I pionieri cisalpini del federalismo

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    cisalpino

    Questo contributo apre uno spiraglio sulle origini di un federalismo cisalpino che ha radici antifasciste, cristiane, popolari, antitotalitarie. Ci è stato inviato da Roberto Gremmo, storico piemontese dell’autonomismo e non solo: insieme alla cara moglie Anna Sartoris, recentemente scomparsa, sono stati essi stessi pionieri di autonomismo e federalismo nella Repubblica Italiana.

    L’idea federalista che durante il Ventennio fascista era stata la bandiera di pochi esuli all’estero o nelle isole di confino, tornò a essere propagandata pubblicamente nei giorni caotici seguiti alla caduta di Mussolini il 25 luglio 1943.

    Curiosamente, uno dei primi gruppi di cui esistono tracce (fra le carte della www.fondazionecipriani.it/) si trova a Roma e nel 1943 ha una sede in via Cicerone ed assume la denominazione di “Unione Autonomista Italiana settentrionale” diffondendo un proclama rivendicando, pur in un’Italia unita, l’autogoverno per la “regione naturale padano-veneta con le sue cinque sottoregioni, Liguria, Piemonte, Lombardia e Tre Venezie” dando identica struttura alle “terre italiane centrali e meridionali nonché alle isole”. Dei promotori nulla sappiamo, se non che si trattava di gente del Nord e che erano in buoni rapporti con il sicilianista Andrea Finocchiaro Aprile.

    L’autonomismo e il senso antico che i territori italiani avessero bisogno di quell’autogoverno che lo stato sabaudo aveva negato erano quindi sentimenti che tornavano a circolare. Nella tragedia della guerra e nel naufragio del fascismo, i rapporti di forza tra centro e periferia furono messi in discussione.

    A Roma, il 9 settembre 1943, si costituì il Comitato di Liberazione Nazionale (CLN) costituito dai principali partiti e movimenti antifascisti, ma nel Nord si costituì all’inizio del 1944 il Comitato di Liberazione Nazionale Alta Italia (CLNAI), con sede nella città di Milano, che aveva ulteriori articolazioni territoriali. In Toscana si costituì il Comitato Toscano di Liberazione Nazionale (CTLN, si veda www.istoresistenzatoscana.it/).

    Il sacerdote partigiano romagnolo, don Lorenzo Bedeschi, nome di battaglia “Zerlone de Sechi”, seguace di don Romolo Murri e del primo cristianesimo sociale, fa stampare a Napoli il 15 aprile 1943 il numero unico “L’Italia Cisalpina”, foglio che si presenta come voce dell’italianità settentrionale e si rivolge alle genti del Nord, solleticandone l’orgoglio per chiedere loro, forti delle proprie virtù civili, di unirsi per cacciare lo straniero invasore nazista.


    cis

    Queste sono solo delle tracce, mentre poco dopo troviamo un federalismo esplicitamente ispirato alla tradizione svizzera e in consonanza con i valori della Carta di Chivasso del 1943, con la storia dell’autonomismo trentino espressa dalla ASAR e con altre esperienze analoghe, dal Friuli alla Sicilia.

    Nei giorni della Liberazione, il 27 aprile 1945 esce a Como “Il Cisalpino”, foglio voluto da Tommaso Zerbi, che poi diventerà deputato della Democrazia Cristiana. La testata si presentò come “settimanale federalista” e fu davvero indipendente e coraggiosa.

    Fra i collaboratori troviamo un giovane Gianfranco Miglio, il giornalista Pio Bondioli ma anche l’accademico Giorgio Braga, che si differenziava dagli altri autori per un suo pionieristico e audace territorialismo, per il quale “i confini convenzionali e talvolta naturali delle nostre regioni, così come li conosciamo” possono essere superati dall’espansione industriale e urbanistica (si veda Tracciati - Rassegna tecnica mensile della ricostruzione, marzo-aprile 1946, su https://eddyburg.it/archivio/le-regioni-ec...ellalta-italia/).

    Grazie a loro, il piccolo foglio politico diventa lo strumento per dibattere tutti i temi essenziali della dottrina federalista, combattere le spinte centraliste e ogni burocratico e soffocatore accentramento. Ci si apre anche alla critica della formazione, con lacrime, lutti e sangue, dello Stato risorgimentale, cercando di dimostrare che solo le autonomie locali potevano essere alla base del nuovo ordinamento democratico.

    Purtroppo, il messaggio scomparve ben presto dall’agenda politica. Come è stato sottolineato, fra gli altri, dalla storica Claudia Petraccone, la situazione interna e internazionale si stava evolvendo rapidamente e le forze politiche centrali, pur non abbandonando del tutto il tema delle autonomie in sede costituente, furono assorbite dall’amministrazione della continuità dello stato e del suo schieramento internazionale nel blocco atlantico.

    Il “Cisalpino” doveva durare solo pochi mesi, coi suoi redattori assorbiti dalle necessità della lotta antitotalitaria ma anche perché il prevalere del centralismo partitocratico non favoriva certo idee di autogoverno dei popoli e dei territori.

    “Il Cisalpino” moriva ancora in fasce già alla fine del 1945. L’affidamento dei pionieri del federalismo cisalpino nello spazio di agibilità politica concesso dai partiti, in particolare dalla Democrazia Cristiana, doveva rivelarsi sterile.

    Lo spazio politico per una confederazione autonomista c’era, ma restò sguarnito, oppure eterodiretto dai partiti italiani. In alcune zone si radicarono movimenti d’ispirazione esplicitamente federalista, come l’ASAR nel Trentino e il Movimento friulanista, o implicita, come il “Partito dei Contadini” piemontese (con il motto “Da Noi” e l’uso delle camicie verdi, che poi collaborerà con il Movimento Comunità di Adriano Olivetti). Nella stessa capitale morale si fecero sentire i partigiani dissidenti di “Milan ai Milanès”, che però furono subito etichettati come eversivi e messi fuori legge.

    Un seme, che ha lasciato radici che non sono mai state del tutto recise, fu gettato dall’avvio, in contemporanea con l’avvento della nuova Repubblica, della “Federazione delle Genti Alpine”, fondata dal “Movimento autonomistico regionale trentino”, “Unione federalista liguria intemelia”, “Union valdôtaine”, “Movimento autonomistico tirolese”, “Lega dei comuni valtellinesi” e dal “Movimento popolare friulano”.

    Roberto Gremmo


    Fonte

    Io sarei disposto ad una Cisalpina federalista, ma sulla scia degli Stati federalisti americani o tedeschi. Ma prediligo maggiormente l'indipendenza dall'Italia per creare una Repubblica Cisalpina che si fondi sull'antifascismo e contro ogni tipo di regime totalitario. Una Cisalpina indipendente e a sua volta suddivisa in cantoni, come in Svizzera.
    Interessante il fatto che i pionieri dell'autonomismo e del federalismo cisalpino avessero delle radici antifasciste e antitotalitarie, alla faccia della sega nord che ha sempre avuto un imprinting destrorsa o di estrema destra. Basti vedere il felpa per rendersene conto.


    Va precisato che i primi manifesti della Lega Lombarda avevano un indirizzo antifascista con una coscienza PARTIGIANA, ma solo a parole evidentemente, cosi come quando attaccavano il Front National paragonandolo ai partiti fascisti di Roma:


    le-pen

    Ma questo appartiene al passato!
     
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