardiano con base nell’akk. ḫadû(m) ‘gioia’ + ellu(m) ‘puro’, col significato complessivo di ‘pura gioia’ (in relazione alla bellezza del fiore). Cadéllo in quanto cognome indica anch’esso questo fiore, ed è la forma primitiva dello stesso cognome. Cadéḍḍu non è altro che la forma seriore del cognome, dopo aver subito la palatalizzazione della -ll-.

    CASU:

    Cognome. In sardo casu significa ‘formaggio’, lemma presentato come derivato dal latino căsĕus ‘cacio’ (che è un aggettivale con radice cas-). Dalla somiglianza dei termini sardo e latino si trae la conseguenza che… la Sardegna fosse priva di formaggi (o quasi), prima dell’avvento dei Latini colonizzatori. Senonchè i Sardi avevano le proprie greggi ed i propri formaggi prima ancora dell’avvento dei Romani. Non fu un caso che Cicerone chiamasse i Sardi mastrucati, essendo coperti del vello delle proprie pecore, dalle quali traevano il latte per confezionare il formaggio. Sono molti quindi a porsi il problema di come gli Shardana (gli Jolaenses, gli Ilienses) chiamassero il proprio formaggio. Lo chiamavano pressoché come i Romani: kasu, da sempre, poiché il termine è mediterraneo, ed ha la base arcaica nell’accadico kasû ‘rappreso, quagliato’.
    Su casu berbechínu románu (‘il formaggio Pecorino Romano’) è, per la generalità della gente, nient’altro che un formaggio la cui tecnologia fu importata in Sardegna con la conquista romana. Ma pure questa credenza è grossolanamente falsa, e pecca di mentalità colonialista. La storiella è stata confezionata da quanti hanno immaginato che prima di Roma la Sardegna fosse incivile e non conoscesse le tecnologie più vantaggiose del tempo. Invece la questione sta in modo opposto: fu la Sardegna ad esportare a Roma il proprio Pecorino Romano. Si sa che per confezionare il Pecorino Romano occorrono ingenti quantità di sale, e solo la Sardegna ha goduto – nell’intero Mediterraneo – la fortuna di possedere un numero elevatissimo di saline produttive. I Sardi hanno sempre usato il sale come prodotto abbondantissimo, a prezzo vile. Mentre i Romani, notoriamente, importavano il sale, il cui valore per essi era veramente spropositato, tanto da indurli a forgiare il termine salarium, in quanto le paghe, gli stipendi, i salari, erano rapportati a costose misure di sale.
    Questo quanto al sale. Quanto a Romano, l’aggettivo ha lo stesso etimo del nome del paese sardo Romana e della piccola altura accanto a Bonassai (nel Sassarese), chiamata Rumaneḍḍa. Deriva dall’ebraico rōmēm ‘elevato’, rūm ‘altezza, altitudine’. Il Pecorino sardo fu chiamato romano da sempre, perchè è stato sempre prodotto sulle ‘alture’, sulle ‘montagne’, dai pastori barbaricini.


    MACCIÓN:

    Mazzòne, Mattòne. Il primo nome indica una località boscosa sulle pendici del monte Corrasi (Oliena), dove oggi c’è un alberghetto montano. Maccione corrisponde al logudorese mazzone ‘volpe’, così chiamata – a detta di certi linguisti – per avere il covile dentro i ‘macchioni’, proprio come il cinghiale. Non è cosi, invero. Tantomeno è accettabile l’origine che certi linguisti, Wagner in testa, propongono del logud. mazzone (nientemeno che da mazza, con riferimento alla coda dell’animale). Maccione-Mazzone-Mattone, sono anche cognomi, e la loro semantica è tabuica, come tutti sanno, ma essa non deriva dall’it. ‘macchia’ né dall’italiano ‘mazza’. Peraltro il termine ‘selva’ è tradotto nel logud.nord-occidentale maccia e in nuorese matha, quindi dovremmo aspettarci a Sassari maccione ed a Nuoro mattone. Mentre invece, come qui leggiamo, la fonetica territoriale è capovolta.
    Come abbiamo ricordato a proposito del cognome Liori (vedi), i brutti nomi sopravvivono al pari dei belli; sopravvivono anche quelli che sono stati “maledetti” da 1600 anni, com’è il caso della triade che stiamo discutendo. Questo nome è uno dei tanti epiteti tabuici della volpe, la quale è ritenuta una forma diabolica e quindi non nominabile direttamente. La sua uccisione è vissuta dagl’indigeni come impulso religioso. Le volpi uccise vengono esposte lungo le strade maestre con funzione apotropaica; talora vengono legate all’automobile e trascinate per decine di chilometri: il loro strazio è vissuto come atto di purificazione. Vengono poi abbandonate fuori paese per non “contaminare” l’abitato. Il capovolgimento semantico dell’appellativo maccione è uguale a quello di Liori, al cui lemma rimandiamo per capirne la dinamica.
    Come per Liori, anche Maccione è un attributo demoniaco forgiato dai preti cristiani o preso in prestito dai pre-cristiani. In questo caso, con questo lemma, viene messo in gioco il patibolo, il sito dei condannati a morte. Infatti Maccione deriva dall’antico accadico mātu(m) ‘essere messo a morte’. Il noto sito di Oliena indica, con tutta evidenza, l’antichissimo luogo dove si attuavano le esecuzioni dei condannati.

    MADEDDU:

    Pittau (CDS 131) fa derivare questo cognome dal lat. matella 'vaso di creta, pitale'. In realtà il termine è più nobile, derivando addirittura dalla celebre casata romana Metellus. A sua volta l'antroponimo latino deriva dall'etrusco Metlυmθ, che il Semerano (PSM 110) attesta come attributo poliade, di divinità protettrice della città. Il tutto ha origine dal tardo babilonese mētellu 'comando, potere, signore (detto di divinità)'. Il termine 'signore' è applicato alle giovani generazioni di dei semitici Šamaš, Marduk, Ninurta ecc. In ogni modo annoto pure l’antroponimo Mutallu attribuito all’ultimo re di Malatya (oggi Arslantepe), uno stato luvio indipendente dell’Anatolia. Egli fu deportato dagli Assiri nel 708 a.e.v.

    MALLÓRU:

    Maggiòlu ‘toro’, termine già trattato in TS. É pure un cognome. Wagner lo deriva dal lat. malleolus, con cui però in latino non s’indica il ‘toro’ ma altre cose, peraltro tra loro diverse; anzitutto è il diminutivo di mallěus ‘martello’, poi indica il ‘bottone della scarpa’. Forse che i Sardi hanno visto nel ‘toro’, notoriamente corposo e “nodoso”, una forma che richiama l’energia del martello e la rotondità di un antico bottone? Difficile crederlo. Ricordo che dal lat. mallěus sembra derivare anche il termine malloreddus, tipici gnocchetti del sud Sardegna riferiti ai ‘bottoncini delle scarpe’ degli antichi Romani, che sembra termine diminutivo costruito sul già diminutivo latino: antico *malleolellus< malleolus ‘martellino, martelluccio’. Ma per malloreddus vedi lemma a suo luogo.
    Tornando al sardo malloru ‘toro’, esso non corrisponde affatto al lat. malleolus ‘piccolo martello’, ma all’ant.assiro malû ‘abbondanza, pienezza’ + suffisso sardiano -ru, -lu che ha prodotto un aggettivo denominale: ‘quello dell’abbondanza’, riferito all’aspetto magnifico e sontuoso che il toro ha normalmente rispetto ad un bue o ad una vacca.

    MASCÌA:

    Cognome che altrove è letto Maxìa (x = j franc.), essendo attestato nel sud Sardegna; nel nord è attestato come Masìa.
    Pittau DCS fa due ipotesi etimologiche: 1 corrisp. al camp. maxìa ‘magia, stregoneria’ < lat. magia (è presente nelle Carte Volgari AAC XIII come Magia); 2 variante camp. del cgn Masia, Mascia.
    Sembrerebbe la prima ipotesi a prevalere nettamente. In tal caso ci riportiamo all’it. mago ‘chi esercita la magìa’. Il termine appare nel 1300 con Dante. Riproduco l’indagine fatta dal DELI: «Vc. dotta, lat. măgu(m) dal gr. mágos, per Erodoto ‘sacerdote persiano che interpreta i sogni’, un prestito dalla stessa lingua dei Persi (già nelle iscrizioni cuneiformi), per i quali maguš era denominazione propria alla sfera della religione e del culto, ancora priva, però, di etimologia. Anche il tardo (in Apuleio, già col senso di ‘stregoneria’) der. magīa(m) riproduce il gr. magéia ‘l’arte dei magi persiani’, e così pure l’agg. măgicu(m) ripete il gr. magikόs».
    La lingua persiana era a contatto con quella accadica, ed è proprio nel cuneiforme che troviamo le basi più antiche del termine: maḫḫu ‘esaltato’, maḫḫû(m) ‘estatico, profeta’, mâḫum ‘uscir fuori (di sé), dipartirsi’ (dell’estatico), maḫû(m) ‘diventare frenetico, delirare’.
    La storia di Mascìa, Masìa in quanto cognome passa comunque attraverso l’ebraismo, essendo da quella civiltà che approda tra i Sardi, forse dal 1000 a.e.v., questo nome. EBD riporta una serie nutrita di cognomi ebraici: Amasiah (2Cr XVII 16, etc.); Ma’ascia (Ger XXI 1); Ma’asciau (1Cr XXV 18, etc.); Ma’azia, Ma’azian (Neh X 9; 1Cr XXIV 18); masciah ‘messia’; ebr. cat. Massies; ebr. alger. Messiah, Messias, Meziah; ebr. it. di origine nord afric. Masciah, Massiah; ebr. Corfù Maiscia (nel 1515). Quindi possiamo affermare che il cgn sardo Mascìa è un termine autonomo rispetto a logud. Masìa, e significa ‘Messìa’.
    Mascìa è un cognome veramente importante, e fornisce una traccia sicura dell’installazione di antichi gruppi ebraici in Sardegna. Il termine ebraico originario è mašiaḥ, aram. mešiḥa ‘l’unto’: egli è propriamente un agente unto da Dio e designato ad uno scopo concernente la sorte del popolo eletto. I Settanta traslarono questo concetto col gr. Χριστός, che nei primi scritti del Nuovo Testamento è già diventato il secondo nome di Gesù; ma mašiaḥ appare dapprima nel libro di Daniele, dove appunto il futuro Davide diviene un unto (Dan 9,25). Nei testi di Qumran si cita esplicitamente l’attesa del Messia (1QS 9,10-11).

    MORO:

    Cognome che Pittau considera corrisp. all’it. e sp. moro ‘moro’, oppure un cognome di tali origini.
    Sappiamo che Moro è un cognome espanso in tutto il Mediterraneo. È celebre quel Tommaso Moro (More), l’inglese giustiziato da Enrico VIII nel 1535 perché respingeva la pretesa del monarca di erigersi a capo della Chiesa d’Inghilterra. Altro More inglese fu Henry, filosofo morto nel 1687; tanti altri furono i More che diedero fama all’Inghilterra e all’America. Moro fu anche il cognome di una famiglia patrizia veneziana, la cui presenza è attestata dal 982, tra le più importanti e autorevoli nella storia della repubblica. Ricordiamo pure Aldo Moro, celebre statista italiano assassinato nel 1978 dalle Brigate Rosse. Esiste pure il cognome Moro tra gli Ebrei italiani (EBD).
    Se volessimo andare per facili etimologie, imiteremmo il Pittau, che ha un buon referente nel DELI, il quale però dichiara soltanto l’etimologia del comune aggettivo it. moro ‘della Mauritania’ < lat. Māuru(m).
    La base etimologica del cognome mediterraneo Moro può essere trovata nell’akk. murû ‘tempesta di pioggia’ < sumero; ma è più congruo individuarla nell’akk. mūru(m) ‘giovane animale; giovane toro; puledro di asino o cavallo’.
    La seconda accezione consente di fare chiarezza su un certo termine carnevalesco, a partire dal Carnevale di Bosa. Giòlzi è il “re” del Carnevale di Bosa. Questo nome ricorre in mezza Sardegna, specie in quella del centro-nord (vedi al lemma Giògli, che non significa affatto ‘Giorgio’). Dolores Turchi (GESMFRP 96) ricorda che sono numerosi i Giolzi di Bosa, incappucciati da una federa di cuscino e ammantati da un lenzuolo. Hanno il viso dipinto di nero e corrono in gruppo da una parte all’altra dei viali fermandosi a tratti per illuminare con un lampioncino la zona dei genitali delle persone che incontrano, gridando spesso Giòlzi!, Giòlzi! Giòlzi moro!
    Nessuno ha finora reso conto del termine moro, che a tutta prima sembra l’aggettivo ‘moro, di pelle scura’. Ovviamente non è così.
    Strano quanto si voglia, ma esiste pure una poesia lasciva, probabilmente inventata proprio per i Carnevali del centro-nord Sardegna, che recita:

    Bidìnne a moro
    sa cattzèdda tùccada
    e lestra a s’albergáre si ch’imbòlada,
    cun lestrèsa a conca nuda imbùccada
    e cun fierèsa tesset et ispòlada,
    s’istìrada, s’allòngada, s’ingrùssada
    sùede e vèrsada daghi si consòlada,
    e poi chi limpiádu s’ha sa vista
    si cugùddada e torrat lenta e trista.

    ---

    Vedendo un coso scuro
    la cagnolina corre
    e svelta s’intrufola nell’albergo,
    con sveltezza s’infila a testa nuda
    e con fierezza tesse e fa la spola,
    si stira, s’allunga, s’ingrossa
    succhia e versa finchè si consola,
    e dopo che si è tolta la cispa
    s’incappuccia e torna molle e triste.

    Le allusioni sono fin troppo realistiche. Ma è moro ad apparire come mistero. Molti traducono ‘moro’ come metonimia allusiva alla parte genitale femminile, per il fatto che questa appare tenebrosa. Sarà pure, almeno nella poesia citata. Ma corre l’obbligo di tornare al businco Giòlzi Moro!, un grido allusivo lanciato al momento d’illuminare i genitali femminili, il quale continua a rimanere misterioso, in quanto non è realistico tradurre alla lettera Giòlzi-vulva! Che senso avrebbe?
    Eppure raggiungere la chiarezza non è difficile, poichè il nome-aggettivo Giòlzi-Moro di per sè non reca difficoltà di traduzione. Giòlzi (vedi lemma) è un termine sumero indicante il Dio della Natura che viene sospinto al giudizio, condannato a morte e infine arso. Moro è il termine accadico mûru(m) ‘giovane toro’ riferito al sommo Dio fecondatore, principalmente al Dio della Natura. Quindi il grido Giòlzi-Moro!, lanciato mentre si scoprono i genitali femminili, non è altro che una auto-presentazione, ossia è il Dio della Natura (Giòlzi) che si presenta alla donna nella propria qualità di ‘giovane toro’ (mûru), che è poi la qualità con la quale egli normalmente ricorre negli epiteti accadici-assiro-babilonesi. Va da sè che il moro di questa poesia è un residuo, oramai incomprensibile, dei riti legati alla rinascita della Natura.

    MOSTALLÍNO:

    Cognome del sud Sardegna, attestato specialmente ad Assémini.
    Per capirne l’origine, occorre prima discorrere di Musteḍḍínu. Dolores Turchi (GESMFRP 181 sgg) tratta della figura del Bòe Muliáche, essere demoniaco che corre nella notte, mugghiando alla porta dei morituri. In certi paesi ha nome di Cambilalzu, Cambilargiu (vedi), in altri (Lollove) Bòe musteḍḍínu, in altri (Mamoiada) Vacca musteḍḍìna. La Turchi, fatta la tara delle deformazioni ideologiche operate dalla Chiesa sugli antichi riti, riconduce il termine ai riti fertilistici e lo crede uno degli appellativi del dio Dioniso.
    La Turchi coglie nel segno, salvo il caso che il dio cui riferire l’appellativo non è Dioniso ma quello della Natura onorato in Sardegna in epoca pre-cristiana, ossia Adon. Musteḍḍinu è un epiteto sardiano basato sull’akk. muštēlum, muštālu(m) ‘(Dio) che prende in considerazione, che delibera (a favore)’ + īnu(m) ‘occhio’ di Dio, col significato sintetico di ‘Occhio di Dio misericordioso’. È ovvio che l’epiteto, uno dei tanti riferiti al Dio della Natura, doveva essere cantato durante le processioni fertilistiche, specialmente durante quella in cui Adone morto viene portato verso l’acqua per l’immersione dalla quale risorge.
    Musteḍḍinu, al pari di tanti altri appellativi del Dio (vedi Cambilargiu, Moro, etc) è pure cognome, più noto attraverso l’italianizzato Mostallíno.

    MUSCÁU:

    E' un tipo di vino della Sardegna, ma è pure un cognome, sul quale Pittau fa due ipotesi: 1 'pieno di mosche' cioè 'assillato, che fa il pazzo', 'ubriaco'; 2 corrisp. al '(vino) moscato', termine che per lui deriva dal corrispondente italiano.
    La questione non sta nei termini suggeriti dal Pittau; se si accettasse la sua prima ipotesi, occorrerebbe collegare il cgn Muscau direttamente all'agg. lat. muscārius, che ha relazione esclusiva con le mosche, meglio con lo scaccia-mosche (es. la coda del bove), e non attiene a forme di pazzia o ubriachezza; comunque non andrebbe bene neppure l'interpretazione di 'pazzo', 'ubriaco' essendoci per questa accezione una base diversa (vedi oltre a proposito dello sciamanesimo). La seconda ipotesi presuppone che il nome italiano del vino, Moscato, sia noto da un'antichità remota almeno quanto questo cognome. Il che non è, almeno dalle fonti ufficiali. Infatti DELI scrive che il termine moscatello è apparso circa il 1348, mentre il termine moscato (dal quale si suppone derivato moscatello) appare molto dopo, nel 1773. In ogni modo DELI fa derivare moscato ed i suoi apparentamenti (es. moscardino) dal lat. mŭscu(m) 'muschio' (citato da S.Girolamo) per l'odore vivo e aromatico di alcuni animali o di persone profumate o di vitigni. La voce viene considerata un prestito dal gr. mόschos, pur esso un accatto da lingue limitrofe (iraniano) con significato di 'testicolo' (degli animali, dal quale è tratto il musco). DELI precisa che anche muscātu(m) è latino (tardo: sec. VI, Oribasio). Che ci sia una frattura stridente tra il (vino) moscato ed il profumo di testicolo, lo dimostra l'aroma particolare di questo vino, che tanto per cominciare è vino dolce ed è noto come classico "vino da donna" per la soave piacevolezza e per il profumo soavissimo, assai lontano da ogni aroma di muscum.
    Però neppure Dolores Turchi (Lo sciamanesimo in Sardegna 111) coglie nel segno quando, nel trattare una materia antichissima come lo sciamanesimo, ritiene che l'aggettivo muscau 'allucinato' abbia come base diretta l'Amanita muscaria, il noto fungo allucinogeno che in Sardegna, a livello popolare, non è stato mai conosciuto col nome latino, il quale è pervenuto - ma solo a livello colto - da ed attraverso l'alta cultura post-rinascimentale. Lo stesso dicasi per Amanita, che è la famiglia dei funghi nella quale s'annovera la Muscaria, materia prima della muscarina (il noto allucinogeno).
    Amanita è voce dotta, dal lat. scientif. amanita, lat. tardo aman[a]ētae, lat. mediev. amanītēs, dal gr. ’αμανι̃της, che si crede sia dal monte Ámanos in Cappadocia, ma che in realtà ha la base antica nel bab. amānītu (un vegetale).
    Tornando a muscáu, è tuttavia prezioso quanto scrive la Turchi 111 a proposito delle erbe allucinogene degli sciamani. «Capita ancora di udire qualche vecchia che, osservando una persona stralunata, la quale si estranea facilmente dall'ambiente che la circonda, esclami: Bene muscau ses?. Oppure musca juches?, intendendo dire: 'Sei allucinato? Sei fuori di te?'. Attualmente questo modo di dire si usa indifferentemente per indicare un individuo ubriaco o in apparenza assente dalla realtà circostante. Con tutta probabilità deriva dall'uso che alcuni facevano dell'Amanita muscaria, sotto il cui effetto si diventava muscau, ossia in preda alle allucinazioni».
    Con ciò abbiamo conferma che l'accezione per ubriaco (vedi Pittau) è alquanto moderna, molto seriore rispetto al cognome ed allo stesso vino.
    Nell'intento di trovare un'antica base etimologica per il vino Moscato (Muscau) e del cgn Muscau, occorre anzitutto sgombrare il campo dall'accad. muškû che designa un uccello da preda la cui traduzione significa 'mangiatore di serpi'. E sgombro pure il campo dall'accad. muskum 'qualcosa di cattivo', poichè l'allucinazione da Muscaria non porta l'uomo a diventare perverso.
    Sembra di poter vedere invece come base l'accad. mû 'acqua' ma anche 'ordine, regole (cosmiche, con riferimento al culto)' + ṣūḫu 'risata', ma anche droga, incantesimo afrodisiaco, che porta alla risata. Quindi il vino Muscau originariamente fu chiamato 'acqua dell'incantesimo' (per la sua indiscutibile bontà). E da esso, per estensione, ebbe la definizione anche l'intruglio o l'acqua nella quale veniva messa in soluzione la polvere o le briciole fresche del fungo oggi noto come Amanita Muscaria. Di qui l'origine del termine sardo muscau 'allucinato'.

    NICOLÁO:

    Nicolái cognome che Pittau crede di origine prettamente italiana, dal nome personale Nicola derivante dal greco-bizantino. Non sono d'accordo, penso che il nome sia esistito in Sardegna già in epoca pre-fenicia; ma andiamo con ordine. Nicòla è nome personale maschile che i linguisti grecisti traducono come 'vincitore nel popolo', altri 'vincitore delle moltitudini', 'vincitore di eserciti', Nικόλαος (in Polibio, Strabone, Plutarco ecc.), ion. -λεως in Erodoto 7, 134, 137; Nικόλας in Tucidide 67 (da νίκη 'vittoria' + λαός, λεώς 'popolo, turba'). Il nome è detto cristiano (e specialmente bizantino) per il fatto che è più noto in virtù del grande santo Nicolao da Mira (Licia, Anatolia), le cui spoglie furono trafugate dai Baresi e nell'XI secolo gli fu eretta una basilica. É patrono di Bari e di migliaia di altri centri italiani e sardi, patrono della Russia e dei naviganti; in alcune zone dell'Italia settentrionale, in Austria e Germania è festeggiato in luogo della Befana. Famoso è Nicola di Damasco nato intorno al 64 a.e.v., che scrisse una Storia Universale di ben 144 volumi. Il nome nella sua formazione sembra tipicamente greco, suddiviso in due membri di cui il primo è un "predicato" del secondo, nel senso che dichiara qualcosa sul secondo membro: in questo caso la vittoria sulla moltitudine.
    É proprio dalla sua prima ed ultima citazione (in Erodoto abitatore dell'Anatolia e infine nel nome del Santo anatolico) che abbiamo forti indìzi del fatto che Nicola o Nicolao fosse ben radicato nell'Anatolia sin da epoche remotissime, addirittura da epoca pre-hittita. L'Anatolia, si sa, fu un territorio di transito delle maggiori correnti commerciali e di pensiero provenienti dalla Mesopotamia e dall'Assiria. Anche tra i popoli mesopotamici i nomi si formavano (con ammissibili eccezioni) "alla greca", con due membri di cui uno è predicato dell'altro. Moda in uso persino tra i pellirosse, come si sa. Quindi non dà vincolanti elementi di territorialità la bipartizione "alla greca" di un nome formato allo stesso modo un po' dovunque, specialmente quando è dimostrata una base etimologica imparentata senza subordinazioni di sorta.
    Semerano OCE II 197 ricorda che νίκη 'vittoria in battaglia' ha il corrispettivo ugaritico in nkt 'ammazzare, immolare', nkt 'vittima', aram. nekā; accad. nīqu 'uccisione per sacrificio', ebr. neqāmā, nāqam 'punizione, vendetta'. Quanto a λεώς 'esercito, popolazione', c'è il corrispettivo ebraico le’ōm, ug. lim 'popolo, folla', accad. lē’û, lā’ium (detto di uomini, soldati, artigiani 'valoroso, capace, bravo'). Ma a ben vedere Nicola è un nome personale ricco di etimologie, esistendo anche un'altra opzione dall'accad. nīqu 'copula, fornicazione' + la’û(m) 'piccolo ragazzo, bimbo' col significato complessivo di 'pederasta', 'fornicatore di bimbi'.

    PILLÒNCA:

    Pane sardo dalle tante fogge. A Uta è un pane di frumento confezionato come sa costeḍḍa (vedi), quindi a forma di ciambella, ma non è infarinato esternamente; inoltre la mollica risulta ancora più cavernosa. In certi luoghi è un pane molle grossetto, o una spianata tonda; in altri luoghi pillonca è il pane che altrove (es. a Desulo) è noto come pane 'e cicci; addirittura in certi posti è così chiamato il pane che nel nord è più noto come fresa (vedi); la stessa pillonca di Uta, a Sestu è chiamata costeḍḍa. Come si vede, siamo in un guazzabuglio. Puddu nel suo Dizionario scrive che sa pillonca è un pane d'orzo biscottato fatto a sfoglie sottili.
    Parimenti si esprime Pittau in CDS per il cognome Pillonca, prendendo da Wagner. Egli sostiene che il nome di questo pane (e del cognome) deriva dal camp. pillu 'strato, sfoglia, pellicola', e più in là non va. Ma coglie tuttavia nel segno, poichè per estrarre l'originario significato di pillonca occorre anzitutto apprenderlo come aggettivale antico-sardo in -ncu, al pari di Busincu 'di Bosa', Sussincu 'di Sorso', Lurisincu 'di Luras'. L'etimologia nominale di pillu- può essere ricavata soltanto sulla base dell'assiro peḫû(m) 'chiudere ermeticamente, sigillare'. Il verbo assiro indica la creazione di un 'sigillo', di uno 'strato di separazione', esattamente come quelli delle lumache in letargo, del latte munto messo a serenare, della birra in fermentazione, onde il sardo centr. pìggiu, log. pidzu, camp. pillu. Pillonca era quindi in origine un pane d'orzo a sfoglia, del tipo fresa o carasatu.

    PILOSU:

    Cognome; piloséddu (Fonni) 'bimbo in età tenerissima'. Per Wagner l'origine è dal lat. pilosus poichè, ci ricorda, fino all'adolescenza i bimbi non si tagliavano i capelli. Invece la base etimologica è il bab. pelû(m) 'uovo'.
    Questo aggettivale sembra veramente arcaico. Oltre alla forma fonnese abbiamo il termine sud-gallurese lada pilosa (Monti), riferito alla 'tomba di giganti'. In TS avevo banalmente supposto che la tomba di giganti (lada) fosse aggettivata come pilosa per l'eccesso di licheni che un tempo la ricoprivano. Ma ora debbo convenire sul fatto che il termine pilosu attiene ad ere molto remote, risalenti fino al Paleolitico superiore e certamente al primo Neolitico, allorchè s'affermo l'idea dell'Uovo Cosmico nella mitologia di numerose civiltà, la cui forma ritroviamo in vasi elladici, in crateri minoici, in piatti moldavi (3700-3500 a.C.), nella religione egizia, ecc. Nel riassumere questa breve nota da Diana 63, 64, 149, non posso fare a meno di pensare che la "tomba di giganti", che ho dimostrato essere nient'altro che l'icastica effige della Grande Madre Universale partoriente, fosse così chiamata dagli antichissimi Sardi perch'era considerata la prima Generatrice, colei che depose l'Uovo Primordiale.

    PILU:

    Filu. É anche cognome, compresa la variante Pilo. In log. e camp. significa ‘pelo, capello’ < lat. pĭlus. Ma in Sardegna il termine occorre pure per designare la ‘mastite’, chiamata pilu ‘e titta, filu ‘e titta = ‘indurimento della mammella’ (vedi Wagner, Zonchello DMCDS 19).
    Il termine pilu in questo caso non è latino ma neo-bab. e neo-assiro, dove pīlu, pēlu significa ‘calcare, pietra calcarea, blocco di calcare’. L’espressione pilu ‘e titta risulta essere, pertanto, integralmente semitica, poichè anche titta (vedi) è babilonese col significato di ‘nutrimento, cibo’ (tîtum). Il sardo titta in origine significava letteralmente ‘cibo’, presto diventato per traslato ‘mammella’.

    PILUDU:

    Pittau afferma che questo cognome deriva dal sardo piludu ‘peloso < pilu ‘pelo’. In realtà deriva dal bab. pilludû, pelludû ‘cultic officiant’.


    PINTÁURO:

    Cognome sardo che richiama direttamente Pentauru (EHD 237b), un celebre scriba o forse autore egizio, che scrisse sotto forma di poema il resoconto della celeberrima battaglia di Qadeš, avvenuta tra l’ittita Muwatalli e l’egizio Ramesse II.


    PITTÁU:

    Cognome che Manconi e lo stesso Pittau ritengono variante camp. rust. del cognome Pittanu 'Bastiano, Sebastiano'; e considerano Pitau una variazione grafica di Pittau, documentato nel CDS I 855, 2, CL per l'anno 1388.
    Invece va osservato - in primis - che il fatto d'essere registrato nelle antiche carte della Sardegna rimanda questo cognome all'antichità preromana; e infatti nell'accadico di El Amarna e pure ad Ugarit abbiamo, con provenienza dal lessico egizio, il pl.tant. pi(ṭ)ṭātu 'arcieri'. Sembra proprio che il cgn Pittau, considerata l’alta antichità del lemma e la conseguente progressiva perdita del suo significato, sia stato progressivamente sostituito, almeno nel nord Sardegna e in Gallura, dal cognome medievale Balistreri. I due cognomi, infatti, essendo nomen professionis, debbono aver avuto forte notorietà prima che sopraggiungessero le armi da fuoco ad imporre cognomi più moderni.

    PISÁNU:

    Questo cognome non significa ‘nativo di Pisa’, come scrive Pittau DCS 66, ma ha la base etimologica nell’akk. pišannu(m), pisannu(m) ‘scatola, torace’, basato a sua volta sul sum. pisan ‘recipiente, cesta, intelaiatura’. L’arcaicità del cognome è dimostrata anche dal fatto che viene registrato nei condaghes di Trullas e di Bonarcado e nel CDS II 43,45.

    PORCU:

    Cognome che Pittau ritiene naturale derivare dal sardo porcu 'maiale' < lat. porcus. Il cognome è presente nei condaghes di Silki, Bonarcado, Salvennor, Sorres, e in CDS II 44,45. Ne è quindi garantita l'origine dall'antichità preromana. Vedi i cognomi Porceḍḍu, Porcheḍḍu, Porcina, Porcù.
    É antico l'uso ingiurioso di questo termine traslato, con riferimento a certe correnti filosofiche (Epicuri de grege porcus: Horatius), alla vulva della donna vergine (Varrone), ai cetacei. L'abbinamento denigratorio non cessò neppure nel Medioevo, allorchè la Chiesa rincarò la dose, richiamandosi pure alla porca (terra rilevata tra due solchi: che evidenzia le “labbra” dei due solchi con al mezzo la “rima”: esattamente com’è nella vulva).
    La denigrazione però andò di pari passo con l'ignoranza dell'etimologia di porca e dello stesso porcus, noto come il 'maiale chiuso in un recinto' a differenza di quello selvatico chiamato dai Latini aper.
    Per capire l'etimologia, occorre anzitutto ricordare altre forme di porca. Vedi gr. πόρκος 'nassa dal collo stretto' in cui rimangono chiusi i pesci, e πόρκης 'cerchio che serra l'asta della lancia' e le impedisce di uscire. Si nota quindi una semantica di "sbarrare, chiudere, impedire". La base etimologica si ritrova nell'accad. perku 'difesa, sbarramento', aram. peraq, arabo faraqa, ebr. pāraq, accad. parāku 'sbarrare, dividere, delimitare', parāqu.
    Come accade a moltissimi cognomi sardi, che hanno in gran parte delle semantiche nobili, anche Porcu non ha alcun addentellato con la bestia da tutti vituperata quanto prelibata. Ne avrebbe invece molti con l'etimologia semitica appena evidenziata. Ma principalmente Porcu ha il suo lontanissimo ascendente in Forci, Fòrci(de), gr. Φόρκυς, che ha una mera assonanza col lat. porcus senza averne l'etimo. Φόρκυς è il nome di un re frigio citato da Omero (Iliade II 862), che ha la base etimologica nell'accad. Burruqu 'dagli occhi fiammeggianti' o anche ''con viso rosso e capelli rossi'. Egli era, insomma, il "Rosso" per eccellenza. Ugas 26 lo traduce, senza tanta elucubrazione, con 'Forca' o 'Fiocina', quindi come "un re del mare canuto, perchè è il più antico, essendo assimilabile al Poseidon libio (Erodoto)". Ugas, nel trattare la geneaologia del sardo Norace, pone Forcy come genitore di Medusa (vedi), antica progenitrice dell'eroe Norace (vedi) capo degli Iberi (Bàlares: vedi) che occuparono la Sardegna da nord-ovest durante l'Età del Vaso Campaniforme. Ma non coglie il fatto che la semantica richiamante il "rosso" (non certo la "fiocina") entra in relazione col tramonto del sole. Infatti, rispetto ai Greci (ed ai Frigi) il personaggio che generò Medusa stava ai limiti occidentali dell'Oceano, nel luogo dove poi fiorì Atlantide, che poi non è altro che l’isola di Sardegna.


    SABA:

    Cognome già trattato in TS. È registrato in alcuni condaghes, che ne attestano l’origine antichissima. Pittau (CDS 208) lo fa ascendere al latino ecclesiastico Saba ovvero al sostantivo saba ‘sapa’ < latino sapa. Ma Pittau sbaglia. Anzitutto dovrebbe sospettare la presenza del cognome nei condaghes di Trullas e di Bonarcado, che ne attestano la più alta antichità, la quale è certamente preromana.
    In realtà questo termine, registrato nel Dizionario Fenicio come Ṣb’, è un nome proprio cartaginese-berbero ma l’origine è sicuramente fenicio-cananea. È riportato nientemeno che nella celebre Stele di Nora: infatti il nome di colui che dedicò la stele è Saba figlio di Milkaton. Il nome (che talora è un coronimo) è notissimo nel mondo ebraico, col significato primario di ‘nonno’ (אבּסַ) ed è citato in 1Re 10,1-10.13; 2Cr 9,1-9.12; Gb 1,15; Is 43,3; 45,14; Gn 10,7. La Regina di Saba è il personaggio più famoso legato a questo nome-coronimo. Anche in Israele ci fu il nome Sceba (Gn X 7; 1Cr 9 etc.); Vulgata Saba; è diffuso tra tutti gli Ebrei mediterranei (EBD).
    Occorre adesso trovare la base etimologica di questo nome. Al riguardo abbiamo l’akk. sābû ‘oste, fermentatore di birra’, da sabû(m) ‘produrre, fermentar birra’, che in sardo ha prodotto il suffisso -a dall’accus. accadico. La base dell’accadico è a sua volta il sumerico sab ‘giara per la fermentazione della birra’.


    SANNA:

    Riporto anzitutto quanto scritto da Emidio Di Felice (Dizionario dei cognomi italiani): «Cognome peculiare della Sardegna, diffuso con altissima frequenza specialmente a Cagliari e nel Campidano e nel Sassarese, derivato da un antico nome e soprannome f. e m. già documentato nei “Condaghi” medievali e rinascimentali: “donna Sanna del Monte”, “Josef Ludovico Sanna Notario”, ecc.), formato dal sardo sanna “zanna, dente grosso e sporgente”, esteso a denominare una persona dai denti anteriori molto sviluppati e sporgenti».
    Pittau (CDS 211) opera una variante: «1) corrisponde al nome pers. Osanna, Usanna “Osanna”, che è il nome biblico di due sante cristiane (Tagliavini II 163) (è documentato nei Condaghi di Silki 277, di Trullas e di Salvennor, nel Codice di Sorres e nel CDS II 44); 2) in subordine corrisponde anche al sost. sanna “zanna” che deriva dall’antico italiano sanna “zanna” (DES II 381)».
    Si può notare che il linguista italiano afferma essere Sanna d’origine sarda, il linguista sardo afferma essere Sanna d’origine italiana.
    Tramite il GDLI tentiamo di scampare dall’imbarazzo ma, ahimè, esso ci lascia nel dubbio circa l’etimologia di zanna con l’affermazione: “Forse dal longobardo *zan ‘dente’, da cui anche il tedesco Zahn, anche se non mancano difficoltà di ordine fonetico e morfologico”.
    A questo punto, poiché due linguisti italiani sembrano respingere dalla propria area l’origine prima di Sanna, dobbiamo convenire che il Pittau ha sbagliato l’approccio per eccesso di… “italianità” e che, essendo fortemente dubbia anche l’origine longobarda, sarebbe stato meglio esplorare meglio l’ambito sardo, per le opzioni ch’esso offre in fatto di antichità. È proprio l’universalità dell’espansione del lemma che lascia intendere la sua antichissima origine dall’area semitica.
    Il fatto che il cognome sia registrato nei condaghes lascia intuire che in Sardegna esso è approdato, a dir poco, coi Fenici, se non era già usato addirittura dagli Šardana. L’etimologia di Sanna sembra avere la base nell’accadico šinnu ‘dente’, aramaico šēn ‘dente’, ebraico šēn ‘dente, zanna’. Ma è valido pure l’etimo dal neo-assiro šamnu(m), accus. šamnam ‘olio fine, olio vergine d’oliva’.

    SASSU:

    Questo cognome manca nel Wagner ma c’è nel codice di S.Pietro di Sorres e nel CDS II 58/2, 60/1. Ciò è segno di alta antichità. Pittau (CDS) lo fa derivare dal sardo sassu ‘sabbione’ < lat. saxum. In realtà deriva dal bab. sassu ‘base, pavimento’. Va in ogni modo ricordato che Šašu erano chiamati nel Nuovo Regno egizio i nomadi del Sinai (1540-1070 a.e.v.), onde forse è da qui che deriva il cgn. sardo Sassu. In tal caso, avremmo una ulteriore prova, per via indiretta, del "ritorno degli Shardana" in terra sarda. Infatti la teoria che gli Shardana d'Egitto si fossero almeno mischiati agli Hyksos, prima che questi rifluissero verso il Sinai, ha parecchi sostenitori.

    SCARPA:

    Cognome che Pittau, manco a dirlo, ritiene derivi direttamente dall'italiano scarpa (il suggerimento è del Wagner). Ma intanto Pittau ricorda che il cognome è già presente nei condaghes di Silki e di Trullas come Iscarpa. Al che può dirsi, senza margine di errore, che tutti i cognomi registrati nelle carte medievali sarde non erano di genovesi nè di pisani ma proprio sardi, per il fatto che il Giudice o gli altri che intendevano registrare notarilmente alcuni fatti, fin a quando gli era consentito andavano a cercare i testimoni tra la propria gente, tra quelli che, vivendo nell'agro, avevano vissuto i fatti sui quali erano invitati a testimoniare nero-su-bianco. Peraltro pisani e genovesi, immigrati alla spicciolata a cominciare dalla seconda metà dell'XI secolo, sceglievano le proprie sedi nelle città o nei paesi costieri, non certo nelle aree interne, dalle quali provenivano invece tutti i cognomi registrati nei condaghes. I cognomi dei condaghes sono, al 100%, di origine antichissima. Infatti la base etimologica di Scarpa, Iscarpa è nell'akk. iṣu(m) 'albero, legname' + karpum 'chìcchera, tazza', col significato sintetico di ‘tazza lignea, tazza ricavata da un albero’. Questo nome fu l’equivalente dell’attuale sardo coppu, malùne etc., che sono le note tazze di sughero ritagliate direttamente da un bitorzolo del mastio della sughera. Ogni tazza, in età primitiva (in Sardegna ancora ieri) veniva ricavata dal legno (e la scarpa può essere assimilata ad una “chicchera”). Pure l’etimo di chìcchera ci dà informazioni in questo senso: deriva infatti dallo spagn. jicara, e questo da una parola azteca che indicava il guscio di un frutto.

    SETTE:

    Setti, Setzi, Setzu sono tutte varianti dello stesso cognome. Non così la pensa il Pittau, il quale li distingue ed ipotizza che Sette corrisponda al numerale sardo ed italiano setti, sette.
    La base etimologica di Sette (e dei suoi collegati) è invece l'akk. sītu(m), sētu(m), sittu 'proiezione, saliente (nelle mura cittadine, in una casa'. A meno che non derivi direttamente dall'accad. sebet 'sette', significato al quale pensa Pittau il quale però risale per esso soltanto al lat. septem anziché all’origine accadica. In alternativa all'etimo qui prodotto, Sette (e sue varianti) può avere come base l'egizio Sethi, nome di un faraone della XIX dinastia (1202-1196 a.e.v.).

    SODDU:

    Cognome che Pittau fa giustamente risalire al sostantivo soddu ‘soldo’ (antica moneta di basso valore), il quale deriva, secondo lui, dal latino sol(i)dus incrociatosi con follis ‘follaro’ (moneta bizantina).
    Per quanto l’origine del cognome sia proprio da sardo soddu (antica moneta di basso valore), la fonte dell’arcaico sostantivo sardo non è affatto il latino, per quanto le apparenze giochino a favore. Queste vanno chiarite per evidenziarne le stridenti contraddizioni. E allora cominciamo col dire che in latino (e poi in italiano) il termine sŏlidus> soldus> it. soldo ha avuto la storia seguente: inizialmente indicò il nǔmmum sŏlidum, che era una moneta imperiale d’oro massiccio, la prima zecca gli dava il valore di 25 dēnārĭi, più tardi quasi solo la metà (a sua volta il dēnārĭus era una moneta d’oro del valore di dieci aurei, poi fu anche una moneta d’argento che aumentò di valore fino a sedici asses, ossia quattro sextertii, un valore che è paragonabile alla Lira d’oro d’epoca fascista, ed al Dollaro d’oro della stessa epoca). Insomma, il valore del sŏlidum fu veramente notevole.
    Ma il destino delle unità di misura e di valore varia notevolmente secondo le epoche storiche. Sta di fatto che nel XIII secolo apparve in Italia il soldo, unità monetaria equivalente a 12 denari e alla ventesima parte della lira. Da quel momento la storia del termine sòldo prese contrastanti caratteristiche: andare al soldo ‘andare al servizio di qualcuno’; soldato ‘assoldato, stipendiato’; essere pieno di soldi ‘essere ricchissimo’; ma anche essere senza un soldo ‘essere poverissimo’; non valere un soldo ‘non valere nulla’; quattro soldi ‘poco denaro’; opera di quattro soldi ‘opera senza alcun valore’; alto come un soldo di cacio ‘piccolo di statura’ (poiché con un soldo si riceveva una fetta di formaggio dallo spessore veramente minimo).
    A ben vedere, la tradizione italiana subisce indubbiamente l’influsso latino, ma a sua volta subisce un altrettanto indubbio influsso mediterraneo che nel Medioevo riappare spesso, dal momento che la pesante ed esclusiva cappa della tradizione romana si era fortemente alleggerita a vantaggio delle antichissime parlate pre-romane. Ed è nelle parlate preromane fiorenti nel Mediterraneo che dobbiamo ricercare la vera etimologia del sostantivo sardo, quella del cognome sardo ma pure quella del significato arcaico che riaffiora nella Penisola.
    Soddu ha la base nell’accad. suddû ‘un sesto di un shekel’ (questo era l’unità di misura prevalente nel Vicino Oriente in epoca preromana ma pure in epoca romana).

    SORU:

    Soro cognome che Pittau mette a confronto con soru 'siero', nella pretesa, tipica della metodologia del Pittau, che la maggior parte dei cognomi sardi siano mere traslazioni dai nomi attuali delle cose ai nomi di persona. Così operando egli si preclude la cognizione dei processi cognominali quali storie diacroniche. Questo cognome, ad esempio, è già documentato nel condaghe di Silki 215 e in quello di Bonarcado 203, e ciò è spia del fatto che è antichissimo: infatti non è altro che un aggettivale di origine geografica: dall’assiro aššurû ‘Assiro’.
    La forma sarda *Assuru, *Assoru, col passare dei secoli fu vista per paronomasia come corruzione di soru (indebitamente modificato dalla protesi as-, frequentissima nei termini campidanesi comincianti in s-); quindi l'antico significato, non più compreso, venne modificato per la legge della paronomasia e parificato tout court a soru 'siero'. Mentre Soru significa ‘Assiro’, l’Assiro. In origine tale cognome dovette appartenere a uno dei tanti mercanti assiri che giravano per il Mediterraneo (sono notissimi quelli insediatisi in Cappadocia in epoca pre-ittita).
    Fatta giustizia dell’errata interpretazione del Pittau, tantomeno accetto l'ipotesi della Turchi (Lo sciamanesimo in Sardegna 206-7) di un'origine bizantina, collegata al fatto che, secondo lei, molti nuraghi dovevano essere delle cattedrali che tenevano in perenne esposizione la salma del re-ecista, elemento collante dell'identità tribale. Ma lasciamo il campo a lei: «È probabile che in tempi assai lontani siano approdate nell'isola popolazioni orientali alle quali si aggiunsero successivamente genti micenee, molto prima che i Fenici vi stabilissero le loro colonie. Quando dai nuraghi scomparvero le salme con i loro trofei, forse interrate in altri luoghi per tema di profanazione, la frequentazione della tomba-tempio dovette continuare ancora per secoli, se la nuova religione sentì l'esigenza di cristianizzare i nuraghi dando loro nomi di santi, benchè molti abbiano conservato il nome originario: Nuraghe Soro. Nel mondo greco-miceneo il termine sorós (σωρός) significa urna sepolcrale e molti nuraghi sono così denominati indicando chiaramente che quella costruzione era il luogo sacro dove si trovava la salma dell'antenato. Ne citiamo alcuni: Nuraghe Pedra 'e Soru (Ottana); Nuraghe Soro (Sorso); Nuraghe Soru (Gonnosnò); Nuraghe Soru (Curcuris); Nuraghe Soru (Figu); Nuraghe de Sorosi (Ollastra Simaxis); Nuraghe Soroene (Lodine); Nuraghe Sorolo (Bortigali); Nuraghe Soroeni (Lodè); Nuraghe Sorene (Silanus); Nuraghe Sorolo (Birori); Nuraghe Sorogana (Abbasanta); Nuraghe Sorolo (Aidomaggiore); Nuraghe Busoro (Sedilo); Nuraghe Asoro (San Vito)».
    A me non sembra proprio che i nomi di questi nuraghi indichino un'urna (per la cui trattazione rimando più appropriatamente al lemma Sorres). Essi hanno semplicemente i nomi (cognomi) degli antichi proprietari del luogo (Soru, Soro è un cognome pansardo); noto poi che alcuni nomi proposti dalla Turchi sono sbagliati: ad es. Sorolo di Bortigali e Birori (vedi al lemma Orolo); Asoru di S.Vito (vedi lemma Asoru); Sorogana di Abbasanta (composto dai cognomi Soro + Gana); Soroene di Lodine, che indica chiaramente sa ena 'e Soru 'la sorgente di (proprietà di) Soru'; nuraghe de Sorosi di Ollastra Simaxis, che indica una perdita del significato originario (infatti il de introduce un nome personale al genitivo ed il significato complessivo è 'nuraghe di Sorosi' mentre a sua volta Sorosi doveva avere la base nell'akk. šu rūšum 'il [nuraghe] rosso' a causa dei caratteristici licheni chiamati Auricellum). E così via.
    Vedi comunque il cognome Assòro, di cui Soru e Soro sono semplici varianti.

    VARGAS:

    Cognome che Pittau presenta come originario dalla Spagna, corrisp. al sost. varga ‘parte ripida di un pendio’ oppure ‘specie di grongo’. Questa posizione è pure di EBD che presenta il cgn ebr. sp. Varga, Verga ‘verga’. Ma intanto egli ha il dubbio che non sia dal berbero Argas ‘uomo’ (ebr. sp. Ergas, ebr. tun. Vergas).
    Ma è proprio l’attestazione di tali cognomi ebraici a far propendere per un’antichità che escluda la diretta origine iberica. A mio parere, Vargas è un cognome autonomo e antichissimo, radicato in tale forma in tutto il Mediterraneo, con base nell’accad. warḫu(m) ‘la Luna’.

    VÁRGIU, Bárgiu:

    Il cognome significa, letteralmente, ‘vario’. Per l’etimologia vediamo Campavaglio, toponimo dell'agro di Tempio Pausania, che indica un raggruppamento di stazzi e prende il nome dai pascoli arborati sparsi tutt’attorno, ricavati espiantando l’antica foresta. Il toponimo va diviso nel composto campo-vaglio (con successivo passaggio della -o ad -a, tipico della Gallura) ed è presente in altre aree della Sardegna. Confronta per tutti Campo bargios nel Supramonte di Urzuléi. Sardo campu è ritenuto di diretta origine latina < campus, il quale (giusto OCE II 359) ha il significato originario di ‘superficie piana, palmo della mano’, accad. kappum ‘palmo della mano’. Vagliu, bargiu< lat. varius ha la base etimologica nell’accad. barāwu (leggi barāmu) ‘essere variopinto’ (OCE II 605).

    Famiglia Saija:

    Antica famiglia siciliana, di chiara ed avita nobiltà, con residenza nella città di Messina, propagatasi, nel corso dei secoli, in diverse regioni d'Italia. L'origine di tal cognominizzazione, al dir di molti genealogisti, andrebbe ricercata nel nome arabo libanese "Saev" o, al dir di altri, nel nome slavo "Sajev"; entrambi, comunque, corruzioni del nome ebraico "Isaiah", probabilmente, appartenuto ad un, oggi ignoto, capostipite. Tal casato, inoltre, in ogni epoca, sempre riuscì a distinguersi, grazie agli elevati personaggi, a cui diede i natali.

    Cognome Facchinetti:

    Facchinetti oltre al nucleo principale tra le province di Milano, Bergamo, Brescia e Verona, ha un ceppo anche nel goriziano, dovrebbe derivare da forme ipocoristiche del nome italo germanico Faccus, ma molto più probabilmente è la cognominizzazione del sostantivo 'facchino' < latino medievale 'fakinum' che viene dall'arabo 'faqīh' = 'giureconsulto, teologo'. La sua degradazione semantica a 'portatore di pesi' sarebbe avvenuta nei secoli XIV-XV quando, in seguito alla grave crisi economica del mondo arabo-islamico, gli antichi funzionari furono costretti a dedicarsi al piccolo commercio di stoffe che essi stessi trasportavano a spalla di piazza in piazza.

    Famiglia Maccheroni:

    E' abbastanza sostenuta l’etimologia di origine araba “mu-karana” da cui “makruna“che significa appunto mettere in fila, dividere in strisce; considerando il fatto che gli arabi furono i primi a essicare la pasta per consentirne una lunga conservazione, confenzionando cilindretti di pasta forati che essicavano con facilità(documentato da un ricettario risalente addirittura al IX secolo)si comprende perchè sia così generale l’opinione di un origine araba-sicula del piatto.

    Famiglie Madaffari - Madafferi - Madaffaro -Madaffari:

    Madaffari, molto molto raro, è tipico dell'area reggino, messinese, Madafferi è estremamente raro ed è specifico del reggino, Madaffaro e Madoffari sembrerebbero unici, dovrebbero tutti derivare da variazioni del nome saraceno Mudaffar. (vedi Modafferi)

    Famiglie Maffi - Maffini - Maffucci - Maffuccio:

    Maffi è tipicamente lombardo e del piacentino, Maffini sembrerebbe specifico del piacentino e del vicino parmense, Maffucci ha un nucleo nell'avellinese e nelle aree vicine del foggiano, del napoletano e del salernitano, ha un ceppo nel romano ed uno nel pistoiese, Maffuccio, molto raro, è del romano, dovrebbero tutti derivare, direttamente o tramite ipocoristici, dal nome Maffo a sua volta derivato dal nome medioevale Maffia (vedi Maffia) tracce di queste cognominizzazioni le troviamo a Grosio (SO) nella seconda metà del 1400 con il Notaio Michele del Maffo ivi operante all'epoca.

    Famiglia Borghi (DeF. pag. 85):

    Ha alla base, come originari patronimici, i toponimi Borgo, Borghetto, Borgone, largamente rappresentati in tutta Italia. A Firenze, nel 1146, è già attestato sia come nome sia come etnico già in via di cognominizzazione: "Burnus,, filius Angelini de Burgo". Il termine si fa derivare dalla parola araba burg, "Torre" e "abitazione in pietra".

    Famiglia Tabascio:

    Tabascio è tipicamente siciliano, di Palermo, dovrebbe derivare da un soprannome basato sul termine arabo tabbahsc (cuoco soprattutto operante sulle imbarcazioni saracene), probabilmente ad indicare che quella fosse stata la professione del capostipite.

    Famiglia Faraci:

    Di origine siciliana della zona centro settentrionale dell'isola, dovrebbe derivare da un soprannome originato dal vocabolo arabo faragh (felice, contento).

    Famiglia Alfano:

    Derivato dall'arabo Al-fann (l'arte), e Al-fannan (l'artista o Asino selvatico) visto che su pagine bianche c'è lo stesso termine ma con differente significato. Secondo altri invece, esso prenderebbe direttamente il nome da quello di una specifica razza di cavalli arabi, chiamata appunto "Alfana".

    Famiglia Mossotto:

    Probabilmente derivato dall'arabo "Mas'ud" (felice).

    Famiglia Taricco:

    Deriva da alterazioni dialettali del nome Walter, Gualtiero in italiano, di origini germaniche il cui significato è "capo/guida dell'esercito", ma molto più probabilmente è la cognominizzazione del sostantivo di origine araba "Tariq" (strada).
    Il cognome Taricco è specifico del Piemonte, della provincia di Cuneo in particolare, con un ceppo presente anche nel torinese.

    Famiglia Ebram - Abrami - Abramo:

    Questi cognomi sono probabilmente di origine ebraica, Abram è tipico del trentino, mentre Abrami sembra essere specifico del bresciano, Abramo è siciliano, più propriamente della zona tra Messina e Catania, derivano tutti dal nome ebraico Abram presente sia nel mondo latino che nel greco, ad esempio leggiamo in un'ecloga del V° secolo a. C. :"...Limite iussusAbram patrio discedere Sarram...". Troviamo tracce di questo cognome già nel nel 1450 con un Jacobo de Abram da Bologna.

    Famiglia Zaffarana:

    Zaffarana è forma geminata del cognome Zafarana dal siciliano 'zafarana' = zafferano, dall'arabo "za'farān". Possibile anche una derivazione dal toponimo Zafferana Etnea che però è di fondazione piuttosto recente. Caracausi II 1726.

    Famiglia Zacà - Zaccà:

    Zacà è specifico del leccese, di Nardò e di Gallipoli, Zaccà, quasi unico, sembrerebbe del napoletano, dovrebbero derivare da forme alterate dialettali originate dal nome arabo Saqqah derivato dal termine che identifica chi fa il mestiere di trasportatore d'acqua.

    Famiglia Capone:

    il cognome Capone, come Caponnetto, sono anche siciliani (Catania, Milazzo, Pace del Mela) e come tali provengono dal vocabolo siciliano.capuni = cappone, gallo castrato. Cfr. G. Rohlfs, Dizionario storico dei cognomi nella Sicilia orientale, Centro di Studi Filologici e Linguistici, Palermo, 1984, p. 62.

    Secondo un altra analisi lingistica-etimologica, capone, non avrebbe solo il significato di "cappone" - grande gallo, ma anche di colui che impartisce gli ordini, di un "grosso capo", qualcuno di importante, da rispettare.



    Termine, questo, che richiama l'accadico qabûm "comandante": quindi, il famigerato criminale italoamericano Al Capone, portava un cognome, molto probabilmente con un origine etimologica semitica, se si pensa che "Al" è l'articolo determinativo arabo che corrisponde al nostro "il".

    Messi l'uno accanto all'altro, non differiscono poi di cosi tanto:

    Al Capone - Al Qabûm

    Famiglia Barnabo - Bernabò:

    Deriva dal greco Βαρναβας (Barnabas), a sua volta proveniente dall'aramaico la cui esatta etimologia non è chiara: potrebbe basarsi su בּר נביא (bar naviya' o bar-nabha) che significa "figlio del profeta" o "figlio della profezia". Negli Atti degli apostoli, 46, viene fornito invece come significato "figlio della consolazione" o "figlio dell'esortazione".

    Famiglia Mussolini:

    Giulio Cesare Pietra, ritenne derivare l'etimo del cognome Mussolini da mussolo, un tipo di tela-bambagia originaria della città Irachena di Mossul:

    Etimologia del cognome Calvo:

    Mentre un ipotesi punta su un origine sanscrita:



    L'altra ipotesi, quella di Semarano, rimanda ad una voce semitica:



    Mi sembra quella più probabile.

    Mentre il termine semitico , trova una certa comparazione etimologica con il anche se il significato originario cambia; ma questo dipende dall'evoluzione di taluno termine, e, soprattutto, dalla traslitterazione morfologica e terminologica (dal semitico al latino), che ci fu nel corso del tempo.

    Perché se l'origine terminologica e morfologica originaria, nel corso del tempo cambia e muta, di conseguenza tenderà a cambiare e mutare anche il suo significato originario.

    Famiglia Caruso:

    Famiglia piacentina secondo il Crescenzi; napolitano secondo riferisce Mugnos ed accredita Inveges; originata da un cavaliere Pier Fortugno ai servigi dell'imperatore Federico II circa il 1226 nella presa d'assedio della città di Nocera, per la quale astutamente si tosò il capo e quindi detto Cavalier Caruso ciò diede occasione al nome ed all'arme.
    Da Napoli i suoi posteri due volte passarono in Sicilia. Prima per un Giovanni Caruso a servigi di rè Federico II di cui fu segretario e consigliere, essendo anche stato eletto promotore dell'ufficio di notaro, della di cui importanza il detto Mugnos molto ragiona. Sotto rè Martino acquistò nel 1397 il feudo di Comitini, e nel 1399 il territorio del Granato. Nel secondo passaggio primo ceppo fu un Antonello Caruso gentiluomo napolitano sotto lo stesso rè Martino. Del resto sappiamo che detta famiglia si estese in Noto, Palermo, Catania e Lentini; però la palermitana proviene dalla notigiana e propriamente dal detto ceppo Antonello, come appare da un documento viceregio del 1690. Si sa che costui fu maestro razionale del regno e possedette la terra e baronia di Spaccaforno, ed i feudi de' Pulci, Lungarino e Burgillusi. Indi i suoi posteri possedettero i feudi di Rigalmedici, Librici, s. Lorenzo, Bucchio, Ragalmaida e Lanti, come dal Capibrevium. Un Placido Caruso fu senatore e quattro volte capitan d'arme. La famiglia finalmente si estinse in quella de' Statella, ove passarono titoli e feudi.

    L'etimologia di tale cognome è al quanto incerta, tant'è che esistono differenti ipotesi.

    Il dizionario Treccani da l'etimologia più comune:

    caruṡo s. m. [propr. carusu, in origine «tosato»: forse lat. cariosus «cariato», poi «liscio, calvo»]. – Voce merid. che significa ragazzo; in Sicilia, il garzone salariato fisso, per lo più ragazzo, occupato specialmente per la custodia di animali, in lavori agricoli, nelle miniere di zolfo, ecc.: i c. buttano giù il carico dalle spalle peste e scorticate (Pirandello).

    L'arabo (c)arùs, significa "fidanzata", "giovane", e giovane è sinonimo di ragazzo, in riferimento alla spiegazione che ne da la Treccani.
    (Gli arabismi nelle lingue neolatine, Paideia, Brescia 1972)

    Ma caruso potrebbe anche essere una derivazione morfologica di caro (nel senso di qualcosa di valore, oppure che è oggetto di amore) Ricerca | Garzanti Linguistica

    E sul termine "Caro" penso ci si dovrebbe soffermare.

    La prima etimologia di tale termine è la seguente, ove si trovano i soliti richiami al sanscrito:

    Mentre la seconda è quella che ne da Semerano, facendo derivare il termine latino "Carus" da radici semitiche

    Famiglia Effrem

    Araldica:

    E' questo, come già detto, un ramo della precedente famiglia originato da Giovan Antonio, patrizio di Trani, che sulla fine del cinquecento stabilì a Foggia la sua dimora. Un suo discendente, Girolamo, da Foggia si trapiantò verso il 1700 a Bari, ove sposò Anna Teresa Effrem, ultima di tal nobile casato di origine greca, che perciò fu da allora aggiunto al proprio. AI de A. Effrem ottennero nel 1749 l'aggregazione al patriziato di Bari, nel 1797 il titolo di marchese di Torre Ruggiero, e nel 1804 l'ascrizione al Reg. Piazze Chiuse nella persona di Geronimo.

    Origine etimologica:

    Da Wikipedia

    1) Continua il nome ebraico אֶפְרָיִם ('Efrayim), derivato da parah ("era fruttifero"), e vuol dire quindi "fruttifero", "che porta frutto", "che cresce"; ha pertanto significato analogo a quello dei nomi Policarpo, Eustachio e Fruttuoso. In alcuni casi, il nome veniva "tradotto" in latino usando il nome Crescenzo.

    Nella Bibbia Efraim era uno dei figli di Giuseppe, fondatore dell'omonima tribù.

    Edited by CISALPINO - 19/1/2023, 14:32
     
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    Famiglia Sciascia

    Araldica:

    Della famiglia Sciascia il Nobiliario di Sicilia riporta quanto segue: «Si vuole originaria di Spagna. Un Pietro, da Nicosia, fu secreto di Castelluzzo; un Antonino, a 12 febbraio 1773 insieme con la moglie Girolama Rao, ottenne in seguito alle fatte prove di nobiltà di essere iscritto nella nota per gli inviti a Corte, e, con privilegio dato a 7 dicembre 1773, ottenne il titolo di barone di San Carlo; un Salvatore fu giurato nobile in Siracusa nel 1805-6; un Giovanni Xaxa e Rao, del barone Antonino, con privilegio dato a 10 ottobre esecutoriato a 21 ottobre 1811, venne nominato regio tumoliere di Palermo, Val di Mazzara e suoi caricatori; un Giuseppe tenne la carica di senatore nella città di Palermo negli anni 1824-25-26. Arma: d’azzurro, alla croce d’oro, piantata sul monte di tre cime dello stesso, nodrito sul terreno al naturale, addestrato da un albero di cipresso e sinistrato da un albero di palma al naturale, accompagnato nel capo da tre gigli d’oro, allineati in fascia.».

    Origine etimologica:

    Sciascia deriva dalla forma familiare di Rosaria (m. Rosario) risale al latino rosarium, corona di rose, simbolo della preghiera dell'Ave Maria, tipico in Sicilia; da non confondere con il toponimo Sciacca che deriva dall'arabo Xacca che poi si trasformò nell'odierna Sciacca, da non confondere nemmeno con l'aramaico "shoshana" (Susanna), in quanto la radice è totalmente diversa "shshn", mentre Sciascia deriva dall'arabo Xaxa.

    Famiglia Craxi:

    Craxi è un cognome di origine siciliana la cui pronuncia originaria è /ˈkraʃʃi/; sono tuttavia noti come /ˈkraksi/, tra gli altri, i politici italiani sotto elencati. Una variante dello stesso cognome è Craxì (/kraʃˈʃi/ o /krakˈsi/). Esistono anche le varianti grafiche Crasci e Crascì, che mantengono saldamente la pronuncia originaria /-ʃʃ-/ (IPA).

    Il noto giornalista e studioso di antroponimia siciliano Bent Parodi ipotizza un'origine del cognome Craxi dal neogreco κρασί (krasí, cioè vino), in virtù dei legami tra i centri dei Nebrodi messinesi e la cultura greca e bizantina. L'area d'origine del cognome è infatti tra Tortorici e San Salvatore di Fitalia, sui Monti Nebrodi, in provincia di Messina: nel primo comune è più presente la forma Craxi, nel secondo quella Craxì (famiglia nobile che governò a lungo San Salvatore di Fitalia alternandosi con i Musarra). I politici con questo cognome discendono da un ramo dei Craxi stabilitosi successivamente a San Fratello, dove si parla un dialetto alto italiano, sempre sui Nebrodi Messinesi.

    È possibile anche la derivazione dal latino Crassum, con il quale i romani indicavano l'esattore delle imposte. Le varianti siciliane dovrebbero essere Crasci, Crascì, Grassia, Ingrascì, Ingrassia, Grasso.

    Nel dizionario latino-italiano crassum dignifica:

    1 grosso, denso, fitto, spesso
    2 grasso
    3 (in senso figurato) grossolano, ottuso

    Legato al latino Crassus; tale termine, stando al dizionario etimologico di Semerano, rimanda ad una radice accadica

    Famiglia Camuffi - Camuffo:

    Camuffi è quasi unico, Camuffo è tipico del veneziano, con un piccolo ceppo anche nel goriziano, potrebbe derivare da un soprannome originato dal termine italiano arcaico camuffo (gioco d'azzardo, fazzoletto o foulard usabile per coprire il volto, travestimento, maschera), ma non si può escludere anche una possibile derivazione dal nome ebraico Hamoth, le origini di questa cognominizzazione
    sembrerebbero candiote (cretesi), proprio a Candia, l'attuale Creta, porto veneziano, agli inizi del 1400 fiorente centro commerciale veneziano nel mar Egeo, con la caduta dell'Impero Romano d'Oriente, Costantinopoli, l'attuale Istanbul, fu preda dei saraceni e molti candioti si rifugiarono a Venezia e Chioggia per sfuggire alle persecuzioni operate dai turchi sui cristiani, tra questi anche i Camuffo che, giunti a Mestre, continuarono la loro opera di costruttori di ogni sorta di imbarcazione, impresa che continua tuttora.

    Famiglia Magazu - Magazù - Magazzù:

    L'origine di questi cognomi è abbastanza dubbia, si possono formulare due ipotesi, che comunque transitano dalla Francia, facendo quindi ipotizzare un'origine normanna, dall'uso francese proverrebbe la caratteristica accentazione sull'ultima vocale, la prima ipotesi propone una derivazione dal nome medioevale Magatius, di cui abbiamo un esempio con Magatius Raban, celebre teologo germanico
    dell'ottavo secolo, la seconda ipotesi propone una derivazione dal nome arabo Mazouz (il prediletto) con l'inserimento della sillaba epentetica ga.

    Famiglia Macchi:

    Macchi sembra specifico del varesotto e novarese, con un ceppo nel pisano ed uno, forse secondario nel bolognese, Macco è estremamente raro e sembra più antico del precedente, parrebbe del novarese, dovrebbero entrambi derivare dal nomen latino Maccus (nel teatro di Plauto era la maschera del ghiottone stolto) e lo stesso Plauto aveva come nomi Titus Maccus Plautus, un'altra ipotesi li fa derivare dal celtico makos (bosco), in alcuni casi possono discendere dall'aferesi di nomi medioevali come Burlamacco.

    Il dizionario etimologico di Semerano fa derivare il nome latino "Maccus", da voci semitiche

    Famiglia Saccà - Saccaro:

    Saccà è tipico della Sicilia orientale e del reggino, Saccaro è tipico della Sicilia occidentale. Dovrebbero derivare dal termine dialettale di derivazione araba saccaru (saqqah), che identifica chi fa il mestiere di trasportatore d'acqua.

    Famiglia Amari:

    La storia della famiglia Amari, di origina araba, è strettamente collegata alla storia del territorio. I primi documenti che riportano la presenza degli Amari in Sicilia risalgono al IX secolo quando gli arabi sbarcarono a Capo Granitola, vicino Mazara del Vallo e a pochi chilometri da Selinunte. La stessa Castellamare del Golfo, vicino Erice e alla riserva naturale dello Zingaro, viene indicata nella antiche carte geografiche come X Amar, il castrum-l'accampamento della tribù Amar.

    Michele Amari, grande arabista, senatore del regno e primo ministro della Pubblica Istruzione dopo l'Unità d'Italia, racconta nella Storia dei Musulmani in Sicilia e nel Dizionario arabo siculo come questi guerrieri combattessero con un ghepardo accovacciato sulla sella.

    Lo stemma, una sirena al naturale sormontata da una stella d'oro, sottolinea ancora una volta l'origine araba della famiglia: le sirene infatti erano considerate, in araldica, come soggetti “mostruosi” lontano dal contesto del tempo e, dunque, per traslazione questo emblema venne adottato per indicare le famiglie convertite e che comunque venivano da terre lontane.

    Gli Amari sono presenti a Castelvetrano almeno dal XVI secolo come testimoniano numerosi documenti presenti negli archivi locali: un Filippo Amari è stato a capo del collegio dei gesuiti, nel XVII secolo un Michele Amari era capitano di giustizia ai tempi della visita di Goethe a Castelvetrano, mentre suo nipote Don Domenico è stato sindaco di Castelvetrano ai tempi dei Borboni, prima dell'Unità d'Italia.

    Famiglia Sciorto - Sciortino:

    Sciortino è tipico della Sicilia occidentale, così come il quasi unico catanese Sciorto, dovrebbero derivare dal vocabolo arabo shurtih (sentinella), tracce di queste cognomninizzazioni le troviamo a Castelvetrano (TP) fin dal 1700 con il notaio Giuseppe Sciortino.

    integrazioni fornite da Giovanni Vezzelli
    Sciortino è cognome siciliano anche se registra una cospicua presenza al Nord. Viene dall'arabo 'surti' = poliziotto. C'è anche un toponimo Sciortino, frazione di Tortorici (Messina).

    Famiglia Assante:

    Antica ed assai nobile famiglia di Napoli, ove ebbe il titolo comitale e fu ascritta al sedile Nilo, d'Ischia e di Gallipoli, detta Assanti o Assante, di chiara ed avita virtù, propagatasi, nel corso dei secoli, in diverse regioni d'Italia. La chiara nobiltà della famiglia risulta confermata dalla sua presenza nella pregevole opera "Teatro della nobiltà del mondo del sig. dottore don Filadelfo Mugnos", a cura di Filadelfo Mugnos. L'origine di tal cognominizzazione, al dir di autorevoli genealogisti, andrebbe ricercata in una latinizzazione del nome arabo "Hassan"...

    Famiglia Blasi - Blasio - Blaso:

    Blasi è un cognome distribuito in tutt'Italia, ma prevalentemente al centro sud, Blasio è più tipicamente campano, del napoletano e del salernitano, Blaso, estremamente raro, parrebbe avere un ceppo nel beneventano e forse uno nel barese, hanno tutti origine, dal nome latino Blasus o dal prenome Blaesus (con il significato di balbuziente).

    Semerano fa derivare il prenome latino Blaesus da voci semitiche

    Famiglia Taffuri - Tafuri - Tafuro:

    Abbastanza raro è tipico del casertano Taffuri, più diffuso in tutta la Campania con un ceppo anche nel Salento Tafuri, con un nucleo nel napoletano ed uno nella penisola salentina Tafuro, dovrebbero derivare dal nome medioevale di origine araba Tafurus (il famoso Putifarre biblico), di cui si hanno tracce in un atto del 1100: "...Martinus Tafurus de Goiono iuratus testatur terram, unde lis est, fuisse Acerbi de Pospenzo, quia istemet testis laboravit cum ..."

    integrazioni fornite da Giovanni Vezzelli

    Tafuri è frequente nella Sicilia orientale anche nella forma Tafuro, così come in Calabria (CO, CZ), nel Napoletano e nel Salento. Un Tafuri in provincia di Cosenza è testimoniato nell'anno 1269. Di origine araba: taifuri = scodellaio (Pellegrini 339) Cfr. G. Rohlfs: Dizionario storico dei cognomi nella Sicilia orientale, Centro di studi filologici e linguistici siciliani, Palermo, 1984, p. 183

    integrazioni fornite da Onofrio Milella Tafuri

    I Tafuri sono presenti nel Salento già nel 1100 e da quell'epoca si sono distinti nei secoli come nobili in tutti e tre i rami esistenti in questo territorio. Vedi Matteo Tafuri da Soleto e diplomi di Magnificus di Terra d'Otranto risalenti al periodo normanno per arrivare a titoli di nobiltà più recenti come Conti di S. Agata, baroni di Pompignano, Salignano - Li Stoppelli e Mollone; diversi cavalierati e privilegi in tutta la provincia; più volte sindaci per ceto nobile; I rami su citati sono Lecce - Galatone, Gallipoli - Nardo, Soleto.

    Famiglia Busalacchi:

    Busalacchi è tipico di Palermo, potrebbe derivare dal nome della località libica Sidi Bu Salah nei pressi di Bengasi.

    ipotesi suggerita da Carlo Barbieri

    il cognome potrebbe derivare dall'arabo Abu Salah o Bu Salah.

    Famiglia Burrafato:

    Burrafato (variante Burrafati) è un cognome di origine araba, proveniente dal termine BŪ RAHĀDAH, che si traduce con “padre delicato”: probabilmente riferito al capostipite “affettuoso e delicato” (verso i figli e la famiglia). Burrafato è frequente nel ragusano (Comiso, Vittoria, Ragusa, Chiaramonte Gulfi, Modica, Santa Croce Camerina, Pozzallo), nel palermitano (Valledolmo, Palermo, Termini Imerese, Monreale, Trabia), nel messinese (Messina, Caronia), nel catanese (Acicastello), nel trapanese (Castelvetrano), nel nisseno (Marianopoli), nell’ennese (Nicosia); è raro nel resto d’Italia con sparute presenze in Lombardia, Liguria, Piemonte, Emilia-Romagna, Toscana, Veneto.

    Famiglia Taricone - Tarricone:

    Taricone sembra essere specifico di Trasacco nell'aquilano, Tarricone è specifico di Corato nel barese, con un ceppo anche nel foggiano a Cerignola e nel leccese a Nardò, potrebbero derivare da forme accrescitive del soprannome derivato dal tarì (vedi TARI'), forse intendendo che il capostipite era molto ricco o molto spendaccione.

    integrazioni fornite da Giovanni Vezzelli:

    Oltre alla fondata ipotesi di derivazione da 'tarì', se ne potrebbero formulare altre:
    1) cognominizzazione del latino 'tarracon(en)sis' = abitante di Tarragona, città della Spagna, divenuto poi soprannome Tarricòne;
    2) derivazione dal termine dialettale calabrese 'tarricone' = ceppaia;
    3) dal toponimo Tarricone (BA);
    4) dalla radice araba "tariq" = chi arriva durante la notte.

    Famiglia Mogavero - Mugavero:

    Mogavero ha un ceppo a Salerno e nel salernitano, uno in Puglia a Salice Salentino e nel leccese ed uno in Sicilia nel palermitano a Isnello, Castelbuono, Palermo, Collesano e Cerda ed a Ramacca nel catanese, Mugavero è decisamente siciliano, dell'area che comprende il basso messinese, il catanese, l'ennese ed il nisseno, dovrebbero derivare dal termine medioevale di origine spagnola mugavero (soldato catalano armato alla leggera sia a cavallo che di fanteria), derivato a sua volta dall'arabo mogavir (combattente bellicoso, depredatore, corrispondente al moderno incursore), un ipotesi alternativa è che potrebbe trattarsi di una modificazione del nome arabo Mozaffar (vittorioso), a Monopoli troviamo tracce di queste cognominizzazioni nel 1616 in un atto di vendita dove la parte cedente è un certo Giovanni Bernardino Mogavero, a Pontecagnano, nella seconda metà del 1700 esistono diverse famiglie Mogavero.

    Famiglia Gariffo:

    Gariffo è tipicamente siciliano, specifico di Palermo e di Corleone nel palermitano, dovrebbe derivare da un soprannome basato sul termine arabo harif (pioggia autunnale) forse attribuito come nome al capostipite nato in quel periodo.

    Famiglia Farruggia - Farruggio - Farrugia:

    Tutti tipici della Sicilia, dell'agrigentino in particolaresono di origine maltese e dovrebbero derivare da un soprannome originato dal vocabolo arabo farrug o farrudja (pollastro), troviamo tracce di questa cognominizzazione a Malta nel 1400 in un atto: "...Nos Manfreddus Axach Judex annalis curie Civilis Civitatis Maltae Laurentius Farrugius Civitatis et Insularum Maltae et Gaudisii et Reginalis Cammare publicus notarius et testes subscripti..:".

    integrazioni fornite da Giovanni Vezzelli:

    Farruggio è un'altra forma del cognome siciliano Ferruggia che viene dalla voce calabrese 'ferrùggia' = ferula (n.d.r. Bacchetta usata un tempo per castigare gli scolari).

    Famiglia Gareffa - Gareffi - Garreffa - Garreffi:

    Gareffa estremamente raro, sicuramente calabrese del reggino, ha una presenza anche nel cosentino, dovrebbe trattarsi di un'errata trascrizione del cognome Garreffa, che è tipicamente calabrese, con un ceppo nel reggino, a Locri, Molochio, Bovalino, Benestare, Gerace, Taurianova, Platì ed Antonima ed un piccolo ceppo anche a Praia a Mare nel cosentino, Gareffi e Garreffi, praticamente unici, dovrebbere essere una forma alterata del precedente, dovrebbero derivare dall'italianizzazione del nome biblico Hareph, della tribù di Giuda e figlio di Caleb, nome che significa inverno, secondo un'altra ipotesi deriverebbero invece da soprannomi basati sul vocabolo dialettale calabrese garrifa (avena selvatica).

    Famiglia Tullio:

    Tullio è tipico del Lazio, in particolare del frusinate, deriva dal cognomen latino Tullius.
    Secondo il filologo Semerano il latino Tullius deriverebbe da antiche voci semitiche:

    Famiglia Salvini

    Araldica:

    Sull'esordire del primo secolo dell'era volgare alcuni nobili tortonesi, nelle vicinanze del Po, fecero costruire una villa che denominano Copara, la quale sul declinare dei secolo XII esisteva ancora, ed ora molto popolata, e venne poscia corrosa dal Po. Quasi nello stesso tempo alcune famiglie romane stabilite in Tortona, fra cui quelle dei Balbi, Salvini, Carbone, Forte e Lupi, fecero costruire un villaggio non molto distante dalla città, fuori della porta urbana, chiamata del Leone, il quale villaggio da' suoi fondatori venne chiamato Villa Romagnano.

    Etimologia e altre probabili origini:

    Etimologicamente “salvus” ha come base la voce sscr “sarvas” analoga al persiano “harvas”(tutto, intero). Alcuni esperti tra cui il Curtius lo collega al got. “selas-sollus”(buono, valente, sereno).

    Mentre il filologo Semerano rintraccia antiche voci semitiche nel termine latino "Salvus"

    Dal nome latino Salvus che come gli analoghi Salvius e Salvianus ha il significato letterale di salvo e com’è di immediata deduzione ha un evidente valore augurale di stampo religioso nel senso di “salvo in Dio”,infatti il nome ed il cognome si diffusero inizialmente negli ambienti della prima cristianità Altri ceppi ,sempre con alla base una valenza di fede ,potrebbero essere nati da un abbreviazione del nome Salvatore (colui che salva).

    Alcuni studiosi non escludono che alcuni ceppi in primis la versione Salvia possa avere un collegamento con la gens Salvia, antica famiglia romana abbastanza diffusa in molte regioni italiche: dall'Apulia alla Gallia Cisalpina e anche nel Piceno, ad Asculum, Falerio Picenus e soprattutto a Urbs Salvia.

    Nell’italia meridionale Salvia potrebbe anche essere un toponimo di Salvia che, fino al 1879, era il nome con cui veniva chamata l’attuale Savoia di Lucania, piccolo comune di all’incirca 1100 abitanti in provincia di Potenza. Il nome originario per alcuni deriva dal latino “Saulia” abbreviazione di sauleia cioè luogo coltivato a salici. Più probabile l’altra ipotesi di una derivazione dal termine salvia, la nota pianta aromatica che in questa zona ha grande diffusione spontanea.

    Famiglia Melone - Meloni

    Araldica:

    Il comunque Meloni è uno dei più antichi cognomi sardi, fa parte di quelle famiglie che dal 1250 al 1500 avevano l’autorizzazione a svolgere traffici e commerci nel territorio della Repubblica di Genova. Una delle famiglie più note in Sardegna fu quella di Santu Lussurgiu (documentata dal XVII secolo) possessori di un notevole patrimonio immobiliare diviso in vari rami Capostipite fu un certo Diego Meloni (nato in Catalogna ma originario come nonno della Sardegna) Altro ceppo illustre ed antico in Sardegna fu quello dei Melone di Sassari, il cui capostipite fu Pietro Melone che visse nel XIV secolo, personaggio ricco e potente sempre in alleanza con i Sovrani Aragonesi.

    Etimologia:

    L’origine è ovviamente legata al frutto del melone dal tardo latino “melonis“, probabile accrescitivo di mela dal latino “malum“corrispettivo del greco “melos” e dorico”malon“(pomo, frutto) che secondo molti esperti potrebbe avere un collegamento diretto alla radice “mal”( molle, morbido, dolce) che sta alla base di termini dalla valenza analoga come “malva, miele, molle”.

    Ipotesi faziosa a filo Indo "europea-europea":

    Molti studiosi sono concordi nel ritenere “mal” una variazione della più antica radice sscr”mar” da cui “mr-d-nati”(poi variato in “mal-anam“) col significato di “tritare” che nel tempo ha poi assunto anche quello di “ridurre in polvere” e di “ammorbidire-rendere molle” Ma altra voce sscr derivata dalla radice “mar” è “mrd-ati” che ha il significato più lato di cosa che da piacere, che allieta, collegata all’altra voce sscr “madhu“(miele, bevanda piacevole) che si confronta col greco “methy“(idromele) in assonanza con “malakos“(molle, tenero) e “meilichos“(blando, dolce e al gotico “malvian“(pestare) latino “mollis” (molle) e “mel“(miele) e a tante altre voci indo-europeee analoghe(Fonte: etimo.it)

    Stando agli studi di Semerano, il termine latino "Malum" richiamerebbe antiche voci semitiche
    Ipotesi, quest'ultima, di gran lunga molto più verosimile.

    Per altri studiosi il lemma melone sarebbe una abbreviazione forse prima verbale e poi trascrittiva, di “melopepo-onis” formato dall’unione del greco “melon“(mela) è “popon-onos“(un altro modo soprattutto toscano di chiamare il melone) Questa ipotesi non è però documentata e poco sostenuta dalla maggioranza degli esperti.

    Famiglia Maroni:

    Araldica:

    Di questa famiglia fu Christofaro Marone, fatto cardinale da Bonifacio IX nel 1389, fu di tanta autorità, che fu eletto arbitro tra detto Papa Bonifacio e Paolo Savello sopra le terre Aspra, Cignano, Zarano, Montebuono e le Rocchette. Il Deposito di questo Cardinale era in S. Pietro vecchio, vicino alla Cappella di S. Tomaso. Ludovico Monaldeschi, nel Diario sotto l'anno 1337, num. 7, così dice: "..piglia mogliera Antonio de Maroni avvocato alli Tribunali di justizia molto sapiente..". Anton de Petris, nel Diario sotto li 23 Dicembre 1409, dice: Muorì Nicolò de Maroni, il che nota, come Persona principale.

    Etimologia:

    Potrebbe derivare dal nome Marone, a sua volta derivato dal cognomen latino Maro - Maronis (portato dal poeta Virgilio), tratto dall'etrusco maru, un titolo di magistrati o alti sacerdoti. Mentre nell'Odissea, Marone (greco Μάρων), è il sacerdote di Apollo che dona ad Ulisse dodici anfore di vino inebriante.

    Ma il termine latino Maronis, a sua volta derivato dall'estusco "maru", secondo Semerano deriverebbero sempre da voci semitiche:

    maro
    maro2

    Varianti in altre lingue:

    Arabo: مارون (Maron, Maroun)
    Greco antico: Μάρων (Maron)
    Latino: Maro, Marone - Maronis

    Famiglia Morra - Murra:

    Araldica tradizionalista:

    Erano originari dell'Irpinia; la tradizione li riteneva una stirpe militaristica di discendenza Gota; nel XII secolo Giacomo I e il fratello Giovanni furono i capostipiti delle famiglie Morra e Sanseverino. Possedettero feudi dai tempi del sovrano di Sicilia Ruggero II, nel 1187 un esponente di questa progenie, Alberto Morra salì al soglio Pontificio con il nome di Gregorio VIII. Altri membri della famiglia ricoprirono cariche ecclesiastiche: un Pietro fu nominato cardinale nel 1198; Dioniso ebbe anch'egli la porpora; Lucio, cappellano del re Filippo III di Spagna e arcivescovo di Otranto, fu nunzio apostolico nelle Fiandre per volere di Paolo V e Giovanni Battista fu vescovo della diocesi di Isola nel 1645. Giovanni ed Enrico ricoprirono cariche amministrative al servizio dell'imperatore Federico II di
    Hohenstaufen, mentre nel XVI secolo, Scipione Morra, fratello gemello della poetessa Isabella, fu segretario della regina di Francia Caterina dei Medici.

    Visto che pensavo fosse un cognome molto più antico e originario dai territori arabici della saharasia, a tal riguardo ho trovato questo scritto:

    Cercando nei libri tedeschi il nome di Jacob de Morra Dichter (Giacomo de Morra poeta) in uno dei libri digitalizzati da Google, ho trovato questa curiosità sul nome Morra, si è aperta la seguente pagina in tedesco:

    Il libro è intitolato:

    Bücher bei Google Play

    Anleitung zur Kenntniß der allgemeinen Welt- und Völker-Geschichte

    : für Studirende. Bis auf die Theilung der Carolingischen Monarchie. 2

    Christian Daniel Beck
    Weidmann, 1788 - 728 Seiten
    GUIDA ALLA CONOSCENZA UNIVERSALE DEL MONDO E DEI POPOLI
    STORIA: Per studenti. Fino alla divisione della monarchia Carolingia
    di Christian Daniel Beck

    Moallakah – ed.
    1. 1. Reitke, L. B. 1742., 4. und
    Ss 4 deffen
    dessen prologus dazu, p. 14. ff. Amralkeis Moallakah an Caab ben Zoheir Carmen panegyr. in laudem Mahomedis, ed. G.
    I. Lette, L. B. 1748. 8. The Moallakat, or feven Arabian Poëms, which were fuspended on the temple at Mecca, with a translation and arguments.By Will. Jones Lond. 1783. 4. Notiz der arabischen Dichter, in: Tbograi sogenanntes lommisches Gedicht aus demArabischen übersetzt von Reiske, nebst einem Entwurfe der arab. Dichterey, Friedrichsst. 1756. 4. - Auch mit der Geschichte, Genealogie, Astronomie, Astrologie, Architektur befchäftigten fich die ältern Araber. – Ihre Sprache hatte zwey Hauptdialekte, den Hemjaritischen (im glücklichen Arabien) und den Koraischischen (bey den westlichen Arabern). Letzterer machte durch den Koran fein Glück. (J. G. Eichborn über die verschiedenen Mundarten der arab. Sprache, an Richardfons Abh. über Sprachen, Litteratur und Gebräuche morgenVölker Leipz. 1779. 8) Auch die Schreibkunst war ihnen bekannt. Die älteste Schriftart, die der Hemiariten. Mosmad. Baschar fürte die kurz vor Muhamed von Moramer Ibn Morra erfundene Schrift in Mecca ein, die nachher die Cussibe genannt wurde. einige Jahrh. nach Muhamed bedienten die Araber sich nach Karmatischen Schrifthart. Ums J. 935. hat IbnMokla eine neue Schrift eingeführt, die 100 J. später vervollkommnet wurde, die Meschi-Schrift. C. G. von Murr Journal zur Kunstgesch. und Litter. X, 353. ff


    Come voi vedete in questo capitolo c'è la parola "Ibn Morra" che io ho marcato in blu.

    Ibn è una parte dei nomi arabi che significa "Figlio di..", è insomma quello che noi chiamiamo "cognome".
    "In arabo il sostantivo maschile ibn e quello femminile bint (abbreviabile convenzionalmente in "bt.") significano quindi rispettivamente "figlio" e "figlia".
    In questo capitolo si parla dell'introduzione nel mondo arabo di un tipo di caratteri per la scrittura, e senza tradurre tutto l'articolo dove si spiega che gli arabi s'interessavano già nell'antichità di Architettura, Letteratura, ecc. si spiega che un certo Moramer di cognome Morra aveva inventato in Mecca un nuovi tipo di scrittura che era stato introdotto poco prima di Maometto nella Mecca da Mosmad Baschar. Quindi questo cognome Morra è citato prima della venuta di Maometto nell'anno 570.


    Per quanto riguarda il cognome Murra, I Banū Murra b. ʿAwf (in arabo: بنو مرة ﺑﻦ ﻋﻮﻑ‎) furono una tribù araba (o un clan) che, ai tempi di Maometto, faceva parte della grande confederazione tribale dei Banu Ghatafan, dei Dhubyān, dei Muḍar e dei Qays Aylān del Najd, a NO di Yathrib (poi Medina).

    Etimologia: dal lat. mŭrra(m), di origine orientale.

    Famiglia Marra

    Araldica tradizionalista legata alla famiglia nobile Della Marra:

    La casata dei della Marra (originariamente, in francese antico, De la Mare), di origine normanna, era una antica famiglia patrizia di Napoli e Ravello.
    La nobile famiglia normanna De la Mare ebbe il luogo di origine a Sainte-Opportune-la-Mare (Normandia, Francia) nel X secolo, ma diede origine a diversi rami di nobiltà in Francia, in Inghilterra (Lamare, Delamare, De la Mare), in Italia (Della Marra).
    Nel 1140 Roberto Della Marra, potente Barone del regno di Napoli sotto Ruggero II di Sicilia (1130-1154), estese i suoi possedimenti partendo da Barletta, dove si era stabilito, fino a Messina, Ravello e Napoli. La famiglia fu iscritta nel Sedile di Capuana di Napoli.

    Ipotesi etimologica fatta dalla Treccani:

    marra1 s. f. [lat. marra, voce di origine semitica; cfr. accado marru «zappa»]. – 1. Strumento agricolo, simile a una piccola zappa con ferro triangolare, col quale si lavora il terreno alla superficie: giri Fortuna la sua rota Come le piace, e ’l villan la sua m. (Dante); ribatte Le porche con sua m. paziente (Pascoli). 2. Strumento, simile al precedente, con il quale i manovali rimescolano la calcina. 3. Nell’attrezzatura navale, la parte terminale dei bracci a uncino, fissi o mobili, delle ancore, destinata a mordere il fondo per farvi presa: è formata da un ingrossamento (patta) che, conformato a punta di freccia o di lancia, culmina generalmente con una sporgenza (unghia); per estens., è così chiamato anche tutto il braccio: m. articolate, i bracci mobili delle ancore senza ceppo. ◆ Dim. marrèlla, marrétta, marrettina, anche al masch., marrèllo, marrétto, marrettino; accr. marróne m. (v. marrone4).

    Famiglia Macchiavelli - Macchiavello - Machiavelli

    Araldica tradizionalista della famiglia Machiavelli:

    La famiglia Machiavelli è una nobile famiglia fiorentina, il cui più noto esponente fu Niccolò Machiavelli.

    La famiglia diede i natali a numerose personalità politiche e religiose. Il cognome è composto dalle parole mal e clavellus, ciò potrebbe far supporre che in origine fossero dei fabbri o dei commercianti di metalli. Secondo altri studiosi invece i chiodi che campeggiano nello stemma rappresenterebbero un ricordo delle imprese in Terra Santa dei fratelli Alberico e Uberto Machiavelli. Al secondo si deve anche l'arme della famiglia che riporta, oltre ai chiodi, anche una gran croce a testimonianza delle reliquie che Uberto avrebbe riportato dalla Terra Santa.

    I più antichi ricordi di questa famiglia risalgono alla fase successiva alla Battaglia di Montaperti, quando Boninsegna Machiavelli fu costretto a fuggire nel contado per scampare alla rappresaglia ghibellina.
    I possedimenti della famiglia erano posti, principalmente nell'area degli attuali comuni di Montespertoli e di San Casciano in Val di Pesa. Risiedevano principalmente a Villa Mangiacane nei pressi della frazione di Sant'Andrea in Percussina (Firenze). Altri possedimenti li avevano nella valle della Greve. Ma il loro più celebre possedimento fu l'Albergaccio, residenza posta a Sant'Andrea in Percussina, in cui Niccolò Machiavelli trascorse il suo esilio dopo il 1513.
    La Famiglia era suddivisa in più rami. Il ramo in cui nacque Niccolò si estinse nel XVII secolo e come successori furono chiamati i Serristori. Un altro ramo si estinse nel 1726 con Francesco Machiavelli. A succedergli fu chiamato il cugino Giovan Battista Rangoni che mutò il suo cognome in Rangoni-Machiavelli.

    Etimologia:

    Macchiavelli è tipico del Bologrese ed alto fiorentino, Macchiavello, abbastanza raro, e tipico del genovese, Machiavelli, assolutamente rarissimo dovrebbe essere fiorentino, dovrebbero tutti derivare dal soprannome Malclavellus, trasformatosi prima in nome e poi in cognome, allusivo probabilmente nei confronti dell'organo sessuale del capostipite, nel Codice Diplomatico della Lombardia medievale all'anno 1041, in un atto, troviamo un primo esempio di questa cognominizzazione: "...Ego Henricus Malclavelli notarius domini Ottonis imperatoris auctenticum suprascripti exempli vidi et legi et sicut in ipso continebatur ita et in isto sine fraude transcriptum reperi,..." e più tardi nel 1185 sotto un'altra forma: "...Factum est hoc anno dominice incarnationis .MCLXXXV., indicione tercia. Interfuerunt Marchisius Garovia et Blancus de Malclavello, testes rogati. Ego Albertus de Capriano interfui et rogatus scripsi duo brevia uno tenore....". Famosissimo personaggio è stato Nicolaus Machiavellus florentinus (1469-1527).

    integrazioni fornite da Stefano Ferrazzi
    Secondo un'interessante ipotesi proposta dal Bongioanni, l'origine del cognome Machiavelli e delle sue varianti andrebbe ricercata nel nome medievale Macchiavello, nato come variante popolare del nome Malchiodo, che consiste, a sua volta, in una delle tante italianizzazioni del personale ebraico Melki'or, col significato di il mio re (Dio) è luce; fra le altre italianizzazioni di questo nome, infatti, si possono citare Melchiorre,Melchionne, Marchionne, Marchiorre, Marchioro, etc. Ora, per capire meglio il passaggio dall'originale Melki'or all'adattamento italiano in Macchiavello, bisogna innanzitutto considerare la variante in Malchiodo: Malchiodo, infatti, nasce per effetto del fenomeno del rotacismo dal nome Marchioro, in cui la R del suffisso -oro si trasforma in D (cfr. Arcudi/Arcuri) e la R del prefisso Mar- si trasforma in L (o più semplicemente viene mantenuta la L dell'originale Melki'or); va detto poi che esistono anche i cognomi Marchiodi e Melchiodi, che sembrano confermare quest'ipotesi. Detto questo, quindi, la variante in Macchiavello si spiega come una corruzione o una forma più tipicamente popolare di Malchiodo: se si considera, infatti, che il termine chiavello è una variante arcaica di chiodo (entrambi derivano dal latino clavus), si capisce allora come da Malchiodo si arrivi a Macchiavello (contrazione di Malchiavello). In conclusione, dunque, il cognome Machiavelli e le sue varianti dovrebbero derivare dai nomi personali dei capostipiti.

    Famiglia Giovannini

    Araldica tradizionalista:

    Prime notizie della famiglia si hanno intorno alla metà del secolo XVI con un Giovanni Francesco da Ciano e col figlio suo Paolo vivente nel 1579. Stefano, di Paolo, di Gio. Francesco fu notaio, come lo furono molti di questa famiglia, che ebbe pure parecchi giureconsulti. Suo figlio cavaliere Pellegrino era detto da Ciano, e rogava nel 1682, così il nipote Pietro Angelo, che rogava nel 1736. Don Cesare, di Paolo, di Gio. Francesco fu Rettore della chiesa di Ciano d'Enza fino dal 1637.

    Etimologia:

    Il significato e le origini del cognome Giovannini vanno ricercati concentrando l'attenzione sulla radice "Giovanni" che racchiude in sé l'etimologia del cognome. In questo modo è possibile risalire alle antiche basi che lo riconducono ad un termine ebraico la cui traduzione letterale porta al significato "regalo di Dio". È inoltre opportuno sottolineare le importanti tracce di questo cognome nel termine latino "iuvenis"; il significato di questo termine va ben oltre la pressoché scontata traduzione "giovane" infatti in realtà questa parola indicherebbe "colui il quale difende" quindi ciò apre la sua interpretazione al significato "aiutare" ovvero "giovare".

    Il termine "iuvenis", secondo Giovanni Semerano, richiamerebbe antiche voci semitiche

    Famiglia Mazzamuto

    Araldica tradizionalista:

    Ritovasi la famiglia esser stata una delle più antiche e nobili famiglie di Spagna, del Regno d'Aragona, poiche il Zurita nel I lib. cap. 32 racconta che nell'anno 1096 regnando il Rè don Pietro primo si fece una gran battaglia contra i mori, detta d'Alcoraz nella quale vi intervenne oltre molti valorosissimi cavalieri un don Fortugno, nobilissimo cavaliero c'haveva stato esiliato dal Regno...

    Etimologia:

    Mazzamuto. 1) "Ammazza il muto" (De Felice); 2) arabo masmudi: moneta d'oro coniata dagli Almohadi in Spagna e diffusa in Europa (Pellegrini, che ricorda il massamutino di testi toscani antichi, il mazmodi portogli, e la masmudina provenz.). Dalla tribù bèrbera Masmuda prese nome la dinastia musulmana degli Almohadi, detti anche Massamuti o Masmudi, un esponente della quale è citato nella figura del drago di Gioacchino da Fiore., • Attestaz.: siri Maczamutus, Bari, 1223; Petrus Massamutus, Sicilia, 1283. • Pers.: Antonino Mazzamuto, medico e bibliofilo, sec. XVIII-XIX.

    C'è poi da aggiungere che il ceppo europoide (non caucasoide) tra i barberi, è una esigua minoranza del tutto irrilevante, tanto è vero che la stirpe dominante e maggioritaria, in nord Africa, è quella afrosemitica e afroasiatica: l'aplogruppo E si pensa che sia originario proprio del nord africa, anche se quel territorio fu fortemente invaso da popolazioni semitiche nel corso della sua storia.

    Famiglia Columbro

    Araldica tradizionalista:

    La famiglia ha partecipato alla storia di Napoli ed alle sue vicende durante i trascorsi, concorrendo non poco alla nobiltà e alle cariche istituzionali della stessa città, fatte dai re che hanno regnato nel Ducato di Napoli. Molti regni hanno passato su questa provincia bizantina, retta da un dux. Nel 638 Napoli fu dipendente del governatore della Sicilia e in seguito governata direttamente dall'imperatore. Il duca-vescovo Stefano II fu il primo dei duchi elettivi che si succedettero per circa un secolo, seguiti dai duchi ereditari.

    Etimologia:

    Molto raro sembrerebbe originario della provincia di Benevento, dovrebbe derivare da un soprannome originato dal termine columbro (dal latino coluber, colubris), sorta di serpente.

    Giovanni Semerano fa derivare taluni termini latini da antiche voci semitiche

    Famiglia Morpurgo

    Morpurgo è un cognome italiano di origine ebraica.

    Le più antiche notizie attorno ai Morpurgo, di stirpe askenazita, li vedono a Ratisbona, da cui poi passarono a Marburgo (l'odierna Maribor, in Slovenia) donde l'originario cognome Marpurg. Dal XV secolo risultavano a Vienna, ma sin dal 1509 la loro presenza è provata anche a Trieste e, dalla fine del Cinquecento, a Gradisca d'Isonzo. La loro discesa in Italia fu sicuramente determinata dal decreto di espulsione degli ebrei da Vienna (1560).

    Morpurgo di Gradisca diedero poi origine ad altri rami nuovamente a Trieste, e poi a Padova, Ancona, Salonicco, Amsterdam e Livorno.
    I membri del ramo triestino, grazie al privilegiato status di Hofjuden attestato sin dal 1721, seppero approfittare delle opportunità offerte dal porto franco e vi intrapresero fiorenti attività legate ai commerci, alla navigazione e al campo delle assicurazioni. Grandi vantaggi scaturirono dal matrimonio del capostipite Isacco (1764-1830) con Regina Parente, appartenente a una delle più antiche famiglie della comunità ebraica triestina; nel 1812 fondò quella che dal 1834 venne denominata Morpurgo & Parente, un'importante casa di commercio e banca d'affari.

    Il ramo udinese risale all'Ottocento con l'arrivo di un Abram. Anche in questo caso i Morpurgo fecero grandi fortune, sia in campo finanziario e industriale e stabilirono la loro dimora nel pregevole palazzo Valvason-Asquini. Quest'ultimo fu poi lasciato al comune di Udine dopo la morte di Enrico Morpurgo, nel 1969. Alcune linee familiari ottennero titoli nobiliari.

    integrazioni fornite da Livio Morpurgo

    Il cognome Morpurgo nasce a Trieste per scelta dei diretti discendenti di AAron da Marburg (attuale Matibor in Slovenia) da cui, appunto Aaron figlio di Seldman era emigrato in Trieste. Per affari.

    Famiglia Musmanno - Musmarra - Musumarra:

    Musmanno è tipico del cosentino, di Castrovillari in particolare, l'origine è dubbia, potrebbe derivare da una forma contratta per mussulmano, ma non si può escludere che possa invece derivare da un nome di località tipo mons mannus forma medioevale per magnus (grande monte).

    Musmarra, molto molto raro, è tipico di Acireale (CT), Musumarra, meno raro, è specifico del catanese, dovrebbero derivare da un soprannome originato dal vocabolo arabo muhsmar (chiodo) forse per l'eccessiva magrezza del capostipite.

    Famiglia Musmeci - Mussumeci - Musumeci (di dubbia origine):

    Musmeci è specifico di Acireale nel catanese, ma presenta una buona distribuzione anche a Catania, Palermo e Messina, Mussumeci, sempre siciliano, è quasi unico, Musumeci è tipico della Sicilia sud orientale, potrebbero derivare dal toponimo Mussomeli (CL) modificato dal dialetto, ma è più probabile una derivazione dall'arabo Mussum (mussulmano) o Mussamil (assorto, estatico).

    integrazioni fornite da Giovanni Cacciola:

    Questo cognome compare in Acireale già dal 1500 nella forma latina di Musumechi.la forma Musmeci potrebbe essere solo un errore di trascrizione.In una lista degli ufficiali di Acireale,che potevano concorrere alle cariche pubbliche, troviamo annotati un A.Musmeci nel 1583;nello stesso anno, troviamo annotato anche un S.Musumechi, nella stessa lista figurano ancora un G.Musmeci nel 1592-93, G.Musumechi nel 1594-95, G.Musmeci nel 1597-98, un F.Musumeci nel 1609-10. I Musmeci ebbero anche il titolo di baroni e signori della Torre. Arma: d'azzurro, partito da un filetto d'oro, nel primo all'albero sopra un monte roccioso, con un topo in atto di arrampicarsi, il tutto al naturale, sormontato da tre stelle d'oro, nel secondo, al mare al naturale, sormontato da una sirena nascente sormontata da tre stelle d'oro.

    integrazioni fornite da Antonio Musumeci:

    Musmeci, salvo rarissimi possibili casi di errata trascrizione anagrafica, non deriva dal cognome Musumeci, ma molto probabilmente dalla concessione del titolo di Conte di Musumeci concesso ad un Cesare Lancia dal re di Spagna nel diciottesimo secolo circa. Il titolo di Barone della Torre derivante dal feudo "Torre" in Castro Giovanni (Enna), in territorio di Convicino (oggi Barrafranca), feudo che abbracciava il Monte Torre ed il Monte Stella non è attribuibile alla famiglia Musmeci ma a quella dei Musumeci; Circa l'infeudazione di tale territorio (1752) e la concessione del titolo di barone della Torre (1753) da parte dei Borboni di Napoli proprio al casato dei Musumeci (e non Musmeci) si veda l'opera monumentale del De Spucchesonde l'attribuzione del titolo di baroni della Torre ai Musmeci contenuta in altre opere deve quindi ritenersi errata, se non addirittura un prosieguo dell'opera di confusione delle due famiglie iniziata con l'attribuzione del titolo di Conte di Musumeci a Cesare Lancia. L'origine del cognome Musumeci non è affatto araba sebbene per mera coincidenza in arabo esista il termine Myshmish (Albicocca); Si tratta invece secondo le mie ricerche di un nome di battesimo armeno divenuto cognome prima grecizzato e poi italianizzato; il diminuitivo del nome armeno Mushel (grecizzato in Musele) sarebbe Mushelik (Musele junior) grecizzato in Musulice divenuto italianizzato per metatesi Musuleci da cui deriverebbe Musumeci in Sicilia e forse forse in Romagna il cognome Musolesi; Circa Musulice il capostipite siciliano dei Musumeci, egli è ricordato nella storia dei Musulmani in Sicilia di Michele Amari per avere sconfitto gli arabi a Caltavuturo nell'881- 882 d.C. grazie all'apparizione miracolosa di Sant'Ignazio Patriarca di Costantinopoli sopra un cavallo bianco che gli indicò da quale lato attaccare.

    Famiglia Mursia:

    Tipico di Biancavilla (CT), dovrebbe derivare da un soprannome originato dal vocabolo arabo mursja (solido come una roccia, rocca).

    Famiglia Buzanca - Buzzanca:

    Buzanca è praticamente unico, dovrebbe trattarsi di una forma alterata di Buzzanca, che è tipico della Sicilia, con un grosso ceppo nel messinese, a Gioiosa Marea, Patti e Montagnareale, ed uno a Palermo, dovrebbe derivare da un soprannome originato dal termine arabo bu (padre) e zaqq (otre rigonfio, pancione) e che in maltese significa cornamusa, forse attribuito perchè il capostipite era il padre di un figlio molto grasso o perchè era lui stesso ad esserlo.


    Famiglia Marsala:

    Specifico siciliano, deriva dal nome della città di Marsala nel trapanese, nome che a sua volta deriva dall'arabo marsa Allah, cioè porto di Allah o porto del Signore Iddio.

    Famiglia Calà

    Araldica tradizionalista:

    La famiglia Calà, i cui illustri rappresentanti hanno ricoperto le più alte cariche in campo civile, militare ed ecclesiastico, fu decorata coi titoli di duca di Diano e di Sala, marchese di Ramonte e marchese di Belmonte.
    Carlo Calà (Castrovillari, 1617 † ?), figlio di Giovanni Maria e di donna Isabella Merlino, si laureò all'Università di Napoli nel 1639; fu prima avvocato fiscale di Cosenza e poi presidente della Regia Camera della Sommaria nel 1652. Sposò nel 1652 Giovanna Osorio e nel 1654 acquistò il feudo di Diano; poco dopo divenne di marchese di Ramonte e di Villanova. Carlo mori senza eredi e i suoi titoli e l'immenso patrimonio passò al fratello Girolamo (Castrovillari, 1632 † Napoli, 1698). Quest'ultimo visse a Napoli sin dall'infanzia, si laureò in legge, divenne nel 1673 giudice del tribunale della Vicaria. Alla morte della madre ereditò il titolo di marchese di Belmonte; sposò Porzia di Castromediano, nobildonna di Lecce. Nel 1694 divenne duca di Lauria (Potenza), feudo in terra di Basilicata, già appartenente al conte Bernardino Sanseverino e poi al barone Girolamo Exarques (1598).

    Differenti origini etimologiche:

    potrebbe derivare da un soprannome originato dal vocabolo greco kalon (bello, buono), termine che richiama l'Accadico kalum, l'ebraico QĀLĀL (pulito, splendente, ‘polished, shining’).

    Cala era anche una città fondata da Nimrod in Assiria e che in origine faceva parte della “grande città” formata da Ninive, Cala, Resen e Reobot-Ir, questi ultimi tre a quanto pare sobborghi di Ninive, compare come kalhu in iscrizioni cuneiformi assire, e all’epoca dell’impero assiro divenne una delle tre principali città del reame, insieme a Ninive e Assur. Cala si trovava alla confluenza del Grande Zab col Tigri, circa 35 km a SSE di Ninive. Attualmente si chiama Nimrud, dal nome dell’antico fondatore della città.

    Famiglia Farace:

    Il cognome Farace, dal punto di vista etimologico, sembrerebbe il risultato di un fenomeno di cognominizzazione in senso patronimico di un personale di origine italica, greca o, più probabilmente greco-araba.
    Tale ipotesi sembra essere corroborata dall'attestazione in antichità, nelle aree dell'Italia Meridionale, di personali quali il greco Phalaecus (Faleco), che fu anche nome del famoso poeta greco che diede vita all'endecasillabo falecio, l'italico Falacer, cris (Falacre), nome di un mitico eroe italico, uno dei 15 flamini (secondo Varrone, "flamen Falacer a divo patre Falacre") e l'arabo e greco Faras, tradotto appunto come Farace. Proprio il personale Faras sembrerebbe all'origine del cognome Farace: Faras è tuttora un nome di persona arabo di origine greco ellenistica, ed il termine faras in lingua araba assume il significato di "cavallo". Ancora, Faras era anche il nome dell'antica capitale della "Nobatia", ovvero della Nubia, regione attualmente comprendente l'Egitto Meridionale ("Bassa Nubia") lungo le rive del Nilo, e la parte Settentrionale del Sudan ("Alta Nubia").

    In Conclusione, il cognome Farace, e le varianti sopraccitate Falace, Fallace e Fallaci sembrerebbero riconducibili al personale Farace, nome di origine greca, diffuso nel mondo arabo in epoca ellenistica e importato nel Sud Italia fin dalle prime incursioni arabe (625 d.C) e radicatosi nell'onomastica meridionale a partire dalle conquiste islamiche della Sicilia (conquistata dalle campagne arabe iniziate nell'827 e conclusesi nell'878 con la presa di Siracusa e la successiva costituzione di un Emirato islamico indipendente sotto la guida dei Klabiti, la cui dominazione resistette fino al 1060). Proprio dalla Sicilia, il nome Faras - Farace si sarebbe irradiato nel resto dell'Italia meridionale, e soprattutto nelle aree costiere tirreniche, assumendo anche forme onomastiche nuove derivate: a corroborare tale tesi di origine e irradiazioe delle forme cognominali Farace, Falace e Fallace dalla Sicilia araba sembrerebbe l'attuale diffusione dei citati cognomi, localizzabili proprio nei territori maggiormente colpiti dalle continue incursioni islamiche e soprattutto influenzate culturalmente dal mondo arabo (Costiera Amalfitana, Sorrentina e zone circostanti).

    Qui cade un pochino in contraddizione con quando detto qui sopra:

    "In ultima analisi, soltanto il cognome Fallaci sembra avere una origine diversa in Toscana"

    anche se poi continua dicendo:

    "ma non si può escludere a priori una connessione con i ceppi Farace, Falace e Fallace dell'Italia Meridionale: ulteriori mirate ricerche archivistiche da effettuare in territorio tosco-emiliano potrebbero sciogliere ogni dubbio e fare chiarezza circa l'effettiva origine dei nuclei Fallaci."

    In pratica questi cognomi, stando a quanto riporta questo sito, hanno un origine greca, che furono prima introdotti nei territori arabici a seguito del processo di espansione ellenica, arabizzati, ed infine INTRODOTTI DAGLI ARABI NELL'ITALIA MERIDIONALE A SEGUITO DELL'ESPANSIONISMO DEL CALIFFATO ISLAMICO.

    Famiglia Gallella - Gallelli - Gallello:

    Gallella, abbastanza raro, è specifico di Catanzaro e Sellia Marina nel catanzarese, Gallelli è tipicamente calabrese, della provincia di Catanzaro anch'ess,o in particolare di Badolato, Zagarise, Catanzaro e Soverato, Gallello, il meno comune, ha qualche presenza sempre nel catanzarese, dovrebbero derivare dall'italianizzazione del nome sia arabo che turco Halil, o dal nome ebraico Hallel(preghiera), una forma apocopaica del nome Hallelujah.

    Famiglia Molè:

    Tipico della zona di Vittoria, Ragusa e Chiaramonte Gulfi (RG), dovrebbe derivare da modificazioni del termine arabo mawlà (vedi Mulè).

    Famiglia Favara:

    Specifico siciliano, deriva dal toponimo Favara (AG) il cui nome trae origine dal vocabolo arabo Rohal-Fewwar (pozza d'acqua).

    amiglia Balbi

    Araldica tradizionalista:

    Balbi è una famiglia genovese di commercianti ed imprenditori, assai influente nella Repubblica di Genova del rinascimento.
    Originariamente detti Cepollina, si insediarono nel principio del XV secolo in Valle Scrivia; nel 1528 furono poi ascritti nel ventesimo Albergo, dei Pinelli. Da questa famiglia prende nome via Balbi a Genova, fatta costruire nel 1655 da Giovan Battista Balbi. Oggi sede del cuore della cittadella universitaria, nel Seicento la via faceva parte, assieme all'odierna Via Garibaldi, delle cosiddette Strade Nuove, sulle quali sorsero i cosiddetti palazzi dei Rolli. Qui i Balbi costruirono ben cinque palazzi, il più grandioso dei quali, iniziato nel 1618, è oggi noto come Palazzo Reale.

    Francesco Maria Balbi e Costantino Balbi, suo fratello, furono poi Dogi della Repubblica rispettivamente nel 1730 e nel 1738.

    Origine etimologica:

    1°) Ipotesi:

    Di chiara origine latina, origina dal cognomen Balbus derivato dall'aggettivo latino balbus(balbuziente), secondo un'altra ipotesi deriverebbe invece dal nome del pescebalbus (barbo).

    2°) ipotesi:

    Il cognome Balbi è di origine fenicia. I Fenici probabilmente arrivarono nel 3000 A.C. circa dal Golfo Persico. Si riferivano al loro popolo come "Cananei", che significa "mercanti", fin dal 2500 A.C. Successivamente, i Greci li chiamarono "Fenici" poiché esportavano un tessuto color porpora molto prezioso. I Fenici risiedevano in una stretta striscia di terra sulla costa della Siria, in un'area geografica che al giorno d'oggi comprende il Libano, parte della Siria e Israele. Nel 2000 A.C. avevano fondato le città del Mediterraneo orientale note come Byblos, Tiro, Sidone, Berytus (Beirut), Tripoli, Arvad, Baalbek e Caesarea.

    Balbi, oppure, in Latino, Balbus è uno dei pochi cognomi rimasti intatti nei secoli. Le sue origini sono derivate probabilmente dalla parola "baal", che significa proprietario o padrone, ed era anche il nome di un'importante divinità fenicia, Baal. Nel tentativo di assicurarsi la protezione del dio Baal per i loro figli, i Fenici preferivano usare nomi composti che includevano quello della divinità. Un'altra teoria sull'origine del cognome Balbi sostiene che, nei secoli successivi, quando i Romani incontrarono membri della famiglia Fenicia li chiamavano "balbus" ("balbuzienti"), per la natura della lingua straniera parlata da questi ultimi. Il primo riferimento al cognome Balbi si trova nella civiltà fenicia attorno al 2500 A.C. Il successivo riferimento storico al cognome fa riferimento alla città fenicia di Gades, l'attuale Cadice, in Spagna. Nel 1000 A.C. circa, alcuni dei Balbi fenici si erano stabiliti a Cadice. Erano molto ricchi e si diceva che addirittura fossero proprietari della città.

    Famiglia Ficara - Ficarra:

    Ficara ha un ceppo nella Calabria meridionale, uno tra siracusano e catanese ed uno tra palermitano e trapanese, Ficarra è tipico siciliano, diffuso in tutta l'isola, dovrebbero derivare, direttamente o tramite modificazioni dialettali, dal toponimo Ficarra (ME), come si potrebbe dedurre ad esempio da un testamento del 1354 dove tra i beneficiari si legge: "...Item legavit Ioanni de Ficarra uncias duas...", ma è pure possibile una derivazione da un soprannome, poi divenuto nome, originato dal vocabolo arabo fakhar (glorioso, meritevole di ogni stima).

    integrazioni fornite da Giovanni Vezzelli

    Ficarra è cognome siciliano che viene dalla voce dialettale siciliana 'ficarra' = albero di fico.

    Famiglia Barca:

    Barca è un cognome assolutamente panitaliano, in alcuni casi possono derivare dai molti toponimi contenenti la radice barca, come ad esempio Barca (TO), (PU), Barca del Grazi (GR), Pian di Barca (SP) o Piano della Barca (CH), in altri casi può derivare da un soprannome originato dal mestiere del capostipite, in qualche modo collegabile alla barca, in altri ancora può derivare dall'italianizzazione di nomi come il provenzale Barachel o il fenicio e turco Barak., ricordiamo a dimostrazione di quest'ultima tesi che il famosissimo Annibale Barca, quello delle guerre puniche, in effetti si chiamava Hanibaal Barak che tradotti sono Dono di Baal (il dio fenicio) e fulmine.

    integrazioni fornite da Giuseppe Concas

    BARCA: barca, zattera, battello, piattaforma galleggiante etc. Dal tardo latino barca, dal greco βάρις (baris), che significa inoltre fabbricato, palazzo etc. Parola di antica origine egiziana. È chiaro che non vi è alcuna relazione tra barca, battello ed il cognome Barca portato dal grande generale cartaginese Amilcare detto Barca, dal fenicio Barak = fulmine, lampo, per la velocità delle azioni di guerra. Non è da escludere l'ipotesi che il cognome Barca, diffuso in tutta Italia, almeno in qualche ceppo, possa derivare da Barak. Il cognome è presente negli antichi documenti della Sardegna. Tra i firmatari della Pace di Eleonora, LPDE del 1388 figurano: Barca (de) Parasono, jurato ville Sammungleo. * Sammungleo.odierno Samugheo. Mandrolisay o Barbagia di Belvì; Barca Nicolao, ville Setini* Setini.odierno Sedini. Contrate de Anglona - Chiaramente; Barcha Barisono, ville Nuruci. * Nuruci...odierno Nureci (Laconi.Contrate Partis Alença); Barcha Joanne, ville Pardu. * Pardu.distrutto: Pardu - Partis de Montibus; Barcha Petro, ville Sellùri (Sanluri; Seddòri). Nel Condaghe di Santa Maria di Bonarcado, CSMB, XI°, XIII° secolo, sono presenti ben 11 Barca: Barca Andria e Barca Goantine fratelli; Barca Comida armentario a Tune (l'armentario era l'amministratore generale; Tune o Tunis è un abitato scomparso di origini nuragiche; in periodo medievale fu Villa del regno giudicale di Arborea; i suoi resti si trovano nelle vicinanze del centro abitato di Narbolìa, nella provincia di Oristano). Barca Goantine, fratello di Comita; Barca Gunnari di Bauladu; Barca Mariane, maiore de portu (il maiore de portu aveva il compito di vigilare sulla qualità dei prodotti in commercio, di punire le frodi, di fissare il giusto prezzo, di ispezionare i pesi e le misure e di risolvere le controversie in materia di mercato tramite il tribunale specifico detto appunto Corona de Portu; Barca Arsoco; Barca Arsoco su de Baratiri (quello di Baratili); Barca Arsoco de Scudu; Barca Remundinu, prete, converso di Santa Maria di Bonarcado; Barca Furadu. Ricordiamo che Barake( scomparso verso la fine del XII° o l'inizio de XIII° secolo, fu centro abitato fondato dai Fenici, da cui il significato di "lampo", "luce", verso il VII° secolo a. C.; in periodo medievale fu Villa(villaggio) appartenente alla Curadorìa di Nurra, del regno giudicale di Torres. Rammentiamo inoltre che Barca o Barce (Вάρκη, in greco, il cui etimo deriva dal semitico) è attualmente centro abitato della Cirenaica, nella omonima provincia. Il cognome Barca è attualmente presente in 320 Comuni d'Italia, con diffusione per lo più omogenea. In Sardegna è presente in 21 Comuni: Baunei 84, Sarule 26, Ottana 24, Osilo 14, etc.

    Famiglia Atzeni

    Araldica tradizionalista:

    Antica famiglia sarda, con residenza nel quartiere di Stampace, detta Atzeni o Adçeni, le cui prime notizie certe, risalgono agli inizi del XVI secolo. Inizialmente appartenente alla borghesia, alcuni dei suoi membri furono consiglieri del castello durante tutto il sec. XVII ma, nel 1690, ottennero il cavalierato ereditario e la nobiltà con un Agostino che, nel 1698, fu ammesso allo stamento militare, durante il parlamento Montellano. Inoltre, tal casato, in ogni epoca, sempre si distinse per gli elevati personaggi, a cui diede i natali.

    Diverse origini etimologiche

    1°) Ipotesi:

    Atzeni, Azzeni, Atzenis: plurale indicativo del casato. Si tratta dello stesso casato Atzei, Azzei. Si trova indicato anche con la grafica Atzeny, Axeni. Nel Codex Doplomaticus Sardiniae, Vol.I - edito a cura di P. Tola in Torino nel 1861 e nel II tomo, edito nel 1868 - negli atti del 1410, si riscontra Datzeni, de Aceni, Adceni, Adzeni, de Aseni, Daceni, de Atceni, Azeni, Azeny. Nel 1400 in Oristano, Atzeni. Si tratta di uno dei cognomi più diffusi nella Sardegna Giudicale. Il fatto che spesso lo si trovi nella forma De Athen, ha spinto alcuni studioni a far derivare il cognome da Atene, riferito perciò all'arrivo dei greci, ateniesi, nel periodo della dominazione bizantina. Il capostipite dei De Athen o De Athene potrebbe essere Petru D'Athen, appartenente all'antica e potente famiglia dei Torres. Visse nel XII secolo e a lui si deve la fondazione dell'antico monastero di San Nicola di Trullas, in seguito alla concessione fatta ai Camaldolesi, da parte di Giudice di Torres.

    2°) Ipotesi:

    Il canonico Giovanni Spano, illustre storico e linguista sardo del XIX secolo, fa derivare il cognome Atzeni dal fenicio Atzim, che significherebbe fortezza. Si hanno inoltre notizie risalenti al sec. XVII di una famiglia cagliaritana appartenente alla borghesia. Alcuni dei suoi membri furono consiglieri del castello durante tutto il sec. XVII. Nel 1690 ottenne il cavalierato ereditario e la nobiltà per mezzo di un Agostino Atzeni, officiale maggiore del Campidano di Oristano che fu insignito da Carlo II di Spagna (Madris 1661-1700) del cosiddetto "cingolo militare" (la concessione è reperibile nell'Archivio de la Corona de Aragòn, in Barcellona, Consejo de Aragòn, Registros de la Real Càmara, Vol. 339, f. CCXXVII r-v) Nel corso del sec. XVIII le condizioni della famiglia andranno decadendo.

    3°) Ipotesi:

    Altri autori ritengono che il cognome sia una variante di Attena, corrispondente al cognome medioevale Athen appartenente ad un illustre casato. La sua origine - e le relative varianti - sarebbe legata a un nome di un villaggio coevo noto come Aczena o Assena, nel territorio della diocesi di Usellus (in Sardegna), oggi scomparso.

    Famiglia Betti:

    Anche Betti è uno tra i cognomi italiani che trova maggiore diffusione nell'area tosco-emiliana e lombarda.

    L'origine del cognome Betti presenta numerosi spunti di indagine rispetto all'etimologia di provenienza. Iniziamo col dire che esiste un vocabolo sardo "bitti", tutt'ora in uso e che addirittura dà il nome ad un comune nel nuorese. La storia del nome riporta dapprima alla traduzione del sardo "bitta:vetta", poi ci conduce a "bitti": si chiama così la cerva, l'animale selvatico, da cui la risonanza in latino di "bestia, belva". Il termine indica anche una "creatura", in senso generico, fino ad arrivare al traslato "figlia, progenie". Il termine sardo, poi assorbito dal latini, ha insita la radice fenicio/aramaica "bt", nell'accadico "biti: della casa", nell'ebraico "beit: casa". Da qui il vocabolo latino "ha-bit-us", che indica in senso generale l'esteriorità fisica, l'ambiente abitativo e anche il "costume, le tradizioni popolari, le a-bit-udini". La lettera fenicio/aramaica "beth" ha precisamente il significato di casa, interiorità, famiglia, addirittura arriva a definire un Tempio interiore ed esteriore. Il latino presenta anche il termine "beta" e indica una persona che "arriva sempre seconda, qualunque cosa faccia", riagganciando il concetto di numerale 2, corrispondente alla seconda lettera dell'alfabeto greco "beta" e alla lettera dell'alfabeto aramaico/fenicio "beth" che ha valore numerico due. Un termine "betw" si rileva anche nella lingua gallica, ad indicare l'albero della betulla e ancora il termine "bed-hus" in inglese arcaico ad indicare una "casa, tempio di meditazione". Per esteso, potremmo dire che il significato e le origini del cognome Betti indica presumibilmente un mestiere inerente alla casa o un possidente di case, forse addirittura un costruttore di case.

    La presenza maggiore del cognome in terra toscana può essere dovuta alle numerose comunità ebraiche stanziate nella regione per volere dei Romani, per contrastare l'ascesa della religione cristiana. Per quello che riguarda l'araldica dei cognomi, lo stemma della Famiglia Betti presenta lo scudo diviso in blu e argento con sovrapposizione di un leone in piedi. Tracciati dall'Alto Medioevo in poi, furono Nobili in armi e Cavalieri e grandi proprietari di terre, soprattutto a Firenze.

    Famiglia Carta:

    Sul territorio italiano si contano circa 4496 persone che portano il cognome Carta e di queste, circa 3078 si trovano nell'isola sarda: ricercare la radice del cognome Carta significa quindi immergersi nella storia antica e densa della Sardegna. Un reticolato fittissimo di tradizioni, a volte impossibile da penetrare fino in fondo persino per i sardi. Non lasciamoci ingannare dalla parola da cui è vestito, questo cognome: il fatto che la "Carta" sia presente compagna dell'uomo da sempre potrebbe limitare la ricerca etimologica al fatto che i Carta siano, in relazione, produttori di carta o giocatori di carte: la nostra ricerca ha dato invece risultati molto interessanti.

    Arriva a noi dal latino Charta, ma della parola si ha testimonianza anche nella lingua greca antica e stava ad indicare un papiro, un supporto su cui segnare per commercianti e scrittori. Il vocabolo greco era stato tratto presumibilmente dalla lingua egizia, che l'avrebbe a sua volta assorbita dal lessico fenicio. Forme dalla radice simile si riscontrano anche nel linguaggio degli Assiri e dei Berberi: tutte civiltà che sostarono a lungo in Sardegna. Molto intensa fu anche la permanenza romana sull'isola e sembra che il sardo parlato attualmente nell'entroterra isolano sia il più vicino al latino parlato nell'età dell'Impero.

    La storia del nome Carta sembra quindi legato sia alla Charta latina, che indicava documentazione di stimata rilevanza sia all'importanza che gli ebrei, presenti sull'isola per molti secoli, davano alla parola stessa: la CARTA, che unita al suono dei codici esoterici scritti su di essa, dette origine alla Kabbalah! Gli Ebrei si considerano il popolo del Libro, o della Parola Scritta sulla Carta Sacra. Quindi, sia essa in Cartapecora o in Papiro, i Carta ricoprivano probabilmente un ruolo sacro di scriba e divulgatori della storia delle tradizioni del luogo. L'etimologia spinge al limite il significato e le origini del nome, ritenendo che CARTA sia una troncatura della parola estesa CARTHAGINENSIS, ovvero cartaginese: potrebbe essere stato un modo per indicare il ceppo di origine.

    Per quanto riguarda l'araldica del cognome il blasone si riferisce al titolo di Nobile Cavaliere, riconosciuto da Re Carlo Alberto nel 1833 a Salvatore CARTA, in qualità di Capitano delle Milizie Barracellari e di Censore locale di Oristano, per essersi distinto in battaglia per valore e coraggio. Sullo stemma araldico campeggia un leone color oro su fondo blu, simbolo di nobiltà e potere.

    Famiglia Succa

    Araldica tradizionalista:

    La famiglia trae origini dalla Fiandra e dal maresciallo conte Arnaldo Bucca (1044). Ai tempi di Carlo d'Angiò passò in Lombardia seguendo il Re fino a Napoli. Godè nobiltà in Sicilia, Napoli, Caserta, Bologna e Brescia. Michele, nel 1312 e Giovanni nel 1426 furono cardinali; Manfredi fu console di Brescia e Giovanni podestà di Mantova; Angelo nel 1777 ottenne la nobiltà di Norcia e con quest'ultimo titolo, trasmissibile ai maschi e femmine, la famiglia è iscritta nell'Elenco ufficiale in persona di Benedetto.

    Etimologia:

    deriva direttamente dall’ebraico sukka’ ‘tenda’

    Famiglia Catullo

    Araldica tradizionalista:

    Antica e nobile famiglia di Padova. Il commendator G.B. di Crollalanza riporta la blasonatura di questa famiglia nei volumi del suo Dizionario storico blasonico delle famiglie nobili e notabili italiane. Molte le famiglie che appartennero alla nobiltà veneta, molte di queste erano di Verona anche se non tutte di esse erano scritte al già Nobile Consiglio di Verona così come ci riporta il Cartolari nelle sue "Cenni sopra varie famiglie illustri di Verona e Famiglie già ascritte al Nobile Consiglio di Verona", stampati in Verona nel 1885 in 8°, dal Vicentini e Franchini.



    Il cognomen in un mosaico nella Biblioteca del Congresso.


    Etimologia:

    Deriva dal cognomen latino Catullus. Probabilmente è una variazione di un nome gallico basato su catu, "battaglia", con l'aggiunta del suffisso diminutivo -ullus. In alternativa potrebbe derivare dal latino catulus, "cucciolo", similmente a Catello.

    È un nome di matrice classica, ma di scarsa diffusione, ripreso a partire dal Rinascimento dal poeta latino Gaio Valerio Catullo, nato nell'84 a.C. a Verona (che ai tempi era parte della Gallia).

    Semerano fa derivare il termine latino "catulus" da antiche voci semitiche:

    Famiglia Cafa - Cafà:

    Cafa, quasi unico, è probabilmente dovuto ad un errore di trascrizione di Cafà, che è specifico di Gela, dovrebbe derivare dal nome della città bizantina di Cafà sul mar Nero, probabile luogo d'origine della famiglia, forse fuggita con l'arrivo dei turchi, ma non si può escludere una derivazione da un soprannome originato dal termine arabo akfàs(dalle gambe storte), Al Akfas è anche un nome e cognome arabo.

    Viterbi - Viterbo:

    Viterbi, assolutamente raro, parrebbe del milanese e dovrebbe trattarsi di una modificazione in sede di trascrizione del cognome Viterbo, che ha un ceppo a Bari e nel barese ed un ceppo a Lamezia Terme nel catanzarese, tipico cognome ebraico, deriva dal nome della città di Viterbo.

    Famiglia Miccichè

    Araldica tradizionalista filo eurocentrica - germanocentrica (forse fatta dal Mugnos??):

    Famiglia originaria d'Alemagna, perocché un Guidone Miccichenio, figlio di Standolfo cavaliere teutonico ne condusse un ramo in Messina 1355. Indi come vuoisi dal Mugnos, in varie, città dell'isola, Terranova, Naro, Scicli Caltagirone, si diffuse.
    Vanta illustri personaggi, tra i quali un Marcantonio segreto di Palermo, luogotenente di protonotaro, cavaliere di divozione dell'ordine gerosolimitano, e cavaliere di s. Giacomo della Spada; un Francesco barone del Consorto 1600; un Girolamo investito 1614; un Pietro barone di Grottacalda, giurato di Palermo 1635; un Vincenzo barone di Bufalaffi per ragion di dote ed un altro Francesco barone della Mastra.
    Arma: di rosso, con un destrocherio armato impugnante una palma d'oro, sormontato da tre stelle dello stesso. Corona di barone.

    Altra araldica tradizionalista:

    Di questa famiglia nè impresse un libro il Sacerdote don Giofesso Vassallo Dottor in Teologia nel 1639, per lo quale dona principio alla famiglia d'Alemagna, e da Guidone Miccichenio figlio di Standolfo cavaliero Teutonico, che venne in Sicilia nel reggimento del Rè Federico III, nel 1355, portando seco due figli Tomeo over Timoteo, ed Antonio, e si fermò nelle Città di Messina, e s'impiegò à serviggi del medesmo Rè.

    Origine etimologica:

    Cognome tipico siciliano Miccichè e le sue varianti Miccicchè e Micicchè. Derivano dal toponimo Miccichè feudo di Villalba (CL) a sua volta derivato dal termine arabo Miciken (terra nera).

    Famiglia Matarazzi - Matarazzo:

    Matarazzi è specifico di Gualdo Tadino (PG) , Matarazzo è molto diffuso in Campania, ma presenta un ceppo anche nel sud della Sicilia, Materazzi ha un ceppo tra aretino e perugino, uno laziale ed uno nel salernitano.
    potrebbero derivare in alcuni casi da toponimi come Matarazzo (NA), ma molti probabilmente possono derivare da un soprannome.

    integrazioni fornte da Stefano Ferrazzi:

    Cognome diffuso in tutta l'area che comprende Toscana, Umbria, Marche, Lazio, Abruzzo e Campania, con ceppi maggiori nell'aretino, nel perugino, nel romano e nel salernitano, deriva dal termine materazzo (materasso), ad indicare il mestiere di materassaio o produttore di materassi. Si tratta, dunque, della cognominizzazione di un nome di mestiere attribuito al capostipite.

    Da non escludere che i cognomi Matarazzi e Matarazzo abbiano una origine etimologica arabo/semitica, visto che matarazzzu (it. materasso) deriva dall'arabo matrah, "letto".

    Famiglia Salafia

    Araldica Tradizionalista:

    Antica famiglia monferrina che ebbe parte di giurisdizione anche su Rocchetta Palafea e su Terruggia, con beni feudali in molti luoghi. Diramò largamente e forse prese il primo nome dal luogo di Sala. Le prime memorie sono del secolo XIV e pare che capostipite della schiatta fosse un Raimondetto Dava della Scala, investito di beni feudali a Quazzolo il 10 gennaio 1353.

    Origine etimologica:

    Specifico del catanese, siracusano e ragusano, integrazioni fornite da Luigi Colombo. E' un cognome siciliano che dovrebbe derivare da una parola araba salaf che vuol dire arroganza, superbia, dunque dovrebbe trattarsi di un nome derivato da un vecchio soprannome.

    Famiglia Sambataro - Sammataro - Zamataro - Zambataro - Zammataro:

    Zammataro, Sambataro e Sammataro sono tipici del catanese, Zambataro e Zamataro sono assolutamente rarissimi ed originari della stessa zona, dovrebbero derivare dal mestiere di vaccari o custodi di vacche, derivando dal vocabolo arabo zahama (mucca), secondo un'altra ipotesi questi cpgnomi deriverebbero invece dal termine greco bizantino examitos (sei fili) e starebbe ad indicare un tessitore o comunque un artigiano che intrecciasse delle fibre.

    ipotesi fornita da Andrea Maugeri:

    Nel dialetto catanese lo zammataro è colui che costruisce cestini tipici siciliani intrecciando foglie d'agave. L'agave si chiama infatti zammara in dialetto siciliano e deriva da una parola araba similare che indica appunto l'agave. Abbiamo anche una contrada tra Tarderia (CT) e Trecastagni (CT) che si chiama Zammara per il gran numero di Piante di Agave che vi crescono spontanee.

    Famiglia Samele - Samuel - Samuele - Samueli - Samuelli:

    Samele ha un ceppo pugliese, nel barese a Canosa di Puglia ed Andria e nel foggiano a Cerignola, Trinitapoli e Foggia, ed un ceppo a Lamezia Terme nel catanzarese, Samuel, assolutamente rarissimo, parrebbe avere un ceppo a Pinerolo (TO), Samuele ha un piccolo ceppo nel teramano ed uno nel catanese, è molto raro, Samueli, assolutamente rarissimo, ha una presenza significativa a Trieste ed una nello spezzino, Samuelli è caratteristico del bresciano, di Gargnano, Tuscolano Maderno e Brescia, dovrebbero tutti derivare, direttamente o attraverso alterazioni, dal nome ebraico Shemuel (Il suo nome è in Dio o anche il Signore ti ascolta) e, nella
    stragrande maggioranza dei casi essere di origine ebraica.

    Famiglia Sedassari:

    Sedassari, assolutamente rarissimo, parrebbe del bresciano, forse di Gambara o Leno, si dovrebbe trattare di una forma contratta dialettale del nome Saldassarre derivato dal nome ebraico Salthazar, una variazione del più noto Balthazar (Baldassarre).

    Famiglia Semeria:

    Il cognome Semeria sembrerebbe avere due ceppi, uno ligure nell'imperiese ad Imperia, San Remo e Pontedassio, con un ceppo secondario anche a Genova, ed uno siciliano, probabilmente nel palermitano a Villabate, forse ivi giunto al seguito della corte dei Ventimiglia, la derivazione è dubbia, potrebbe riferirsi all'italianizzazione di un cognome francese Semler, che si rifà ad un termine di origini germaniche semmel (fornaio), a sua volta derivato dal vocabolo latino simila (farina di fiocchi d'avena), una seconda ipotesi lo farebbe derivare da una variazione del termine Samaria, regione montuosa della Palestina situata tra la Galilea e la Giudea, e potrebbe in questo caso riferirsi ad un reduce di una Crociata, ma l'ipotesi più probabile resta una derivazione dal nome ebraico Shemer (Guardiano).

    Famiglia Scimemi :

    Scimemi, decisamente siciliano, è specifico della punta occidentale dell'isola, di Salemi, Mazara del Vallo e Marsala nel trapanese, dovrebbe derivare dall'antico nome ebraico Shimeim, anticamente in uso anche presso gli arabi ed i turchi, dando luogo all'attuale nome sia turco che arabo Semih.

    Famiglia Seddio:

    Seddio è un cognome specifico dell'agrigentino, di Agrigento e Porto Empedocle, dovrebbe derivare dal nome arabo Sidi, ma potrebbe anche derivare dal termine arabo shadi (mago, incantatore).

    amiglia Maran

    Araldica tradizionalista:

    1°) Sulla fine del secolo XVII cominciarono a fiorire a Chiavari, a Sestri Levante e a Rapallo, i Marana, onorati e ricchi industriali e mercatanti, che la lavorazione d il commercio della seta portarono a cospicua posizione finanziaria e cittadina. Perciò nel 1725 l'11 di maggio fu ascritto alla nobiltà un Antonio Giuseppe di Giovanni Lorenzo e nel 1733 furono parimente ascritti insieme 14 individui della stessa famiglia e cioè: il R.mo Paolo Tomaso Vescovo di Ascoli e i suoi fratelli Marcantonio, Giuseppe, Angelo Filippo e Giovanni Battista..

    2°) Maran è tipico del Veneto, padovano e vicentino in particolare, dovrebbero tutti derivare, direttamente o attraverso etnici o ipocoristici, da toponimi contenenti la voce ..marano, peraltro molto diffusi, quali: Marano (TN), (VR), (VE), (PR), (BO), (PE), (AQ), (NA), (BN) e così tanti altri, Maranello (MO), Marano dei Marsi (AQ), Marano di Napoli (NA), Marano Equo (RM), Marano Marchesato (CS), ecc. o dal loro etnico, ma è pure possibile una derivazione dal nome medioevale Maranus di cui abbiamo un esempio in una carta commutacionis del 1222 dove leggiamo: "..Dominus Maranus de Roche de Urino...".

    integrazioni fornite da Stefano Maran:

    Esiste anche un ceppo svizzero del cognome Maran che deriva dal nome di una montagna. nel cantone dei Grigioni, in Svizzera esiste l'altopiano Maran ed una via la maranerstrasse nello stesso cantone e ci sono famiglie con questo cognome.

    integrazioni fornite da Paolo Maran:

    Tracce del cognome Maran si hanno sin dal secolo XII° a San Gottardo di Zovencedo (VI). Maran furono i primi abitanti del piccolo borgo, provenienti presumibilmente dall'attuale Svizzera o addirittura dalla Baviera (San Gottardo fu infatti arcivescovo di Ildesk in Baviera dove morì nel 1038).Ancora oggi Maran è uno dei cognomi più comuni nella zona.

    integrazioni fornite da Giovanni Vezzelli:

    Maranesi è l'etnico del nome locale Marano, diffuso a larga parte d'Italia. Nel Modenese abbiamo Marano sul Panaro. Più rappresentato a Modena è il cognome Marani, direttamente dal toponimo, assai meno Marano, d'estrazione meridionale, e Maràn di derivazione veneta. F. Violi, Cognomi a Modena e nel Modenese, 1996. In Sicilia, secondo G. Rohlfs 122, il cognome Marano verrebbe dall'antico termine 'marano' = 'schiavo fatto libero'.

    Personale origine etno-etimologica:

    Potrebbe derivare dall'esclamazione semitica/aramaica maran atha che gli Ebrei rivolgevano agli apostati. Maran/Marran è anche una città del nord della Siria.

    Famiglia Masia

    Araldica tradizionalista:

    1°) Antica famiglia originaria di Valvenosta nel Trentino. Andrea figura nel 1165 al torneo di Zurigo; Arnoldo Vescovo di Coira nel 1213; Uldarico conte e vicedomino di Chirchberg. Di questa famiglia non si hanno più notizie certe. Che i membri della famiglia siano noncuranti delle cose volgari, ripromettendosi dalle sole loro energie la dovuta ricompensa

    2°) Masia è tipicamente sardo, molto diffuso in particolare nel nord dell'isola, in particolare a Sassari ed Alghero, ma anche, sempre nel sassarese, ad Ossi, Porto Torres, Tissi, Ittiri, Sorso e Pozzomaggiore, in Gallura ad Olbia ed Oschiri, ed a Cagliari, Nuoro ed Oristano, Maxia è invece tipico di Cagliari e del cagliaritano, di Selargius, Quartu Sant'Elena, San Basilio e Quartucciu, con un ceppo anche ad Aritzo nel nuorese, dovrebbero entrambi derivare dal vocabolo sardo di origine spagnola maxia e masia (masseria, fattoria), forse ad identificare i capostipiti come quelli della fattoria.

    Origine etno-etimologica:

    Cognome che altrove è letto Maxìa (x = j franc.), essendo attestato nel sud Sardegna; nel nord è attestato come Masìa.
    Pittau DCS fa due ipotesi etimologiche: 1 corrisp. al camp. maxìa ‘magia, stregoneria’ < lat. magia (è presente nelle Carte Volgari AAC XIII come Magia); 2 variante camp. del cgn Masia, Mascia.
    Sembrerebbe la prima ipotesi a prevalere nettamente. In tal caso ci riportiamo all’it. mago ‘chi esercita la magìa’. Il termine appare nel 1300 con Dante. Riproduco l’indagine fatta dal DELI: «Vc. dotta, lat. măgu(m) dal gr. mágos, per Erodoto ‘sacerdote persiano che interpreta i sogni’, un prestito dalla stessa lingua dei Persi (già nelle iscrizioni cuneiformi), per i quali maguš era denominazione propria alla sfera della religione e del culto, ancora priva, però, di etimologia. Anche il tardo (in Apuleio, già col senso di ‘stregoneria’) der. magīa(m) riproduce il gr. magéia ‘l’arte dei magi persiani’, e così pure l’agg. măgicu(m) ripete il gr. magikόs».
    La lingua persiana era a contatto con quella accadica, ed è proprio nel cuneiforme che troviamo le basi più antiche del termine: maḫḫu ‘esaltato’, maḫḫû(m) ‘estatico, profeta’, mâḫum ‘uscir fuori (di sé), dipartirsi’ (dell’estatico), maḫû(m) ‘diventare frenetico, delirare’.

    La storia di Mascìa, Masìa in quanto cognome passa comunque attraverso l’ebraismo, essendo da quella civiltà che approda tra i Sardi, forse dal 1000 a.e.v., questo nome. EBD riporta una serie nutrita di cognomi ebraici: Amasiah (2Cr XVII 16, etc.); Ma’ascia (Ger XXI 1); Ma’asciau (1Cr XXV 18, etc.); Ma’azia, Ma’azian (Neh X 9; 1Cr XXIV 18); masciah ‘messia’; ebr. cat. Massies; ebr. alger. Messiah, Messias, Meziah; ebr. it. di origine nord afric. Masciah, Massiah; ebr. Corfù Maiscia (nel 1515). Quindi possiamo affermare che il cgn sardo Mascìa è un termine autonomo rispetto a logud. Masìa, e significa ‘Messìa’.
    Mascìa è un cognome veramente importante, e fornisce una traccia sicura dell’installazione di antichi gruppi ebraici in Sardegna. Il termine ebraico originario è mašiaḥ, aram. mešiḥa ‘l’unto’: egli è propriamente un agente unto da Dio e designato ad uno scopo concernente la sorte del popolo eletto. I Settanta traslarono questo concetto col gr. Χριστός, che nei primi scritti del Nuovo Testamento è già diventato il secondo nome di Gesù; ma mašiaḥ appare dapprima nel libro di Daniele, dove appunto il futuro Davide diviene un unto (Dan 9,25). Nei testi di Qumran si cita esplicitamente l’attesa del Messia (1QS 9,10-11).

    Famiglia Magalli

    Araldica tradizionalista:

    1°) Antica e nobile famiglia originaria del Piemonte. La presenza del motto nella bibliografia documentata della famiglia ci conferma l'avita nobiltà raggiunta della casata. Infatti l'origine del motto risale a circa il XIV secolo e deve essere ricercata in quei detti arguti che venivano scritti sui vessilli o bandiere dei cavalieri, esposti alle finestre delle locande in cui questi alloggiavano, in occasione dei tornei, e durante i tornei stessi.

    2°) Rarissimo, non è possibile identificare un'area d'origine, potrebbe essere una derivazione dal nome medioevale provenzale e italiano Magale, Magalia, come potrebbe trattarsi di un errore di trascrizione di Magaldi (vedi MAGALDI).

    3°) Magaldi, non comune, potrebbe essere originario della zona tra il foggiano, la Basilicata e la Campania, dovrebbe derivare dal nome medioevale di origini germaniche Magaldus, una latinizzazione del nome Maginwald composto dai termini magin (forza) e wald (governo), con il significato di chi governa con la forza, ma potrebbe in molti casi pure derivare dal toponimo San Magaldo località del comune di Stigliano nel materano. Tracce di questa cognominizzazione le troviamo però a Firenze agli inizi del 1300, un tale Miglinus Iacopi Magaldi viene annoverato tra i Priori di Firenze per il periodo che va dal 15 dicembre 1305 fino al 14 febbraio 1306, dal
    dal 15 febbraio al 14 aprile del 1312 e dal 15 dicembre 1325 al 14 febbraio 1326, mentre dal 15 giugno al 14 agosto 1316 troviamo un tale Gherardus de Magaldis sempre tra i Priori di Firenze.

    integrazioni fornite da Giovanni Vezzelli:

    Magaldi: Minervini e Rohlfs concordano sulla origine di questo nome: dall' italiano antico 'magalda' = 'meretrice'. (???)

    Origine etimologica:

    Cognome sardo derivato direttamente dal babilonese ammagallu "forestaâ". Ma ha pure parentela con l'ebraico Magaluff .

    Famiglia Carraimi:

    I Carraim furono una setta ebraica eretica se ho ben capito:

    La parola Ebrea Mcra che pronunziasi Micra - Michrà, denota i libri santi e in particolare quelli di Mosè, perchè formano la lettura degli Ebrei.

    Famiglia Carrano

    Araldica tradizionalista:

    1°) Antica e nobile famiglia della Sicilia. Il commendator G.B. di Crollalanza riporta la blasonatura di questa famiglia nei volumi del suo Dizionario storico blasonico delle famiglie nobili e notabili italiane. Dice il Galluppi nelle sue opere: Stato presente della nobiltà messinese (1881), stampato in Milano dal Bernardoni nel 1881; Nobiliario della città di Messina, stampato in Napoli nel 1878; L'Armerista Italiano, stampato in Milano nel 1872, della quale riferisce il Galluppi di antica e chiara nobiltà

    2°) Antica e nobile famiglia che variò il cognome in: di Cairano, Chauronne, de Chaurano, de Caurano, de Carrano e Carrano. Dimorante a Napoli e Diano odierna Teggiano (SA), è giunta in Italia con i normanni; si stanziò in principio nell’alta Campania e successivamente nel salernitano.

    Origine etno etimologica (la più probabile, almeno per quanto mi riguarda):

    Carrano è tipico della zona tra napoletano ed alto salernitano, dovrebbe derivare da nomi di località di cui abbiamo un esempio a Solofra (AV) dove si trova un campo Carrano. Tracce di questa cognominizzazione le troviamo a Napoli nella seconda metà del 1700 con Don Michele Carrano governatore d'Ischia.

    integrazioni fornite da Leonardo Delli Giudici:

    Carrano è un cognome preso da località. Invero, già nel vecchio testamento si rinviene in Mesopotania la città di Carran. Località Carrano esistono un po in tutta la Campania: a Teano (CE), a Solofra (AV) , a Teggiano (SA) esiste la località Carrano o Carrani. Anche in Calabria esiste un casale ovvero una frazione di Colosimi (CZ) chiamata Carrano, a Contursi (SA) esiste una località Carrano che ha dato nome anche ad un viadotto dell'autostrada. Sempre nell'avellinese esiste Cairano castello che nelle carte geografiche del 1600-1700 è chiamato Carrano. Per alcuni deriva da un termine di origine semitico da Car che significa roccia, picco elevato, ma anche, rocca. Di origine Imperiale, il cognome Carrano deriva certamente da qualche individuo che possedette una signoria con tal nome. Nel avellinese e nel salernitano, in particolare nella piana del Sele, è largamente attestata la gens latina Carania, probabilmente derivate dal nome latino Cairus, di cui al successivo suffisso di appartenenza -anus, divenuto Cairanus e forse carranus, se non anche caranus. La diffusione di questo cognome è connessa alla dominazione Normanna. E' noto che i conquistatori normanni solevano prendere il nome dal luogo cioè dal predio che signoreggiavano, come accaduto per moltissime famiglie es. Aquino, Sanseverino, Marzano, Rota, de Capua, Santomango o Santomagno, Savoia, d\'Aragona, de Pagani, Avella, Castocucco, ecc. ecc. Durante la dominazione normanna, Cairano (AV) fu feudo di sei cavalieri che potrebbero averne preso il nome, successivamente a seguito di metatesi, ma anche di errori di trascrizione, cambiamenti linguistici, fonetici ed a volte anche dialettali, divenuto Carrano. Nel 1292 il Capitano a guerra del principato citeriore (Salerno) fu un tale Giovanni di Cahurano, Chaurano ovvero Caurano, antico francesismo linguistico dell'angioino provenzale-durazzesco Carrano, come accaduto ad esempio per Bhauden, de Bauden, Baudino, Bodino, o ancora per de Baux, de Baucio, del Balzo e tante altre famiglie nobili, come i d'Alitto, che in origine si chiarono de Letto, de Lechto nel periodo angioino, de Lecto, di Alicio nel periodo Federiciano, di Alicto, e d'Alitto o ancora per i Curiale divenuti Coriale, Curriale, Corriale e Correale. A sostegno della probabile origine normanna, la circostanza che una famiglia nobile Carrano è documentata dal Crollalanza nel suo Dizionario Storico Blasonico anche in Sicilia, purtroppo senza indicarne la città dove fu stanziata e le cariche dei suoi esponenti. E' certo comunque che una famiglia nobilissima Carrano, di cui il primo è il citato capitano a guerra nel 1292, è fiorita nel Salernitano, a Diano diramandosi anche nel Cilento. Tale famiglia vanta dei vescovi, moltissimi cavalieri tra i quali alcuni cavalieri della religione Gerosolimitana, di Rodi, di Malta, magistrati, abati, generali. Proprio in questi luoghi il cognome è molto comune. Probabilmente dovuto alle antichissime usanze di conferire ai Villani cioè ai vassalli, nonché ai famigli cioè coloni, servitori, assoldati, ecc. il cognome del Signore e di conferire ai trovatelli i cognome della famiglia più in vista, usanza misericordiosa tutta Italiana largamente nota. Ritengo che sia difficilissimo dire qualche cosa di certo circa la primaria origine del cognome Carrano. La spiegazione che mi appare più logica e convincente è, che il vocabolo, che per alcuni significa roccia, sia di origine mesopotamica e semitica derivi proprio dalla città di Carran più volte menzionata nel vecchio testamento nella genesi cap.11. Infatti, si dibatte sulla provenienza di Abramo, alcuni lo dicono di Ur altri lo dicono di Carran. Comunque da Carran partirono moltissimi esodi (migrazioni). Gruppi di abitanti di Carran potrebbero essersi fermati in molti posti dell'Europa del nord e del sud. Tali grappoli o gruppetti di comunità potrebbero aver dato il nome alle località Carran o Carrano. Come detto persone singole e gruppi di persone potrebbero averne preso il nome anche in epoca latino-romana e tardo imperiale come Cairus, da Cairanus o Carranus o Caranus e così via nelle varie lingue di origine latina, come Italiano, Francese, Inglese ed Irlandese. Dopo la caduta dell'impero romano e l'avvento delle dominazioni barbariche di Ostrogoti, Visigoti e Goti, in Italia, dobbiamo attendere i longobardi per vedere timidamente rispuntare i cognomi, e tale usanza diverrà regola solo con i normanni e gli svevi. I cavalieri normanni in particolare, lo ripetiamo, presero il nome dal luogo signoreggiato. Così se, Carran, Carine, Karran, Caronet, Cheronnet e Cheroneau sono le varianti Francesi, Inglesi, Soczzesi e Irlandesi di Carrano, anche Chaurano, Cahurano, Caurano, carano e Cairano di Carrano in Italia.

    Famiglia Caiumi - Cajumi

    Caiumi è tipico di Modena e Carpi nel modenese e di Reggio Emilia, Cajumi è quasi unico, dovrebbero derivare da un'alterazione del nome ebraico Caim (Caino), il nome Caium esiste presso gli arabi del nordafrica come forma arcaica di Caim, assolutamente improbabile l'ipotesi che possa derivare dalla forma accusativa Caium del praenomen latino Caius.

    Famiglia Taiani - Taiano - Tajani

    Araldica tradizionalista:

    1°) Famiglia monogenetica originaria di Vietri sul Mare in provincia di Salerno.

    Le prime notizie sull'esistenza di questo casato in terra italica risalirebbero all’XI Secolo. In tale epoca infatti, da quanto si evince dal volume “Storia del Duomo di Salerno” di Matteo Bartolomeis, sarebbe esistito un " Mattheus Taijanus ", il quale, tra gli anni 1076 e 1085, durante il principato di Roberto I il Guiscardo (1015 - 1085), avrebbe diretto le opere del Duomo di Salerno e avrebbe pertanto costruito, tra il 1080 e 1085, la magnifica Cattedrale dedicata a S. Maria degli Angeli e all'Evangelista S. Matteo, le cui spoglie sono tumulate nella Cripta. Il maestoso Duomo, che fu consacrato da Papa Gregorio VII, morto esule a Salerno nel 1085, è noto per le numerose opere d'arte che custodisce e per il campanile romanico.
    Nella chiesa parrocchiale di S. Giovanni Battista a Vietri, entrando a destra, è ubicata la cappella di S. Antonio Abate. Sulla parete è collocata un’elegante acquasantiera a forma di vasca sorretta da un pilastro, un magnifico lavoro Seicentesco in marmo rosso siciliano sulla cui base emerge scolpito lo stemma della
    famiglia Tajani. Su questa acquasantiera vi è la seguente iscrizione: Erga hoc Praecursori teplu Ioanes Leonardus De Simone et Didacus Tajanus pietate fecundant 1667. L’acquasantiera sarà stata certamente rimossa dalla sua collocazione originaria che sarà stata, senza ombra di dubbio, la cappella della famiglia Tajani sul lato opposto della navata. La notizia sopra riportata è confermata anche da Alfonso Guarigli che scrive: Un Matteo Tajani ebbe nel 1587 la concessione di una cappella nella Chiesa di San Giovanni Battista in Vietri. Nel 1680 - continua Guariglia - questa concessione era posseduta da Simone Tajani.

    2°) Famiglia illustre e storica allo stesso tempo, però come dice il Dolfi nella sua "Cronologia delle famiglie nobili di Bologna, con le loro insegne, e nel fine i cimieri", stampato in Bologna presso Giovan Battista Ferroni nel 1670, proveniente da Bologna. Qual fosse ne' passati secoli nelle Città dell'Emilia, la Famiglia è molto noto a ciascuno, ch'abbia de' fatti di quella nobil Città veruna contezza..

    Origine etno-etimologica (più probabile):

    Taiani è molto raro ed è specifico del salernitano, Tajani, assolutamente rarissimo, potrebbe essere anch'esso campano, Taiano, molto molto raro, è tipico del napoletano ed in parte del salernitano, dovrebbero derivare da nomi di località come Taiano nel teramano, o anche da forme aferetiche di nomi come Ottaviano portati dai capostipiti.

    integrazioni proposte da Angelo Tajani:

    La famiglia Tajani è originaria di Vietri sul mare in provincia di Salerno. L'origine del cognome, secondo quanto è stato pubblicato da Domenico Tajani nel 1800, risalirebbe ad una tribù, Tayani o Tajani, che dimorava sulla riva orientale del Tigri, tra il piccolo e il grande fiume Zob. Non è da escludere, infatti, che i primi Tajani siano arrivati a Vietri sul mare nei primi anni del Decimo secolo con quei studiosi arabi reclutati da Federico II° per insegnare nella Scuola Medica Salernitana. Sta di fatto che tutti i discendenti di questa famiglia, dal 1400 ad oggi, si sono dedicate alle arti nobili: la produzione della ceramica, della carta e l'ingegneria. Pare, infatti, che un Mattheus Tajanus sia stato il direttore dei lavori del Duomo di Salerno, costruito nella seconda metà dell'anno Mille. La famiglia Tajani annovera Diego Tajani, già Procuratore generale prima a Napoli e poi a Palermo e poi ministro di grazia, giustizia e dei culti, in tre gabinetti presieduti da De Pretis.

    integrazioni fornite da Giovanni Vezzelli:

    Tajani è cognome meridionale che secondo il Flechia (App. ms.) viene dal nome locale Ottajano. Olivieri 153.

    Attualmente, nel villaggio di Dittal Abro, in Pakistan, esiste una tribù dal nome Tajani Abro:

    Village Dittal Abro (Urdu: گوٹھہ ڈتل ابڑو‎, Sindhi: ڳوٺ ڏتل ابڙو‎) is a village in Sindh, Pakistan.

    It is 15.7 km away from Larkana. It is in talukaQambar Shahdadkot District. There are many castes living in this village like Abro (ابڙو ) two well-known tribes: Tajani Abro ( تاجاڻي ابڙو ) and Agham Abro ( اگهم ابڙو ), they have been settled in the area for over two centuries ago,[1] Syed (Urdu: سيد ) Syed Bokhari ( بخاري سيد ), Soomro (سومرو ), Meerani ( ميراڻي ), Lashari (لاشاري ), Haslo (حاصلو ), Malano ( ملاڻو ), Chandio ( چانڊيو ) and Mangi ( منگي ).

    Famiglia Belloli (cognome di mia nonna, da parte di mio padre)

    Araldica tradizionalista:

    1°) Antica famiglia lombarda, di remote origini celtiche, di chiara ed avita virtù, propagatasi, nel corso dei secoli, in diverse regioni d'Italia. L'origine di tal cognominizzazione, al dir di autorevoli genealogisti, andrebbe ricercata in una modificazione ipocoristica del nome augurale, di matrice medioevale, "Bellus", appartenuto, probabilmente, ad un, oggi ignoto, capostipite..

    2°) Belloli ha un ceppo lombardo concentrato ad Inveruno e Milano nel milanese, a Bergamo, Verdello, Castel Rozzone, Cividate al Piano, Pontirolo Nuovo, Treviglio, Bariano e Brignano Gera d'Adda, ed un ceppo emiliano a Parma, Fornovo di Taro e Collecchio, ed a Baricella nel bolognese.
    dovrebbero derivare dal nome medioevale Belolus, forma ipocoristica del nome Bellus,

    Origine etimologica:

    Giovanni Semerano fa derivare il termine latino "Bellus" da antiche voci semitiche

    Famiglia Marrazzo - Marrazzu

    Araldica Tradizionalista.

    Marrazzi:

    1°)Antica ed illustre famiglia del Regno delle Due Sicilie, con residenza in Rossano, propagatasi, nel corso dei secoli, in diverse regioni d'Italia. L'origine di tal cognominizzazione, al dir di illustri genealogisti, andrebbe ricercata in un soprannome, basato sul nome medioevale "Maro", appartenuto, probabilmente, ad un, oggi ignoto, capostipite. In ogni modo, tal casato venne, verosimilmente, fregiato del cavalierato, in seguito alla partecipazione, sotto i vessilli aragonesi, connotata da coraggio e virtù, di un Carlo Marrazzo alla guerra d'Otranto, del 1481, contro gli Ottomani..

    Marrazzu:

    2°) La presenza del motto nella bibliografia documentata della famiglia ci conferma l'avita nobiltà raggiunta della casata. Infatti l'origine del motto risale a circa il XIV secolo e deve essere ricercata in quei detti arguti che venivano scritti sui vessilli o bandiere dei cavalieri, esposti alle finestre delle locande in cui questi alloggiavano, in occasione dei tornei, e durante i tornei stessi. Il motto era un pensiero espresso in poche parole facente allusione a un sentimento palese o nascosto, a una qualità, a un ricordo storico, per stimolo al coraggio o onore.

    Origine etimologica.

    integrazioni fornite da Giovanni Vezzelli:

    Marrazzo è cognome meridionale che viene dalla voce calabrese 'marrazzu' = coltellaccio di macellaio. Rohlfs 166.

    Sia il cognome Marrazzi che Marrazzu, hanno la stessa radice in Marra, che a sua volta, è un cognome di origine semitica. Basta visitare il post numero 225 alla pagina numero 19 di questa discussione.

    marra1 s. f. [lat. marra, voce di origine semitica; cfr. accado marru «zappa»]. – 1. Strumento agricolo, simile a una piccola zappa con ferro triangolare, col quale si lavora il terreno alla superficie: giri Fortuna la sua rota Come le piace, e ’l villan la sua m. (Dante); ribatte Le porche con sua m. paziente (Pascoli). 2. Strumento, simile al precedente, con il quale i manovali rimescolano la calcina. 3. Nell’attrezzatura navale, la parte terminale dei bracci a uncino, fissi o mobili, delle ancore, destinata a mordere il fondo per farvi presa: è formata da un ingrossamento (patta) che, conformato a punta di freccia o di lancia, culmina generalmente con una sporgenza (unghia); per estens., è così chiamato anche tutto il braccio: m. articolate, i bracci mobili delle ancore senza ceppo. ◆ Dim. marrèlla, marrétta, marrettina, anche al masch., marrèllo, marrétto, marrettino; accr. marróne m. (v. marrone4).

    Anche Giovanni Semerano fa derivare il termine latino Marra dall'Accadico "Marru" = Zappa:

    Famiglia Sibiriu:

    Sibiriu, tipicamente sardo, è specifico di Guspini e Gonnosfanadiga nel Medio Campidano e di Villaperuccio nell'iglesiente.
    i
    ntegrazioni fornite da Giuseppe Concas:SIBIRIU: sibirìnu, tzippirìnu: da tzìppiri, cìppiri, sìppiri, sì(b)biri = rosmarino. L'etimo viene senza ombra di dubbio dal semitico tzibbir, come altre voci sarde, ad esempio mitza = sorgente, tzikkirìa = aneto, una specie di finocchio selvatico, con gambo da 40 centimetri ad un metro. La voce nelle sue varianti è diffusa nel territorio sardo più come toponimo che come cognome. Anche nelle carte antiche la troviamo come toponimo; non lo troviamo come cognome, ma come nome proprio, nel Condaghe di Santa Maria di Bonarcado, CSMB, XI°, XIII° secolo, al capitolo 189, in una donazione alla chiesa: donaitimi Petru Cappai (mi ha dato Petru Cappai), sa parzone sua et de fratres suos dessa figu canasturza (si tratta di una specie di fichi- a Catanzaro li chiamano fichi calastruzzi, prob. dal greco χαλλεοτσόνθιον ) et ipsa terra k'est tenendo a sa binia de Sanctu Iorgi.Testes: Goantine clericu et Goantine Coco et Cipari Murtinu Goantine Corsu, Goantine Manca. Anche in altre carte e pure tra i firmatari della Pace di Eleonora, LPDE del 1388, troviamo Cìpari come nome proprio, mai come cognome. Il cognome Sibiriu doveva essere anticamente Sibirìnu, quindi la pronuncia dovrebbe essere con la nasale: in linguaggio fonetico sibirĩu. Attualmente il cognome è presente in 21 Comuni italiani, di cui 18 in Sardegna: Guspini 28, Gonnosfanadiga 18, Villaspeciosa 13, Arbus 6, etc. Dovrebbe derivare dal toponimo Sìbiri: località in agro di Gonnosfanadiga, ma vicina a Guspini ed a Arbus. Sibiri un tempo ospitava una miniera, da tempo abbandonata e rimase poi come frazione di Gonnosfanadiga. Nel tempo si è andata spopolando quasi del tutto; attualmente è abitata solamente da due famiglie di allevatori. È una bellissima località di montagna. È sede di una colonia estiva, e molti abitanti di Gonnosfanadiga vi hanno costruito la seconda casa.

    Famiglia Mieli

    Differenti ipotesi etno-etimologiche:

    1°) Miele sembrerebbe tipico dell'area che comprende il Lazio, la Campania ed il foggiano, ma lo si trova anche nel fiorentino, nel veneziano ed in Lombardia, Mieli sembra invece specifico di Roma e della sua provincia, soprattutto di Mentana, questi cognomi derivano dal nome medioevale Miele, attribuito al figlio così desiderato da poter considerare il suo arrivo dolce come il miele, in alcuni casi si può anche trattare di forme contratte del nome Michele.

    2°) Etimologicamente dal latino “Mel” collegato al greco “meli” e a molte radici antiche europee come il gotico “milith”, l’irlandese “mil”, il bretone “mel”, probabilmente tutte derivate da un unica radice, ancora più antica, “mal”(essere morbido, molle, piacevole).
    Alcuni studiosi propendono invece come radice di base il sscr “mar” da cui “mrdnati”(tritare, rendere morbido) con anche la valenza di rallegrare, essere propizio, piacevole, (sscr “mrdati) collegato appunto all’altra voce sscr “madhu”(miele, bevanda dolce) paragonabile al greco “methy” ed all’antico tedesco “metu-met”(idromele). (fonte: Etimo.it)
    Resta comunque difficile e abbastanza confuso il tentativo di distinzione fra le radici “mar” e “mal” collegate da un intreccio così fitto da averle praticamente unificate.

    3°) Giovanni Semerano fa derivare il termine latino "Mel" da antiche voci semitiche

    Indipendentemente dalla sua origine etimologica, Mieli è menzionato da Samuele Schaerf come cognome di origine ebraica.
    Personaggi famosi che portano tale cognome sono il filosofo Mario Mieli (di origine ebraica) e il giornalista scrittore Paolo Mieli.

    Famiglia Bassiano

    Araldica tradizionalista:

    Nei secoli anteriori e successivi alla nascita di Cristo non pochi furono i Bassiano, romani, di chiara fama: generali e poeti, ammiragli e grammatici; e nel settentrione ove forse esulando in tempi antichi presero stanza, li troviamo a Genova, Tortona, Voghera, Pavia, Alba, Gamondio (poi Alessandria) Asti già nei secoli XI e XII denominandosi indifferentemente Basso o Bassi con maggior frequenza di quest'ultimo dopo il XIII secolo.

    Probabile origine etnica:

    La stirpe di Bassiano aveva probabilmente origini arabe, discendendo forse dai principi arabi di Emesa (Samsigeramus e Sohaemus) che, ancora nel I secolo, regnavano come vassalli dell'Impero romano, fino a quando Domiziano non pose fine alla loro semi-indipendenza.

    Famoso fu l'imperatore romano Sesto Vario Avito Bassiano, meglio noto come Eliogabalo o Elagabalo, di origini siriane:
    ebbe cinque mogli e due "mariti",stando però al senatore e storico contemporaneo Cassio Dione, la sua relazione più stabile sarebbe stata quella con un auriga, uno schiavo biondo proveniente dalla Caria di nome Ierocle, al quale l'imperatore si riferiva chiamandolo suo marito. Erodiano commenta che Eliogabalo sciupò il suo bell'aspetto naturale facendo uso di troppo trucco. Venne spesso descritto mentre «si deliziava di essere chiamato l'amante, la moglie, la regina di Ierocle», e si narra che abbia offerto metà dell'Impero romano al medico che potesse dotarlo di genitali femminili. Di conseguenza, Eliogabalo è stato spesso descritto dagli scrittori moderni come transgender, molto probabilmente transessuale.

    Famiglia Moreschi - Moresco - Morischi - Morisco

    1° ipotesi:

    Un importante nucleo nel bresciano ed un piccolo ceppo probabile nel maceratino, può derivare dal nome medioevale italiano Morus, ma, in alcuni casi può intendere una discendenza o una connessione con i Saraceni. Si trovano tracce di un Girolamo Moreschi, Presidente del Supremo Consiglio di Piacenza, che con atto del notaio Gabriele Cattanei del 6 marzo 1610, lasciò suo erede universale l' Ospedale di Piacenza.

    2° ipotesi:

    Moreschi ha un importante nucleo nel bresciano ed un piccolo ceppo probabile nel maceratese, Moresco ha un nucleo tra Genova e Bargagli (GE) ed uno nel vicentino tra Marostica, Breganze, Sandrig, Molvena e Mason Vicentino, un ceppo nel cuneese tra Montà e Barge ed uno nel chietino, Morisco sembra essere originario del barese, Morischi è quasi unico, possono tutti derivare dal nome medioevale italiano Morus, ma, in alcuni casi può invece intendere una discendenza o una connessione con i Saraceni derivando perciò dai Moriscos spagnoli (i mori di Spagna).. Si trovano tracce di un Girolamo Moreschi, Presidente del Supremo Consiglio di Piacenza,che con atto del notaio Gabriele Cattanei del 6 marzo 1610, lasciò suo erede universale l' Ospedale di Piacenza.

    Famiglia Gauna:

    A differenza di coloro che lo vorrebbero di origine "nordica", l'etimologia di taluno cognome è tipicamente semitica:

    Gauna deriva dall'Accadico Gaunakè, (termine grecizzato), a sua volta derivato da un altro termine dell'Accadico arcaico "gonakka".
    Gauna è anche il leader degli spiriti dei morti nella cultura dei Boscimani. A volte identificato come Gauna, Gawa, Gawa, Gawama, Gawama, Gawa (ma) o Gawa (ma).

    Personaggio noto tra i cultori delle tradizioni, dei culti religiosi e della storia dei Longobardi è Paolo Gauna, fondatore e direttore della Comunità Odinista nell'Italia settentrionale, conosciuto con il nome di "Hundingr-Gisulf DCdG"

    Famiglia Califano - Califani - Califfi - Califfo:

    Califani, praticamente unico è un errore di trascrizione di Califano che è tipico della Campania, con un ceppo nel potentino ed uno nel Lazio, Califfi e Califfo sono assolutamente rarissimi, dovrebbero tutti derivare dal nome arabo Khalifa derivato a sua volta dal termine omonimo (in italiano il califfo), che identifica il capo supremo del paese, il vicario del re, il podestà.

    Famiglia Cassibba:

    Tipico di Comiso nel ragusano, dovrebbe derivare dal vocabolo arabo qhassab (macellaio. Tracce di questa cognominizzazione le troviamo a Comiso nel 1600 con il notaio don Carlo Cassibba.

    Famiglia Maccalli:

    Maccalli è tipicamente lombardo, del cremasco in particolare, di Crema, Madignano ed Izano, del vicino bergamasco e di Milano, potrebbe derivare dal cognomen latino Maccalus, ma è pure possibile che possa anche derivare da un nome di località individuabile probabilmente dalla presenza di un fossato, il termine tardo latino macallus significa appunto fossato.

    Ipotesi personale:

    Potrebbe anche derivare dall'

    Ma anche dall'accadico makkalu - mäkalum - makallu

    Famiglia Caliman - Calimani - Calimano - Calliman:

    Caliman è estremamente raro sembrerebbe originario della zona tra Pordenone e Treviso, Calimani ancora più raro sembra sempre essere comunque veneto, Calimano è assolutamente rarissimo, quasi unico, Calliman sempre rarissimo è tipico del trevigiano, cognomi di origine israelitica dovrebbero tutti derivare dal nome ebraico Calonimos o Kaliman. Esempio di questo nome si trova nel Veneto fin da prima del 1500; ad Asolo (TV) un certo Caliman Cohen è citato in un atto del 1547 nel quale si legge: "ad istantia et requisitione de Caliman et Iseppo hebrei figlioli del quondam Marco, et de altri hebrei habitanti in Asolo".

    Famiglia Raiani - Raiano - Rajani:

    Raiani è quasi unico, Raiano è tipicamente napoletano, con piccoli ceppi a Giugliano in Campania ed a Marano di Napoli, Rajani ha qualche presenza a Roma e nel crotonese, questi cognomi dovrebbero derivare da soprannomi basati sul termine arabo raya (vessillo, stendardo, insegna), probabilmente ad indicare che i capostipiti fossero dei vessilliferi o portainsegne.

    Cognome Caliman:

    Dovrebbe derivare dal nome ebraico Calonimos o Kaliman.
    Esempio di questo nome si trova nel Veneto fin da prima del 1500 mentre ad Asolo (TV) un certo Caliman Cohen è citato in un atto del 1547 nel quale si legge: "ad istantia et requisitione de Caliman et Iseppo hebrei figlioli del quondam Marco, et de altri hebrei habitanti in Asolo".
    Il cognome Caliman originario della zona tra Pordenone e Treviso.
    Calimani, più raro, sembra sempre essere comunque veneto.
    Calimano è rarissimo, quasi unico.
    Calliman, sempre rarissimo, è tipico del trevigiano

    Cognome Murru:

    Deriva da un soprannome legato al vocabolo dialettale sardo murru, "bigio, grigiastro, muso".
    Il cognome Murru è diffuso in tutta la Sardegna ed è uno dei più antichi cognomi del'isola.
    Murroni è originario del cagliaritano.

    Giovanni Semerano ne scopri antiche radici accadiche/semitiche:

    murru

    murru2

    murru3

    murru4

    Edited by CISALPINO - 20/1/2023, 09:30
     
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    Cognome di Umberto Smaila:

    Potrebbe derivare dal cognome albanese, Smajlaj, che origina dal nome turco Ismâil equivalente dell'ebraico Ishmael (Ismaele) con il significato "Dio ascolterà".
    Il cognome Smaila, rarissimo, sembrerebbe avere origini albanesi.

    Cognome Resmini

    L'origine comunemente accettata è la seguente:

    origine

    Dal punto di vista etimologico / semantico, questa è la mia personale origine

    Dal momento che questo cognome è formato dalla radice Res e dal suffisso Mini, ho trovato questo attraverso il metodo comparativo:

    res

    minu

    Che significherebbe BENE - RIDOTTO.

    Dizionario etimologico di Giovanni Semerano.

    Cognome Marchetti:

    Significato del cognome Marchetti. Il cognome Marchetti deriva dal prenome (o praenomen) latino Marcus. L'etimologia è riconducibile a Marticos e quindi a Mars, il cui significato è "Sacro o dedicato a Marte". Dunque le origini del cognome Marchetti sono riconducibili al dio della guerra venerato dai romani.

    Corrispettivo accadico nei dizionari etimologici di Semerano:

    Marchetti
     
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    Cognome di Iannone:

    Dovrebbe derivare da modificazioni del nome Giovanni.
    Si trovano tracce di questa cognomizzazione a Pontremoli nel 1500 con una famiglia Iannoni e nella seconda metà del 1700 a Solofra (AV) con un tal Fortunato Iannone citato fra i capifamiglia della città.
    Il cognome Iannone è diffuso nel Lazio, Abruzzo meridionale, Molise, Puglia, Campania e Calabria.
    Iannoni, abbastanza raro, sembra laziale, con un ceppo importante a Vallecorsa (FR).

    Ma Giovanni è un nome che deriva dall'ebraico יוֹחָנָן (Yochanan)

    Cognome Musarò - Musaro:

    Musaro è quasi unico, Musarò è tipico del leccese, dovrebbe derivare da capostipiti, che portassero il nome turco Mûsâr, o il nome arabo o ebraico Musar o il nome greco Musaios.

    Famiglia Zagaria:

    Potrebbe derivare da modificazioni del nome Zaccaria che deriva dall'aramaico Zacharyah, ma trae le sue origini addirittura dall'assiro e significa "memoria di Dio".
    In siciliano inoltre il termine zagara (dall'arabo zahr) si utilizza per indicare il fiore dell'arancio e di altri agrumi.
    Il cognome Zagaria ha un ceppo nel casertano ed uno a Salerno, uno nel materano, ma il nucleo principale è pugliese, del barese in particolare.
    Zacaria è tipico del casertano.

    Famiglia Marsella - ipotesi personale:

    L'origine di questo cognome potrebbe derivare da una modificazione del termine arabo Mashallah, che significa
    "Come Dio ha voluto", oppure dal termine arabo Mars Allah "Il Porto di Allah", da cui deriva anche il toponimo di Marsala.
    Difatti se si aggiunge una E e si elimina la A e l'H finale, risulta proprio il cognome Marsella:

    Famiglia Salemme:

    Dovrebbe derivare dal toponimo Salemi, in provincia di Trapani, oppure da soprannomi originati dal vocabolo arabo salam, "pace" o infine da forme contratte del nome Salomon di cui si ha un esempio in una sentenza emanata dal tribunale di Pisa nel 1191: "In eterni Dei nomine amen. Nos Lanfrancus quondam Ugonis de Foriporta et Salemme atque Petrus Alcherii publici appellationum cognitores et iudices causam appellationis que vertebatur inter Gratianum sindicum hospitalis de Stangno pro ipso hospitali et Gislam relictam Guidonis de Fasiano...".

    Il cognome Salemme è tipico dell'area che comprende le province di Latina, Caserta e Napoli con massima concentrazione nel napoletano, con un ceppo anche nel cosentino.

    Varianti:

    Salemma, Salemmi, Salemmo

    Famiglia Salamon - Salamone - Salamoni - Salomon - Salomone - Salomoni:

    Salamon e Salomon, molto raro, sono tipici del trevigiano, Salamone è specifico della Sicilia, Salamoni rarissimo è forse un errore di trascrizione di Salomoni che ha un nucleo nel bolognese ed uno nel bresciano e veronese, Salomone è diffuso in tutto il sud, ma in particolar modo in Campania, questi cognomi derivano tutti dal nome ebraico Shelam (pacifico).

    Potrebbero anche derivare da errori di trascrizione o da modificazioni dal nome biblico ebraico Šəlōmōh , moderno Šlomo,

    Cognomi Farrugia - Camilleri - Cassar:

    Farrugia is the third commonest surname in Malta. Farrūğ is a robe similar to the kabā', but short in the back, worn in the Prophet’s time; its application as a name element has not been, maybe justifiably, pondered.
    The Encyclopaedia of Islam: Glossary & Index of Terms to Vol. I-IX, p. 104. Otherwise Farrugia may be another formof Cal. and Sic. surname Farruggia, (a) < dial. ferruggia meaning ‘staff, rod, bishop’s crosier’; or (b) < It.farro, <Lat.far, Med. Lat.farru (m), a rarely cultivated kind of wheat. In the latter sense it is hence related to S. It. surname itself an offshoot of medieval Gk.kalaphátis; however, it ultimately derives < Ar.al-qalfā ṭmeaning ‘ship-caulker’.70 Camilleri, the second commonest surname in Malta, is linked with It.cammelliere, < medieval Lat.camelarius or medieval Gk.kamelaríos, ultimately < Ar.qamillarī meaning ‘camel driver’.71 Seychellhas been linked with Ar.al-sayqāl,72 probably <sayqāl (pl.sayāqil) meaning ‘furbisher’, ‘polisher’ 73 Bajada (or Bajjada) has been linked with either Ar.bayyāḍ meaning ‘whitewasher’, or else bayyāaḍ meaning ‘washerwoman’, or perhaps ‘cleaner of copper items’.74.

    Cassar is surely another occupational nisba, but various meanings have been proposed. Thestandard etymology of al-qaār ṣṣ suggests ‘a fuller or a bleacher; one who cleans, shrinks andthickens, or dyes cloth or newly shorn wool’.75 Other possible denotations are ‘stone-cutter’,‘nattier’, ‘mat-maker’ (if derived <al-aār ḥ ṣṣ), 76 and ‘a washer of clothes and also of the dead’(if derived <ġassāl.

    Cognome Mastella:

    Origine etimologica tradizionalista ed eurocentrica:

    Mastella ha un ceppo tra veronese, vicentino e padovano ed uno campano, dovrebbe derivare da un soprannome originato dall'antico termine masto (per mastro artigiano) soprattutto utilizzato in meridione, mentre nel Veneto potrebbe derivare dall'attività di lavandaia svolta dalla capostipite. e deriverebbe dal termine mastella o mastello (recipiente per lavare i panni), normalmente munito di occhielli superiori dove far passare una stanga per facilitarne il trasporto in due, il termine deriva dal tedesco mast
    (stanga).

    Ma potrebbe derivare dal termine di origine musulmano/sufista mast-Allah ', difatti se si aggiunge una E e si elimina la A e la H finale, ecco che appare il cognome MASTELLA.

    Mast(e)- Allah

    Famiglia Messora - Messore - Messori:

    Messora sembrerebbe della zona che comprende le province di Brescia, Mantova e Modena, probabilmente con origini nel mantovano, Messore, concentrato nell'area che comprende le province di Latina e Frosinone, casertano e napoletano, con probabili origini a Vallemaio (FR), Messori è tipico dell'area che comprende reggiano e modenese, Modena e Reggio Emilia in particolare.

    integrazioni fornite da Stefano Ferrazzi:

    Messora, piuttosto raro, è presente quasi esclusivamente nel nord, fra Lombardia, Emilia Romagna e Liguria, Messore ha un nucleo principale tra il frusinate, il latinense, il napoletano e il casertano, Messori, più tipicamente settentrionale, ha un vasto epicentro fra il modenese e il reggiano, tutti questi cognomi derivano dall'antico italiano messore, col significato di mietitore (di grano o altri cereali): l'origine del termine, infatti, va ricercata nel latino messor (da messus, participio passato di metere, cioè mietere), con uguale significato. In diversi casi, tuttavia, non si può escludere una derivazione diretta dal nome latino Messor, che nell'antichità romana identificava appunto il dio delle messi. In conclusione, dunque, si tratta delle cognominizzazioni o dei nomi di mestiere o dei nomi personali dei capostipiti.

    Semerano fa derivare il termine latino "messor" da antiche radici accadiche

    Famiglia Mose - Mosè:

    Mose è praticamente unico, mentre Mosè, molto molto raro, è di Sinagra nel messinese, dovrebbero entrambi derivare dal nome Mosè, derivato dal latino Moses, a sua volta derivato dal nome ebraico Mosheh (vedi MOSETTI).

    Famiglia Mosetti - Mosetto:

    Mosetti ha due ceppi, uno nel goriziano ed a Trieste ed uno ad Affile in provincia di Roma e a Roma stessa, Mosetto, assolutamente rarissimo, sembrerebbe piemontese, cognome di origine ebraica derivante da variazioni del nome Mosheh.

    integrazioni fornite da Giovanni Vezzelli:

    Mosetti è un cognome triestino, forma italianizzata sorta dopo il 1918 dell'originario cognome sloveno Mozetič patronimico in -ič tramite la declinazione obliqua Mozet del nome sloveno Moze, derivato come l'italiano Mosè dall'agionimo latino Moses/Moyses a sua volta risalente attraverso il greco Moses/Moyses al nome ebraico biblico Mosheh - il liberatore dalla schiavitù in Egitto e il legislatore del popolo d'Israele - ove Mosheh (= Mosè) in realtà è adattamento della voce egizia 'msj' = figlio. M. Bonifacio, Cognomi triestini, p. 188.

    Famiglia Baldassari - Baldassarini - Baldassarre - Baldassarri - Baldassarro - Baldesari - Baldessare - Baldessari - Baldessaro - Baldessarre - Baldessarri - Baldessarro:

    Baldassari ha un ceppo romagnolo, uno tra le province di La Spezia e Lucca, uno marchigiano ed uno laziale, Baldassarini è tipico del romano, Baldassarre è molto diffuso in Lazio, Abruzzo, Campania, Puglia e Basilicata, Baldassarri è diffuso invece in Romagna, Toscana, Marche, Umbria e Lazio, Baldassarro, molto raro, è tipico del foggiano, di Deliceto e della stessa Foggia, Baldessare, Baldessarre, Baldessaro, Baldessarro e Baldessarri, sono praticamente unici e molto probabilmente dovuti ad errori di trascrizione, Baldessari è tipico del trentino, Baldesari, è dovuto ad un errore di trascrizione del precedente, derivano dal nome medioevale Baldassarre derivato dall'ebraico Balthazar, l'uso della forma Baldessarre è provata da questo testo della seconda metà del 1400: "...Item quod caniparius mayor presens possit facere unum dare de libris duodecim imperialibus Baldessari quondam Zanni Bruni pro ficto annorum sex proxime preteritorum unius campi extimati heredi...", tracce di queste cognominizzazioni le troviamo nel 1600 a Riva del Garda (TN) in un processo civile contro un certo Francesco de Baldessaribus.

    Famiglia Baldassano:

    Molto raro è specifico di Sciacca (AG), dovrebbe derivare da modificazioni del nome Balthazar.

    Ma siffatto nome è una variante del nome proprio Baldassarre:

    Accadico-babilonese: Bel-šarra-uşur, Bel-shar-usur, Beltesha'tstsar, Balat-shar-usur
    Ceco: Baltazar
    Ebraico: בֵּלְשַׁאצַּר o בֵּלְאשַׁצַּר (Belshatzzar, Belsha'tstar, Belteshatztzar)
    Greco biblico: Βαλτάσαρ (Baltasar[)
    Inglese: Balthasar[2], Balthazar
    Latino: Baltassar[3], Baltasar[, Balthazar[
    Sloveno: Boltežar
    Spagnolo: Baltasar
    Svedese: Baltsar
    Tedesco: Balthasar Ipocoristici: Balzer, Balz (tipicamente svizzera)
    Ungherese: Boldizsár

    Famiglia Masala:

    Origine tradizionalista fallace e erronea, oltre che essere fin troppo carente di dettagli:

    Di origine decisamente sarda. è molto antico e dovrebbe derivare da un nome di località ora scomparso nelle vicinanze di Cossoìne (SS).

    Araldica tradizionalista:

    Antica ed illustre famiglia sarda, la cui nobiltà è testimoniata dalla sua presenza nel "Nobiliario sardo", opera che raccoglie gran parte delle famiglie nobili di sardegna, ivi compresi gli stemmari appartenute a quelle famiglie che risiedevano in quelle città. Sin dal XVI secolo, ovvero da quando si hanno le prime notizie certe relative a tal casato, i membri della famiglia Masala ebbero residenza in Alghero, ove un Giovanni Masala, nel 1520, ottenne il cavalierato ereditario, venendo ammesso, poi, nel 1528, allo stamento militare, durante il parlamento Villanova..

    In verità, l'origine di siffatto cognome deriva dall'arabo Mashallah " ما شاء الله , mā shā'a llāh " con il significato di "Dio ha voluto".

    Il significato esatto di MASHALLAH è "ciò che è stato fatto di Allah"; è usato per dire che qualcosa è successo, usato nel passato. INSHALLAH, letteralmente "se vuole l'ALLAH", viene usata in modo analogo ma per riferirsi ad un evento futuro.

    Famiglia Zuccalà:

    Origine tradizionalista:

    Zuccalà è tipico meridionale, ha un nucleo tra reggino e Sicilia orientale ed uno nel Salento, deriva da un soprannome greco originato dal mestiere di fabbricante di pentole, come personaggio notevole ricordiamo lo scultore di fine '800 Mariano Zuccalà di Militello (CT).

    Omettono però di scrivere che potrebbe anche derivare dall'arabo dzuq Allah con il significato di "gusto - piacere - gioia in Allah"

    Famiglia Zappale - Zappalà:

    Zappalà è tipico della Sicilia orientale, del catanese in particolare, Zappale è praticamente unico, potrebbero derivare dal cognome greco simile Tsapalàs.

    integrazioni fornite da Fabio Paolucci:

    Cognome quasi estinto, Zappale è oggi registrato solo nella città di Salerno, ed è riconducibile ad un unico ceppo familiare, essendo il cognome di due anziani e stimati fratelli, validissimi insegnanti di matematica, probabilmente originari del piccolo centro di Cologna, situato alle porte del capoluogo campano. Per ciò che concerne l'origine del cognome, è ipotizzabile la derivazione per errore di trascrizione anagrafica dal cognome Zappalà, ben più diffuso e di chiara provenienza siciliana (Catania e provincia), in alcuni casi registrato anche nella forma priva di accento Zappala. La forma cognominale Zappalà, di probabile derivazione greca o neogreca (dal cognome Tsapalàs) o addirittura araba (dal nome izz-bi-Allàh, con il significato di potenza di Allàh, di Dio), si sarebbe quindi innestata nei secoli scorsi nel Salernitano nella attuale e unica forma Zappale. Un ipotesi divergente indurrebbe a considerare il ceppo salernitano Zappale come autonomo rispetto ai vari ceppi siciliani Zappalà e Zappala dai quali si era precedentemente ipotizzata l'origine: in tal caso, il cognome potrebbe derivare dalla cognominizzazione del vocabolo zappa, inteso come strumento agricolo, o dal termine dialettale zappale, designante una sorta di ferro rettangolare sporgente dal muro, posto in passato nelle case rurali in prossimità di portoni e adoperato come appendiabiti o scarponi infangati per chi era di ritorno dal duro lavoro dei campi. Dal punto di vista documentale, la più antica attestazione della presenza dei Zappale in Campania è riconducibile alla seconda metà del Seicento e si riferisce alla figura del parroco don Andrea Zappale, Segretario del Vescovo di Nicastro (dal 7 luglio 1682) Mons. Nicola Cirillo.

    Famiglia Calascibetta:

    Araldica tradizionalista:

    Godette nobiltà in Siracusa, Palermo, Lentini, Licata e Piazza. Un Giovanni Andrea e Landolina fu investito del feudo o marcato chiamato la Montagna di Ganzeria a 23 ottobre 1505; un Matteo per la moglie Francesco Perrono fu barone di Cutumino come per investitura del 10 novembre 1506; un Girolamo ebbe investitura del feudo di Drafforosso a 29 maggio 1512, un Giuseppe, con privilegio II aprile-27 novembre 1578, ottenne la concessione del titolo di Don e forse egli stesso fu quel Giuseppe I barone di Malpertuso in sua famiglia per investitura del 2 settembre 1606....

    L'origine etimologica di Calascibetta deriva dall'arabo q'alat shibet che significa "il castello sulla vetta".

    Famiglia Michele - Micheletta - Micheletti - Micheletto - Micheli - Michelini - Michelino - Michelli - Michelotti - Michieli - Michielotti:

    Michele, molto raro, ha un ceppo nell'aquilano, uno nel beneventano ed uno nel potentino, Micheletta, assolutamente rarissimo, parrebbe del reggino, di Bova Marina in particolare, Micheletti è diffuso in tutto il centronord, soprattutto in Lombardia e Toscana, Micheletto è tipicamente veneto, Micheli è diffusissimo in tutto il centronord, Michelini è diffuso in tutto il nord, Toscana, Marche e Lazio, Michelino, molto molto raro, è tipico napoletano, Michelli ha un ceppo friulano nella zona di Cavazzo Carnico (UD) vicino a Tolmezzo ed uno nella zona di Rapino (CH), Michelotti è molto diffuso in tutto il centronord, Michieli è diffuso in tutta l'area veneto, friulano, giuliana, Michielotto è decisamente specifico del padovano, di Padova, Vigonza e Ponte San Nicolò, dovrebbero derivare tutti, direttamente o tramite modificazioni ipocoristiche e o dialettali, dal nome Michele, che trae origine dal nome ebraico Mi-Kha'El, composto da mi (chi, colui che), kha (come) ed El, dorma apocopata di Elohìm (Dio), con il senso di Colui che è come Dio.

    integrazioni fornite da Stefano Michieletto:

    i micheletti erano soldati di ventura spagnoli, li troviamo più volte citati ne I promessi sposi nei capitoli 13 e16.

    integrazioni fornite da Cesare Michelett:

    il cognome Micheletti è presente anche in Trentino, particolarmente in val di Non e val d'Adige, con origine certa, almeno per quanto riguarda la mia famiglia, al 1490. Prima di quella data non vi sono registri anagrafici e quindi non è stato possibile stabilire quale sia la provenienza del ceppo, posto che non sembra essere tra i cognomi autoctoni. E' interessante notare che il cognome della nostra famiglia è rimasto inalterato da quando vi è tradizione scritta.

    Famiglia Rafael - Rafaele - Rafaeli - Rafaelli - Raffael - Raffaela - Raffaele - Raffaeli - Raffaella - Raffaelli - Raffaello:

    Rafael, Rafaeli e Rafaelli sono quasi unici, Rafaele, oltremodo raro, sembra specifico di Altamura nel barese, Raffael, molto raro, è tipico di Venezia e del vicino trevisano, Raffaela sembrerebbe unico, forse siciliano, Raffaele è molto diffuso in tutto il centrosud, Raffaeli ha un ceppo tra milanese e cremonese, un ceppo nel veronese, uno nelle Marche e nel perugino, uno a Roma ed uno nel foggiano, Raffaella è assolutamente rarissimo, Raffaelli è diffusissimo in tutto il centronord, Raffaello ha un ceppo nel vicentino ed uno nel brindisino.

    integrazioni fornite da Stefano Ferrazzi:

    L'origine di questi cognomi va ricercata nel nome Raffaele o Raffaello, l'italianizzazione cioè del personale ebraico Refa'el, che, composto dagli elementi rapha' (guarire) e El (Dio), può essere tradotto come Dio guarisce (sottinteso, dai mali della vita): in questo contesto, infatti, va ricordata la figura dell'arcangelo Raffaele, a cui la Bibbia attribuisce miracolose facoltà di guarigione (nel Libro di Tobia, ad esempio, Raffaele guarisce Tobia dalla sua cecità). Per quanto riguarda i cognomi in questione, dunque, si tratta delle cognominizzazioni dei nomi personali dei capostipiti.

    Famiglia Cassis.

    Ipotesi tradizionalista incerta:

    Tipico del bergamasco, di Calcinate e Cavernago, potrebbe derivare da un soprannome di origine oscura, le ipotesi di una connessione con il villaggio di Cassis nel sud della Francia o con il cassis (aroma di ribes) sono improbabili, nell'udinese troviamo già nel 1700 i Conti Cassis Faraone.

    Famiglia Cassisa - Cassisi.

    Ipotesi tradizionalista:

    Cassisa, molto raro è specifico trapanese, Cassisi, probabilmente messinese, è distribuito sulla costa sudorientale della Sicilia, di origine incerta, potrebbero essere nati da un soprannome derivato dal vocabolo latino cassis (elmo) o da un altro vocabolo latino cassis (rete da caccia) o potrebbe definire l'appartenenza alla gens Cassia.

    integrazione fornite da Giovanni Vezzelli

    Cassisi è cognome della Sicilia orientale che deriva dal vocabolo dialettale 'cassisi' = lungo, alto. Rohlfs 65.

    Giovanni Semerano fa derivare il vocabolo latino "Cassis" da antiche radici accadiche

    Famiglia Musillami:

    Specifico del trapanese, di Marsala e Valderice, potrebbe derivare da un'italianizzazione del termine e nome arabo Muslim (mussulmano) o del cognome e nome, sempre arabo, Mussalam, ma potrebbe anche derivare dal nome albanese Muslimi con il medesimo significato.

    Famiglia Caira - Cairo:

    Caira ha un nucleo ad Atina (FR) ed uno nel cosentino a Rende in particolare, Cairo ha un ceppo tra sudmilanese e pavese, che dovrebbe derivare dal toponimo Pieve del Cairo (PV), un ceppo salentino ed uno nel cosentino, secondo alcuni i ceppi meridionali potrebbero derivare dal nome normanno Cahir, secondo altri deriverebbero da soprannomi originati dal termine arabo hair (gentile, buono).

    Famiglia Cotugno:

    Il cognome Cotugno è tipicamente meridionale, con ceppi importanti tra iserniese, casertano, beneventano e napoletano e foggiano in particolare, con presenze comunque significative anche nel barese, tarentino e materano ed un ceppo tra reggino e messinese.

    Dovrebbe derivare da nomi di località o dalla presenza di piante di mele cotogne nelle vicinanze dell'abitazione dei capostipiti, ma non si può escludere in alcuni casi una derivazione da soprannomi di mestiere originati dal termine arabo qutun, "cotone". Un ulteriore ipotesi lo lega al cognome di origini spagnole, Cotuno, tipico dell'area di Toledo.

    Famiglia Beniamino:

    dal nome del personaggio biblico Beniamino, in ebraico: בִּנְיָמִין Binyāmīn, composto da ben figlio e yāmīn della destra, cioè fortunato.

    Nella Bibbia:

    "quando Rachele partorì ed ebbe un parto difficile. 17Mentre penava a partorire, la levatrice le disse: "Non temere: anche questo è un figlio!". 18Mentre esalava l'ultimo respiro, perché stava morendo, essa lo chiamò Ben-Oni, ma suo padre lo chiamò Beniamino"

    Famiglia Tinebra:

    Cognome molto raro, pare essere originario della Sicilia, con ceppi apparentemente secondari nel veneziano, a Roma e nell'astigiano.
    Il prof. Vezzelli afferma: Tinebra viene dall'arabo 'tanābirī ' = suonatore di 'tunbūr', una specie di mandolino. Caracausi II 1622

    E’ un cognome raro diffuso soprattutto in Sicilia, ma anche in Piemonte, Lazio, Veneto, Lombardia, Valle d’Aosta, ecc. Nella nostra isola è presente solo in alcune province: nell’agrigentino (Racalmuto, Castrofilippo, Castroreale), nel nisseno (Caltanissetta, Delia), nell’ennese (Enna), nel palermitano (Palermo); qualche piccolo nucleo è presente anche in Piemonte, Lazio, Veneto, Lombardia, ecc

    Famiglia Bufarano:

    Padre del fornaio (abu al far-ran)

    Famiglia Giacobbo:

    Abbastanza raro, ha un ceppo nel vicentino ed uno forse secondario nel messinese.
    Dovrebbe derivare, direttamente o tramite ipocoristici, dal nome medioevale ebraico עֲקֹב Yaʿaqov o Ya'ãqōb dal nome biblico Giacobbe.

    Araldica:

    Famiglia assai antica e nobile dell'Emilia Romagna dell'Emilia Romagna con residenza nella città di Bologna, detta anche Giacobbi o Di Giacobbo, i nomi dei suoi componenti si trovano soprattutto ricordati in contratti di acquisto di terre e case. Annovera questa illustre casata personaggi di elevate virtù, ma la penuria delle scritture in quegli antichi secoli ci priva di quelle curiosità più nobili, che si possono desiderare. Da Bologna questa famiglia anche in Modena passò circa il 1280 de' quali vi fiorì Giambattista Giacobbo, che intervenne nella guerra che successe fra gl'Orsini, e Colonnesi nel 1347 ove in servigio degl'Orsini morì..

    Famiglia Caimi - Caimmi:

    Caimi è un cognome lombardo, originario delle provincie di Varese, Como e Milano, Caimmi è tipico marchigiano, della zona di Falconara Marittima (AN), i Caimi furono signori feudali di Turate (CO), nel repertorio delle famiglie nobili di Milano e contado del 1277 compaiono come una delle 200 famiglie più importanti, per la derivazione etimologica vedere CAEM.

    integrazioni fornite da Giovanni Vezzelli

    Caimi è diffusissimo in Lombardia, ma presente anche in Piemonte, Liguria e Sicilia, sporadicamente in altre zone d'Italia. Secondo alcuni (Francipane) deriva dal personale germanico Aimo da 'haimi' = patria, casa. Per altri (Lurati) da Cà + Aimo. Per altri ancora (Pellegrini) deriva invece dall'arabo 'qaim' = colui che esegue il volere di Dio, ipotesi abbastanza verosimile almeno per la Sicilia, o da 'Caino' dall'ebraico Qájin (Olivieri). Da notare che mentre nel Nord l'accento cade sulla a (Càimi), altrove (es. Rimini) cade invece sulla i (Caìmi).

    Caem - Caim:

    presenti da tempo nel bresciano, derivano entrambi dal nome ebreo sefardita Caim (Caino), tracce di questa cognominizzazione le troviamo in un trattato di pace del 3 settembre 1143 concluso tra il conte Alfonso di Tolosa, l'abate, i consoli e gli abitanti di Saint-Gilles da una parte e i consoli di Pisa e di Genova dall'altra: "...Et ego Lanfranchus Piper, consul Ianuensis ,et ego Willelmus Caim, consul Pisanus, hoc idem sacramentum quod nos facimus faciemus facere consulibus Genue et Pise.

    Famiglia Gibelli - Gibella - Gibello:

    Gibella, molto raro, è tipico dell'area delle province di Agrigento e Caltanissetta, Gibelli è specifico del milanese, del pavese e della Liguria, Gibello è piemontese, del vercellese e del torinese, dovrebbero derivare dal nome medioevale Gibellus di cui abbiamo un esempio nel Baldus di Teofilo Folengo: "...Hinc melius quam vos animabus tartara persis // repleo, nec lasso veram succrescere sectam // atque fidem Christi, quae totum subderet orbem, // mille ruinasset Turcos, si mille fuissent, // quando assassinus Ghelphus et ladro Gibellus // non tantae in mundo sparsissent semina pestis....", ma il ceppo siciliano (anche quello transpdanado aggiungo io) potrebbe anche derivare da un soprannome originato dal termine arabo gebel (monti), indicando così una caratteristica montanara del capostipite. Tracce di queste cognominizzazioni le troviamo ad esempio a Ventimiglia (IM) nel 1514 in un atto, dove, tra i capifamiglia firmatari dell'atto di cessione al Banco di San Giorgio della sudditanza di quella città da parte della Repubblica Genovese, ben 18 capifamiglia hanno come cognome Gibellus.

    "Personaggio della politica italiana è Andrea Gibelli, della Lega Nord. Forse non sa che il nonno del nonno di suo nonno era quasi certamente un arabo che, mandato sulle montagne del bresciano, aveva preso il nome di “montanaro”, in arabo “giabali”, da cui Gibelli."

    Famiglia Maccarini

    Ipotesi tradizionalista:

    Vengono da Milano, sono in Roma da 300 anni in circa, poichè del 1004 sotto il 23 di aprile furono fatti, come racconta Anton de Petris, sette signori della città, tra quali fu Lorenzo de Macarini del Rione di Trastevere, il quale sotto il X di Agosto 1414 fu ucciso in Tivoli, e portato il giorno seguente alla sepoltura in San Giuseppe di Roma. Nel Catasto del Salvatore si legge: Franciscus Maccarano sepolto in San Gregorio pure di Trastevere 15 gennaio 1466 e nel med. Catasto Dña Lucretia filia Gasparis de Ceccho, et uxor Tiberij Macarani sepulta in SS. Celso...

    Personale origine etimologica:

    Maccarini potrebbe anche derivare dal cognome saharasiano Makarim . Le radici Maka - Makka e Makkan, sono di origine mesosemitica.
     
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